Alessandra Ferrini vince la terza edizione del MAXXI Bvlgari Prize

Per il MAXXI Bvlgari Prize, Ferrini analizza il rapporto dell’Italia con il suo passato coloniale, collegandolo al nostro presente

Con l’opera Gaddafi in Rome: Notes for a FilmAlessandra Ferrini vince la terza edizione del MAXXI BVLGARI PRIZE, il progetto che unisce nel sostegno e la promozione dei giovani artisti, il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo e Bvlgarimaison da oltre 130 anni emblema di eccellenza italiana.

La vincitrice è stata annunciata oggi, martedì 25 ottobre alle 19.00, nel corso di una cerimonia all’Auditorium del MAXXI, preceduta da un talk tra la curatrice della mostra Giulia Ferracci e i tre artisti finalisti Alessandra Ferrini, Namsal Siedlecki e Silvia Rosi.
Alla premiazione hanno partecipato Jean-Christophe Babin, CEO di Bulgari, Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI, Hou Hanru, Direttore artistico del MAXXI, Bartolomeo Pietromarchi, Direttore del MAXXI Arte, il giurato Dirk Snauwaert, Direttore WIELS Contemporary Art Centre. 

La giuria internazionale, composta da Hoor Al Qasimi, Presidente e Direttrice Sharjah Art Foundation, Chiara Parisi, Direttrice Pompidou-Metz, Dirk Snauwaert, Direttore WIELS Contemporary Art Centre, Hou Hanru e Bartolomeo Pietromarchi ha scelto Gaddafi in Rome: Notes for a Film di Alessandra Ferrini per “la sua capacità di rappresentare i fatti controversi della storia geo-politica contemporanea, sfidando le formule ufficiali e canonizzate delle narrazioni storiche e giornalistiche. In particolare, per la forza e l’equilibrio nell’analizzare i materiali documentari come fotografie, testi e film, ricomponendoli in una nuova narrazione, che riflette sul ruolo della ricerca come essenziale per una dichiarazione in difesa dei diritti umani e della cittadinanza globale nell’epoca post-coloniale”. 

Alessandra Ferrini, Gaddafi in Rome: Notes for a Film, 2022. Credit Daniel Richard Passafiume. Courtesy Fondazione MAXXI

Come per la scorsa edizione, anche il pubblico del museo ha potuto esprimere il suo apprezzamento per le opere esposte, compilando una cartolina ritirata e riconsegnata alla biglietteria del museo.
“Per la capacità di affrontare temi quali la provenienza, discendenza e memoria in una prospettiva contemporanea tra lirismo e ironia”, il premio del pubblico va a Silvia Rosi, il cui lavoro Teacher Don’t Teach Me Nonsense ha raccolto oltre il 55% delle preferenze.

Dice Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI: «Complimenti ad Alessandra Ferrini e a tutti e tre i finalisti, scelti dalla giuria internazionale “per la capacità di esprimere attraverso diversi canoni estetici e sperimentali e un uso innovativo dei mezzi espressivi l’urgenza di immaginare un altro futuro”. Il Premio unisce il museo nazionale delle arti contemporanee a un’eccellenza del made in Italy nel mondo come Bulgari e, proprio grazie a questa collaborazione consolidata e strategica, negli anni è cresciuto, si è rafforzato assomigliando sempre di più ai grandi premi internazionali come il Turner Prize nel Regno Unito e il Premio Duchamp in Francia. MAXXI BVLGARI Prize è un’occasione importante per gli artisti di mostrare il loro talento e per il pubblicio di scoprirlo. E per tutti noi di riflettere attraverso l’arte che accende il nostro pensiero critico, ci parla di libertà, di memoria, di ricchezza nella diversità, di necessario rispetto per la Natura e per l’Umanità. Ci parla della strada da intraprendere». 

La prima opera che si incontra in mostra è proprio quella di Alessandra Ferrini, Gaddafi in Rome: Notes for a Film, una video installazione che, partendo dal meticoloso reportage realizzato in quei giorni dal quotidiano La Repubblica, analizza la prima visita ufficiale in Italia di Muammar Gheddafi nel 2009, per la firma del Trattato di amicizia, partenariato e collaborazione tra Italia e Libia: un accordo nato dalla necessità italiana di assicurarsi l’approvvigionamento di carburante e di fermare il flusso migratorio verso le coste del Sud. Gaddafi in Rome è un invito a riflettere sul rapporto tra il ruolo dell’informazione e la comprensione di eventi geopolitici complessi, analizza il rapporto dell’Italia con il suo passato coloniale, collegandolo agli eventi del nostro presente.
«La mia ricerca sul passato coloniale italiano è nata per caso dopo aver coabitato con una persona di origine libica, ai tempi richiedente asilo a Londra – dichiara Ferrini – In quel momento ho riconosciuto di avere una grande lacuna e ho iniziato a esplorare il perché, a livello strutturale, non ne sapessi nulla. Da lì sono seguiti i vari lavori e l’opera Gaddafi in Rome: Notes for a Film prende avvio dall’immagine dell’incontro tra Berlusconi e Gheddafi nel 2009 a Ciampino, in cui Gheddafi indossa sul petto l’immagne di Omar al-Mukhtar, leader della resistenza libica contro l’occupazione e la violenza italiana, in catene e scattata pochi giorni prima della sua esecuzione. Un’immagine coloniale che racchiude varie temporalità: ci parla del passato, ma ci parla anche del modo in cui il passato è manipolato da due punti di vista differenti – quello italiano e quello libico – e ci parla poi del presente di questi accordi che specificamente riguardano gli accordi sulla mediazione, ancora oggi fonte di violenza».

Alessandra Ferrini, Gaddafi in Rome: Notes for a Film, 2022. Credit Roberto Luigi Apa. Courtesy Fondazione MAXXI

Il percorso espositivo continua con Nuovo Vuoto di Namsal Siedlecki, un’installazione scultoria composta da 6 mani, ciascuna realizzata con un materiale e forma diversi, come anche i plinti su cui poggiano (gesso e cemento, legno di Cirmolo, gres, poliestirolo, poliuretano azzurro, bronzo, vetro soffiato). La ricerca dell’artista, infatti, è caratterizzata da un interesse particolare alla manipolazione e all’evoluzione della materia, al suo passaggio da uno status a un altro. Come un moderno alchimista, Siedlecki si confronta con un’ampia varietà di elementi e di soluzioni tecniche volte loro per raccontare il processo di trasformazione di un corpo.

Namsal Siedlecki, Nuovo Vuoto, 2022. Credit Roberto Luigi Apa. Courtesy Fondazione MAXXI

Conclude la mostra l’opera Teacher Don’t Teach Me Nonsense di Silvia Rosi, artista italiana di origini togolesi, che fa della fotografia una pratica di ricerca sull’identità e sulla memoria. Il suo lavoro ricostruisce la storia della sua famiglia e la sua eredità identitaria attraverso il recupero di eventi di vita quotidiana. In quest’opera, composta da tre nuclei fotografici e video e da un’installazione audio, l’artista mette in evidenza l’importanza della lingua nel processo di affermazione identitaria e riflette sulle conseguenze degli eventi coloniali avvenuti in Togo, anche sul fronte linguistico. 

Silvia Rosi, Teacher Don’t Teach Me Nonsense, 2022. Credit Daniel Richard Passafiume. Courtesy Fondazione MAXXI by SIAE 2022

Nato nel 2000 come Premio per la Giovane Arte, il Premio costituisce il punto di partenza e la nascita della Collezione del MAXXI Arte. Negli anni, è stato un importante trampolino di lancio per molti artisti. Sono 42 quelli che, dal 2001 hanno preso parte alle precedenti 10 edizioni, tra questi, Mario Airò, Yuri Ancarani, Giorgio Andreotta Calò, Stefano Arienti, Micol Assaël, Rosa Barba, Massimo Bartolini, Vanessa Beecroft, Rossella Biscotti, Tomaso De Luca, Ludovica Carbotta, Patrizio Di Massimo, Bruna Esposito, Lara Favaretto, Piero Golia, Adelita Husni-Bey, Avish Khebrehzadeh, Liliana Moro, Marinella Senatore, Nico Vascellari, Vedovamazzei, Francesco Vezzoli, Zapruder e molti altri. 

Nel 2018 la prima edizione del MAXXI BVLGARI PRIZE, è stata vinta da Diego Marcon, finalista insieme a Talia Chetrit e Invernomuto, la cui opera Calendoola: SURUS è stata acquisita grazie al contributo degli Amici del MAXXI. L’edizione del 2020 ha visto la vittoria di Tomaso De Luca finalista insieme a Giulia Cenci Renato Leotta
Dichiara Jean-Christophe Babin, CEO di Bulgari: «Questa terza edizione conferma il ruolo del MAXXI BVLGARI PRIZE come momento di primaria importanza nella scena artistica italiana e internazionale. La mostra e il Premio danno visibilità alle idee di giovani artisti che con la loro poetica ci invitano ad andare oltre i confini della nostra personale visione del mondo per riflettere sui concetti di identità ed appartenenza. Dalle loro opere scaturisce lo stimolo a misurarci con il cambiamento, ma anche a governarlo secondo un sistema di valori condiviso».