A Fondazione Memmo la Notte Oscura è la protagonista del nuovo atto di Conversation Piece

Lo spazio di via Fontanella Borghese apre nuovamente le porte, in occasione dell’ottavo episodio del ciclo pensato da Marcello Smarrelli

«Notte che mi guidasti / oh, notte più dell’alba compiacente»: due versi, tratti dalla Notte Oscura, poesia scritta in prigione dal mistico spagnolo Giovanni della Croce (1542-1591), che racchiudono nella brevità dell’espressione il nucleo teorico dell’ultimo episodio di Conversation Piece. Il ciclo di mostre a cadenza annuale curato da Marcello Smarrelli per Fondazione Memmo, è giunto quest’anno all’ottava edizione, intitolata Notte Oscura e ispirata al componimento del santo carmelitano, proposto in mostra in una traduzione italiana del 1707 concessa in prestito dalla Biblioteca Oliveriana di Pesaro.

Fondazione Memmo, Notte Oscura, installation view, Miltos Manetas. Photo Daniele Molajoli

Inaugurata il 12 dicembre e aperta fino al 26 marzo 2023, Notte Oscura è una collettiva in cui i tre artisti invitati – Pauline Curnier Jardin, Victor Man, Miltos Manetas  operano una riflessione sulla notte come occasione di “decantazione del pensiero”, come “fattore d’ispirazione e creatività”. Se Giovanni della Croce invitava i principianti – coloro che necessitavano ancora della meditazione per giungere alla comunione con Dio – ad attraversare la notte dei sensi e dello spirito (e affidando alla notte un ruolo proattivo nel percorso di purificazione), allo stesso modo gli artisti, selezionati sulla base del loro rapporto con la città, sono chiamati ad essere pronti e ricettivi nei confronti dell’oscurità, laboratorio d’elezione per la creatività individuale. Il greco Miltos Manetas porta in Fondazione uno dei suoi #Manetasflloatingstudio, postazioni di lavoro mobili costruite di volta in volta negli ambienti in cui espone. Avvalendosi dell’algoritmo di intelligenza artificiale DALL-E, Manetas affresca le pareti di una nuova chiesa con i Futuri miracoli di Gesù. Sfruttando la sua capacità di generare immagini a partire da nozioni verbali, l’artista ordina a DALL-E di disegnare, ad esempio, Gesù nell’atto di “spiegare internet a un cane”, o di dotare una pecora di una connessione Wi-Fi. Tali affreschi, realizzati con una miscela di pigmento in polvere, acqua e sapone liquido, vengono applicati su una superficie non predisposta, e resi disponibili a cancellazione e a riscrittura. Il concetto di opera chiusa – spiega infatti l’artista – non è che un residuato teorico del Novecento. Al colpo di reni di un modernismo duro a morire, Manetas oppone un palinsesto di compresenze inattese, un collasso spazio-temporale – la firma più decisa dell’era di Internet – che permette di vestire il profeta del futuro di connotati stilistici preistorici e di annullare la distanza millenaria tra l’uomo moderno e le catacombe paleocristiane tramite la proiezione di Maninthedark.com (2004), sito web in cui una figura umana si muove su uno sfondo oscuro. 

Victor Man, Flowering Ego, 2017, © Victor Man. Courtesy of the artist and Gladstone Gallery

Victor Man, l’iperpittore – così nelle parole di Smarrelli – porta in mostra sette lavori su tela, in cui la cromofobia vela di nero i soggetti dei quadri: dalla copertina dell’Adieu à Satan di Gengenbach alle Tentazioni di Sant’Antonio del giovane Michelangelo, questi, nella loro reticenza, obbediscono all’ordine dell’artefice di fuggire “da affermazioni definitive”, negando all’occhio un quadro chiaro. Con Was man aus Liebe tut (“quello che si fa per amore”), Pauline Curnier Jardin attualizza la vicenda del Luna Lichtspiegel, cinema aperto nel 1914 e portato avanti, nell’immediato dopoguerra, dalle Trümmerfrauen (“donne delle macerie”) tedesche. Luna Kino, progetto recentemente esposto al ChertLüdde di Berlino, è proposto in sei ceramiche smaltate: qui la notte, sotto forma di maschere di fasi lunari, copre i volti delle donne, emblemi della “voglia di riscatto del popolo tedesco”. La notte come occasione torna nell’installazione Durata di cera: su di una scultura in acciaio, quattordici candele accese sopravvivono a un rituale religioso che prolunga le sue tracce sino al disegno a carbone sul soffitto, riaffermando da un lato il valore del legame (non vi è giorno senza notte), dall’altro ribadendo – ancora nelle parole di Giovanni della Croce – che spesso è la notte ad essere “più sicura del sole a mezzogiorno”.

Fondazione Memmo, Notte Oscura, installation view, Pauline Curnier Jardin. Photo Daniele Molajoli

Conversation Piece/ Part VIII – Notte Oscura
Pauline Curnier Jardin, Victor Man, Miltos Manetas
a cura di Marcello Smarrelli
fino al 26 marzo 2023
Fondazione Memmo – via Fontanella Borghese, 56b, Roma
info: www.fondazionememmo.it

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