La mostra è un non-luogo ove le leggi di spazio e tempo possono essere plasmate dal curatore per dare adito a parallelismi inediti; libera da ogni vincolo, essa si accende quando diventa il frutto di ricerche e sperimentazioni sedimentate in immagini e supporti appartenenti a matrici differenti correlati tra di loro. Se desiderassimo immaginare un congiungimento tra confini lontani e una sintesi di coordinate temporali tra la Palermo del 2022 e la Düsseldorf degli anni 1970 e 1980, allora non possiamo non riferirci alla mostra Kontext Beuys a Palermo a cura di Verein Düsseldorf Palermo e. V. e parte di BAM, Biennale Arcipelago mediterraneo. Esposta nei mesi scorsi allo Stadtmuseum di Düsseldorf, la mostra è stata presentata l’8 ottobre all’Haus der Kunst ai Cantieri Culturali della Zisa ed è fruibile al pubblico fino all’8 dicembre.

Kontext Beuys riflette sul concetto di contesto e trova nell’esplorazione di questo il taglio della sua indagine. Si interroga sulle circostanze in cui si sono generate le opere di Joseph Beuys e affianca le stesse a quelle degli artisti siciliani Andrea Cusumano, Adriano La Licata, Federico Lupo, Blanca Matias e Giulia Sofi. Questi ultimi non si appropriano pedissequamente di quelle tematiche o procedimenti tipici dell’artista tedesco; essi diventano degli espedenti per confrontarsi con un linguaggio filtrato da determinati codici di contestualizzazione.
La mostra costituisce un’occasione unica per misurarsi con un Joseph Beuys altro: conosciuto per lo più per le installazioni o happening, “Kontext Beuys” infatti mette in luce altre abilità dell’artista come i suoi giochi di parole, la sua capacità nel creare manifesti, l’attitudine grafica. Non è solo il risaputo Beuys attivista e impegnato ad emergere ma anche l’uomo intimo, legato alle sue radici culturali tedesche. Le opere scelte in mostra riflettono sulla dimensione della sensibilità linguistica e affrontano il problema che investe tutta la Germania dal dopoguerra, la questione della purificazione della lingua. Abusato tramite la propaganda – tramite cui essa è declinata verso una sola parte- il linguaggio diventa nuovo terreno di esplorazione e parte di un nuovo processo di riappropriazione.

Sotto questa chiave di lettura si possono leggere le sue stampe, incisioni, disegni e serigrafie dove le parole sono accostate come a diventare poesia sonora ed i termini sono scelti non solo per il significante ma anche per il loro significato. “La forestale cittadina al posto dell’amministrazione comunale”, “Nuovo scritto: Stato rovinato accademia dall’arte”: sono le traduzioni di questi manifesti che da capricci sonori si impongono come atti performativi che nascondono in seno molte delle questioni care all’artista, dall’impegno per la salvaguardia della natura in senso antropologico- basti citare la sua opera monumentale Difesa della natura del 1984 per la quale sono stati piantati 4 ettari di alberi e arbusti in via d’estinzione a Bolognano (Pescara)- alle sue proteste nell’Accademia di Düsseldorf nel 1972 dove si ero opposto all’esclusione dall’accademia degli studenti che non avevano superato le preselettive. Con Kunst=Kapital, voluto per Documenta 7 a Kassel del 1982, Beuys gioca sul doppio valore del significato arte = capitale: da un lato l’arte non è intesa come ricchezza nella concezione del significato di reddito bensì come accrescimento in senso intellettuale. Essa però può diventare ugualmente parte del sistema, come faceva lo stesso artista il quale vendeva parti delle sue performance una volta realizzate. Il suono delle parole trova anche una sua dimensione materica tramite l’esposizione di alcune cassette mai sbobinate nelle quali sono registrati alcuni discorsi dell’artista a difesa della natura. Esse assumano il valore di feticcio o di reliquia dello stesso artista in quanto il proprio contenuto è intoccabile. Ultima ma non minore per importanza, è una serigrafia della donna-lepre, chiaro riferimento alla celebre performance del 1965 Come spiegare la pittura a una lepre morta ma che qui assume anche un altro valore di riferimento alla cultura tradizionale tedesca.

Opposto come significato ma vicina come significante è l’opera di Federico Lupo, il quale interessato alla dimensione del linguaggio immaginifico di Beuys ne ribalta l’estetica. Questi contrappone alla donna-lepre una donna-foca che però viene capovolta e stampata su un supporto di plastica. L’artista siciliano è attratto dalla forma e dalla composizione e si allontana, anche per le sue stampe, alle tematiche del retaggio e della tradizione dell’artista tedesco.
Andrea Cusumano con delle installazioni in cui assembla specchi e figure che sembrano rievocare la tradizione cristiana richiama alla memoria il procedimento beuysiano di ricerca e riappropriazione di elementi trovati e rubati. Usufruendo poi del supporto dello specchio- oggetto che si attiva solo in presenza di uno spettatore- crea un corto-circuito tra il trovarsi o meno dentro la mostra, richiamando anche l’idea che le performances si attivino solo in presenza di un fruitore.

Posta al centro della stanza, l’installazione plastica e sonora di Giulia Sofi, composta da parti di alberi quali pioppo, faggio, pino, fico d’india e palma parzialmente bruciati, va al di là del mero citazionismo della famosa azione delle 7000 Querce presentata a DOCUMENTA VII: l’opera che – a detta dell’artista stessa – assume un valore più per il suo assetto sonoro che installativo, si caratterizza da una successione di fischi registrati e messi insieme. Ancora prima del concetto di natura e nel suo modo di plasmare e assimilare i materiali, essa rispecchia quella ricerca che aveva intrapreso Beuys circa la tematica del linguaggio, l’importanza di questo non solo come veicolo politico e sociale ma come strumento stesso di sperimentazione e di trasfigurazione su più registri. Forte della sua esperienza in radio che l’ha influenzata verso il campo di esplorazione della sound art, Giulia Sofi, indaga sul fischio – e i diversi tipi di fischio tra quello “di mezzo”, i “soffiati” e quelli in “conversazione – per la sua valenza comunicativa, riferendosi alla particolarità di questo suono che costituisce anche un linguaggio per determinati popoli.
Basati sul rapporto dicotomico tra assenza/presenza, corpo abbandonato/corpo ritrovato, i lavori di Adriano La Licata dimostrano l’abilità e la versatilità dell’artista, capace di usufruire di svariati mezzi. Giusto all’entrata della mostra pone due occhi chiusi in resina ad altezza uomo (quella dell’artista stesso) che ricalcano la forma dei suoi occhiali; essi verranno poi ripetuti, questa volta aperti, nella sezione della mostra dove sono raccolte tutte le sue opere. Gli occhi chiusi e aperti non solo rievocano l’idea di una stimolazione del senso della vista tramite cui si esperisce la mostra, ma adoperano come una “presenza” invisibile che accoglie o abbandona il visitatore. Essi inoltre esercitano sulla memoria dello spettatore poiché in quanto rappresentazione di un movimento scisso in due momenti si attivano per mezzo del ricordo e dell’immaginazione.

L’altra opera presente in mostra è uno scatto, risalente alla permanenza dell’artista in residenza a Düsseldorf: questo ritrae La Licata addormentato su un prato di un parco con a lato un bouquet di fiori. L’opera ironicamente esplora la tematica del corpo il quale sembra essere sospeso tra una dimensione onirica e reale, tra la vita e la morte (i fiori potrebbero alludere ad un omaggio funebre). Il titolo, Accidental nap, rievoca l’importanza e la ciclicità del cadere e del fallire nella pratica artistica. Questo concetto che nasconde in seno anche quello della “cura”– tema molto caro a Beuys esplicitato tramite l’uso dei materiali del feltro e del grasso – è ripercorso da un’opera nella quale il cerotto, simbolo della “cura e del prendersi cura” per eccellenza nella cultura occidentale moderna, diventa un espediente per una traslitterazione di questo in un processo di trasformazione dal reale all’astratto fino a diventare un codice morse. L’ultima opera dell’artista in mostra è un video che ritrae i raggi del sole nei suoi ultimi 16 minuti prima del tramonto attraversare il suo studio durante la sua residenza a Düsseldorf. Questi, attratto dalla routine del sole che attraversava la sua finestra e che ne ritagliava una sagoma d’ombra intenta a consumare il pasto serale, cercando una fonte di ispirazione, viene colpito da tale immagine come metafora “del nulla fare” come anche dell’incombere dello scorrere del tempo e del tramonto inteso come caduta e fallimento. La video art è la sintesi dello scontro tra realtà e natura offerta dalla luce del sole, del senso della temporalità, della tecnologica data dal mezzo fotografico e del pubblico.
Ultima artista in mostra è Blanca Matias cui lavoro consiste in un frottage di un armadio che fa riferimento alla tematica dell’effimero dell’arte. Quest’opera è associata ad una scultura in lattice, la quale si presenta come un calco trasfigurato di un materiale di scarto o come il suo ricordo. L’artista infine inscena inoltre una performance relazionale che richiama uno degli aspetti più contraddistintivi dell’arte di Beuys: l’interazione con il pubblico in un rapporto di reciproco scambio materiale e spirituale- l’artista tedesco amava organizzare dei banchetti dove offriva delle salsicce e birra in cambio di qualcosa o di uno scambio verbale. Un camper all’entrata dell’Haus der Kunst nel quale soggiornerà l’artista per qualche mese sarà luogo di incontro con i fruitori della mostra all’insegna del concetto di arte intesa come gioco/effimero.
Kontext Beuys
a cura di Verein Düsseldorf Palermo e. V.
fino all’8 dicembre
Haus der Kunst – Cantieri Culturali della Zisa, Palermo