Arte senese. Dal tardo Medioevo al Novecento nelle collezioni del Monte dei Paschi di Siena

Dal Tardo Medioevo al 900, tra i capolavori della collezione della banca senese e nell'azienda vitinicola più antica di tutto il Chianti

È cosa risaputa che nelle collezioni della banca Monte dei Paschi di Siena, vi sono alcuni dei più splendidi capolavori d’arte senese. Nello specifico si tratta, in molti di questi casi, di opere tardomedievali o del cosiddetto Trecento senese, fiore all’occhiello della transizione storico-artistica che tra Medioevo e Rinascimento preannuncia alle sue radici gli albori quattrocenteschi. Maestro inconfutabile della pittura senese del periodo è Pietro Lorenzetti, ma nomi come Tino di Camaino, Stefano di Giovanni detto il Sassetta, Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, Domenico Beccafumi, Bernardino Mei, Cesare Maccari, Fulvio Corsini, sono alcuni nomi ugualmente protagonisti dell’arte senese post medievale. Fino all’8 gennaio sono in mostra presso il Complesso Museale Santa Maria della Scala a Siena, le opere dei citati maestri, in una mostra a cura di Laura Bonelli, dal titolo Arte Senese. Dal Tardo Medioevo al Novecento nelle collezioni del Monte dei Paschi di Siena

Bernardino Mei, La fortuna tra la virtù e la necessità, 1654. Photo Andrea e Fabio Lensini, Siena

Obiettivo principale è restituire mediante un vastissimo arco di tempo, l’esemplarità dell’arte senese: dal Tardo Medioevo, al XIV secolo, al XIX, terminando perfino con un’incursione nel Novecento italiano. Il fine della mostra tuttavia è da considerarsi duplice: non solo valorizzare il patrimonio artistico vincolato a Siena, ma anche raccontare la storia di un istituto bancario che ha fatto del mecenatismo un punto di forza.
Le opere presentate nella prestigiosa sede vogliono, non a caso, rendere conto dell’impresa lungimirante di una delle banche più antiche al mondo, che nel corso dei secoli ha creduto fermamente nel valore fondativo e identitario dell’arte. Dalla sua nascita nel 1472, Monte dei Paschi ha collezionato e acquisito numerosissimi capolavori, per i quali sono stati pensati appositi spazi espositivi: l’antica chiesa di San Donato ad esempio, all’interno della storica sede in Piazza Salimbeni.
La raccolta, incrementata nel tempo grazie anche ad un nucleo di opere provenienti dalle banche incorporate nel corso degli anni, ha in particolare visto l’importantissima acquisizione della celebre Collezione Chigi Saracini di Siena, tra le più importanti collezioni private italiane ancora oggi conservata nel palazzo di Via di città.

Tino di Camaino, Altarolo eburneo con Madonna con Bambino tra S. Caterina d’Alessandria e S. Giovanni Battista, 1332. Photo Andrea e Fabio Lensini, Siena

Ripercorriamo brevemente gli snodi storico artistici senesi e il percorso espositivo della mostra. 
Sul finire del XIII secolo nasce a Siena una peculiare scuola artistica che pur mantenendo i caratteri originali e anticipatori del Rinascimento, guardava ai fenomeni stilistici europei e italiani in genere, sempre all’insegna di una propria peculiare originalità. A tutti gli effetti, il Tardo Medioevo fu per eccellenza il tempo della grande scuola senese affermatasi fino ad Avignone, soprattutto grazie a Simone Martini, che insieme Pietro Lorenzetti, incarna la cifra pittorica senese per antonomasia. Confrontatasi con le novità del Rinascimento, della Maniera e del Barocco, fu nell’Ottocento che l’arte senese si impose nuovamente con decisione – la mostra si apre proprio con un’opera del 1878, il bozzetto in terracotta del monumento dedicato a Sallustio Bendini per Piazza Salimbeni –. Nelle prime due stanze – forse le più iconiche di tutta la mostra – spiccano due rarissimi dipinti duecenteschi della raccolta Chigi Saracini, la Madonna col Bambino e i santi del Maestro di Tressa e il Christus Triumphans di Margarito d’Arezzo, ma soprattutto la Crocifissione con santi di Pietro Lorenzetti, gioiello insieme al celebre altarolo di Tino di Camaino. Notevolissime anche le due tavolette del trittico di Lorenzetti di cui rimane unicamente la parte centrale e laterale. Dei maestri traghettatori della scena artistica alle porte del Quattrocento, le opere di Martino di Bartolomeo, Benedetto di Bindo e Andrea di Bartolo (tra le acquisizioni più recenti). Il Quattrocento vede invece come testimone Stefano di Giovanni detto il Sassetta, l’artista è tra i primi a confrontarsi con l’imponente scena artistica inaugurata dall’operato di Masaccio e Donatello.

Pietro Lorenzetti, Frammento di Altarolo con Crocifissione e santi, 1335. Photo Andrea e Fabio Lensini, Siena

Ad aprire il Cinquecento, Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, insieme ad un altro grande senese, Domenico Beccafumi. Nelle stanze successive, a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, troviamo le opere di Francesco Vanni, di cui il ricordo di Barocci splende vivo nei colori lucenti, ma anche Rutilio Manetti e Francesco Rustici, influenzati dall’impronta caravaggesca, e i grandi dipinti di Bernardino Mei, Raffaello Vanni e Domenico Manetti. Procedendo nelle sale conclusive, si stagliano le imponenti tele di Antonio Ugolini raffiguranti le Quattro Stagioni. Infine il Settecento, con il protagonista del vedutismo Giuseppe Zocchi e le sue visioni di Piazza Del Campo in festa, dipinte tra il 1748 e il 1749, mentre l’Ottocento, sotto l’insegna del purismo toscano, vede spiccare  le opere di Luigi Mussini, Cesare Maccari e Giovanni Dupré, di cui l’incantevole Angelo in agguato rappresenta un’altro apice espositivo della mostra, nel complesso un’occasione non solo per ripercorrere lo splendore artistico senese ma anche e sempre per beneficiare dello splendido contesto paesaggistico senese tra la Val d’Orcia e il Chianti. Tra Firenze e Siena infatti c’è uno dei territori in assoluto più fertili per la cultura italiana in genere. Per l’occasione abbiamo visitato Dievole, azienda vitinicola più antica di tutto il Chianti, con una storia di otto secoli nel cuore nel Chianti Classico, si estende per seicento ettari tra le due province. Dievole ha festeggiato recentemente i 30 anni dell’etichetta Novecento, confermandosi, insieme alla sorprendente realtà del suo Dievole Wine Resort, uno tra i più vivi ed interessanti contesti vitinicoli ed enogastronomici.