Inaugura a Roma The European Pavillon. Ce ne parla Lore Gablier, co-curatrice del progetto

Dislocato in diversi istituti di cultura romani, dal 17 al 19 novembre, The European Pavillon ripensa il significato di un padiglione europeo

Dislocato in diversi istituti di cultura romani The European Pavillon affronta, dal 17 al 19 novembre, tematiche quali la possibilità del ripensare l’Europa attraverso un padiglione così come il possibile aspetto e significato di un padiglione europeo. Il programma è vasto: tavole rotonde, conferenze e workshop, performance musicali, un ambiente di realtà virtuale, installazioni plastiche e multimediali accompagneranno i visitatori per tutta la durata dell’evento.
Lore Gablier, co-curatrice dell’evento ci racconta in un’intervista alcuni dei punti salienti del progetto.

Quali sono i temi affrontati dal progetto? 
«Avviato dalla European Cultural Foundation di Amsterdam, il Padiglione europeo è un programma che ha l’ambizione di creare la prima piattaforma artistica esplicitamente dedicata a interrogare e immaginare l’Europa. Il programma si articola in due parti: sosteniamo le organizzazioni culturali – che chiamiamo “studios” – per sviluppare e produrre contenuti artistici che contribuiscano al dibattito sull’Europa e che permettano di far emergere prospettive da contesti e comunità locali e regionali. Ogni due anni, inoltre, organizziamo un grande evento artistico che riunisce i diversi risultati artistici, in una celebrazione della grande pluralità che costituisce il nostro continente.
Il Padiglione europeo di Roma è il primo di questi eventi biennali e riunisce dieci progetti che abbiamo sostenuto negli ultimi due anni. Ognuno di questi progetti è singolare sia nella sua materializzazione che nella sua portata. Questo è dovuto al fatto che se si guarda all’Europa da Palermo, Atene, Lubiana, Amsterdam o da una zona rurale della Svezia meridionale, la prospettiva è molto diversa. Per noi della Fondazione culturale europea, questo è uno degli aspetti più ricchi del programma del Padiglione europeo: piuttosto che promuovere una visione consensuale dell’Europa, si tratta di coglierne la complessità e la pluralità. Credo che la questione non sia tanto come conciliare queste diverse prospettive, quanto piuttosto come andare avanti basandosi su questa pluralità e rompendo con le tendenze essenzialiste, nazionaliste e monoculturali che ci frenano. Dopo tutto, l’Europa è un’opera in divenire: imperfetta, sì, ma anche piena di potenzialità e promesse per un futuro più equo e sostenibile».

Quali sono le proposte più sostenibili?
«È interessante che venga sollevata la questione della sostenibilità, che è certamente una delle maggiori sfide del nostro tempo. Vorrei citare il lavoro svolto da uno degli studi del Padiglione europeo: ARNA, una ONG con sede nel sud della Svezia, creata per sostenere il processo di candidatura della regione al riconoscimento della biosfera dell’UNESCO. Per la fondatrice di ARNA, Kerstin Jakobssen, era fondamentale aggiungere la dimensione della cultura alla sostenibilità. Oggi ci troviamo ad affrontare emergenze climatiche sempre più urgenti e visibili. Ma è evidente che ciò di cui le nostre società hanno urgentemente bisogno non è solo lo sviluppo delle energie rinnovabili e di altre tecnologie: è necessario anche un completo cambiamento di mentalità, un cambiamento culturale. A mio avviso, le arti e la cultura non servono a fornire soluzioni pronte per l’uso, ma a generare nuove idee e a ricordarci che il cambiamento è possibile e auspicabile.

Il programma è una co-creazione tra lei e la curatrice ucraina Lesia Kulchynska. Nell’introduzione al programma di quest’anno, mi ha colpita l’affermazione di Lesia Kulchynska: «Di fronte alle minacce globali, i confini non sembrano offrire protezione e in realtà è sempre stato così. È solo questione di tempo perché alcuni di noi se ne accorgano». Qual è stato il punto di partenza della ricerca?
Questa citazione di Lesia Kulchinska mi riporta alle origini dell’idea del Padiglione europeo. Tutto è iniziato con una semplice domanda: Perché non c’è un Padiglione europeo alla Biennale di Venezia? La Biennale di Venezia è ancora un ottimo esempio di una visione del mondo organizzata intorno agli Stati nazionali. Si tende a dimenticare che lo Stato-nazione è in realtà molto recente e che non è l’unico modello politico possibile. Quando abbiamo iniziato a lavorare al Padiglione europeo, la questione dell’immaginario post-nazionale è stata una delle principali fonti di riflessione e di ispirazione.
Tornando alla Biennale di Venezia, credo che sia anche un grande evento artistico che offre una grande piattaforma per mettere in discussione e sfidare le nostre prospettive e ideologie. Non è importante che un Padiglione europeo venga costruito o meno nei Giardini di Venezia: ciò che conta è che la questione dell’Europa vi sia rappresentata. Il collettivo EUPavilion (Anna Livia Friel e Marco Provinciali) con il progetto Eight Proposals ha invitato lo scorso anno otto artisti e studi di architettura a progettare un modello per il primo Padiglione europeo a Venezia, chiedendosiquali nuovi linguaggi rappresentativi siano necessari per definire l’identità di un’organizzazione sovranazionale in continua crisi e in perenne costruzione come l’Unione Europea. 

Riassumendo, in che direzione ci stiamo muovendo? 
Secondo recenti sondaggi, la pandemia di Covid ha rafforzato il sentimento europeo e generato un’ondata di solidarietà senza precedenti tra le persone ma anche, e soprattutto, tra i diversi Stati membri dell’UE. Ma come sappiamo fin troppo bene, la solidarietà è un legame fragile che va alimentato e curato. Oggi, la pressione economica esercitata dalla guerra in Ucraina rischia di rafforzare le forze nazionaliste ed estremiste in tutta Europa. Più che mai, dobbiamo rimanere vigili e ricordarci ancora una volta che l’Europa è un’opera in divenire ed è nostro compito contribuire a trasformarla in un luogo migliore in cui vivere per tutti. Per quanto riguarda il futuro del Padiglione europeo, quella che era nata come un’idea, una dichiarazione che faceva riflettere, si è trasformata in una piattaforma artistica ambiziosa e concreta. Il nostro obiettivo è quello di farne la prima biennale d’arte sull’Europa, con contributi artistici che rappresentino le molteplici prospettive e sfaccettature che compongono il nostro continente e che contribuiscano a plasmare il suo futuro: il nostro futuro.