“A ciascuno il suo giorno” suona come un augurio per le generazioni future. Così come una collezione d’arte si costruisce per i posteri, per lasciare una traccia tangibile e salvifica, così l’eredità di un’azienda, che tracciò un incisivo e decisivo solco negli anni del boom economico, risuona come un eco, persistente ed inesorabile. A ciascuno il suo giorno è infatti il titolo della personale di Marco Angelini, sita negli spazi della fornace ottocentesca del Museo del Patrimonio Industriale di Bologna, dove le foto e i documenti dell’ “età dell’oro” della Longo (che per decenni ha prodotto e distribuito cancelleria, inchiostri e materiale per l’ufficio in Italia) si stagliano vicini alle opere completamente site-specific dell’artista.
Ed è infatti proprio un collezionista, Ascanio Balbo di Vinadio, nipote di Giorgio Longo, il “deus ex machina” della mostra (accompagnata dal testo critico della curatrice Raffaella Salato): «Questo progetto è un viaggio alla riscoperta di un legame insolito – spiega Ascanio Balbo di Vinadio – quello fra industria e arte che è alla base del mecenatismo migliore in Italia; allo stesso tempo raccontiamo la storia di un uomo, Giorgio Longo, mio nonno, e della sua azienda, dal momento che proprio lui è stato una figura di grande rilievo in entrambi i campi.»
Ecco che, non solo idealmente, si uniscono due dimensioni, quella dell’arte contemporanea e dell’industria, tanto lontane per forma e contenuto da generare insieme un’alchimia insolita e paradossale, ma estremamente funzionale come soltanto i contrasti sanno essere. Angelini, che per la sua intera produzione abbraccia l’estetica e l’etica del tempo, della memoria e dunque della storia, stavolta sembra accelerare; la ben nota placidità delle sue opere si surriscalda e vivacizza, si mette in moto esattamente come all’epoca facevano i macchinari della longo: Angelini non abbandona l’amore per gli elementi seriali nei suoi quadri (serialità che si esplica attraverso le forme geometriche bidimensionali del colore acrilico attraverso la tridimensionalità di oggetti di uso quotidiano e comune), anzi li intensifica, mostrando un’arte sicura di se stessa, che non teme di affiancarsi all’epopea di un lavoro differente e ben lontano da quello dell’artista.
Obbedendo fedelmente al monito secondo cui “se hai tutto sotto controllo significa che non stai andando abbastanza veloce”, le 14 tele di diversi formati, realizzate a tecnica mista, si animano in trame fitte e audaci, dove i colori, da sempre tratto distintivo formale e concettuale della produzione di Angelini, si complicano disponendosi in forme ora verticali ora circolari, ove campeggiano prodotti originali di cancelleria della Longo.





La mostra sarà visitabile sino al prossimo 12 feb
Info: museibologna.it/patrimonioindustriale