Tratto da una storia vera, è la personale di Nicola Rotiroti, a cura di Ludovica Palmieri e Massimo Scaringella. Esposti negli spazi romani di Kou Gallery, fino al 12 febbraio, sette dipinti di grandi dimensioni che richiamano l’iconografia dell’artista calabrese alla ricerca delle proprie radici e di un habitat che lo immerge fin dentro la sua memoria affettiva. Rotiroti continua a dipingere ambienti compressi, densi di significato, di materia e soprattutto di storia, ma nel caso di Tratto da una storia vera inserisce un elemento ulteriore, che va ad arricchire il suo linguaggio pittorico: la presenza del vuoto, di forme grigio-bianche sparse qua e là, assenze che si stagliano sulla fitta trama dipinta delle sue tele. Servendosi di qualcosa a lui familiare, l’artista dà il via al nuovo ciclo pittorico a partire da una fascina di rami e legni nel giardino del suo studio che gli rivelano gli elementi dell’incastro umano, quello fatto di rami ma anche di memoria e ricordi. Con il suo consueto taglio fotografico che si avvicina e allontana dal soggetto come lo zoom di un obiettivo, e la sua solita nitidezza di dettagli, Rotiroti dà profondità ai dipinti, la resa della loro tridimensionalità induce a pensare simultaneamente alla profondità mentale del processo dell’autore, ma in ogni quadro, nascosta tra le trame del suo gesto artistico, si cela un vuoto, una parte mancante, forse un’uscita dalla compressione del suo linguaggio, da sé stesso.
«A me sembra che l’arte di questa creatura gentile e insofferente vada al di là della perizia tecnica che, pure, esprime e che stordisce. Lo è perché entra in sintonia con un tratto connotante della condizione umana normalmente trascurato. Dell’uomo si narrano i trionfi e si cerca di celare le miserie. La storia che si racconta è quella scritta dai vincitori. E il senso comune, chiave di lettura dei fatti correnti, non è mai casuale, ma espressione di un magma di interessi. Il senso comune vincente è quello dei gruppi di potere vincenti. Oggi esso tende ad occultare la fragilità e l’angoscia delle quali siamo intrisi. Un ottimismo consumistico rassegnato e imbelle deve per forza permeare le nostre vite. E non c’è spazio per il “pessimismo della ragione”», racconta Roberto Gramiccia, nel testo critico che accompagna la mostra. «Rotiroti denuncia questa rimozione, rinchiudendoci dentro un microcosmo claustrofobico che sembra inaugurare un espressionismo di tipo nuovo, più mentale che legato alla deformazione dei volti e dei corpi».
Nicola Rotiroti, Tratto da una storia vera
a cura di Ludovica Palmieri e Massimo Scaringella
fino al 12 febbraio
Kou Gallery – via della Barchetta 13, Roma