Di che cosa ha bisogno il “sistema cultura” in Italia? Ce ne parla Claudio Parisi Presicce, Sovrintendente capitolino ai beni culturali

Punti di forza e debolezze del Sistema Musei di Roma Capitale, le considerazioni del Sovrintendente capitolino ai beni culturali

I risultati elettorali apriranno una nuova stagione politica per l’Italia sotto la volontà di “ricostruire il rapporto tra istituzioni e cittadini” per citare le parole di Giorgia Meloni presidente di Fratelli d’Italia, partito vincitore delle elezioni. In questo percorso di rielaborazione della fiducia tra popolo e istituzioni quale sarà il ruolo della cultura? In particolare i beni culturali romani di cosa hanno bisogno per affrontare i prossimi anni? Ce ne parla Claudio Parisi Presicce, Sovrintendente capitolino ai beni culturali, sostenitore dell’idea per cui interoperabilità e comunicazione tra pubblici e privati rappresentano una chiave di svolta per rendere accessibile l’immenso patrimonio culturale romano.

Claudio Parisi Presicce

Può darci un bilancio complessivo sull’andamento del Sistema Musei di Roma Capitale quest’anno?
Il 2022 è un anno molto positivo perché quasi tutti gli indicatori mostrano che abbiamo superato il 2019, anno prepandemico. Il consumo culturale nella città di Roma e sul patrimonio artistico e monumentale da parte dei romani e dei turisti italiani e stranieri è cresciuto: il numero delle tessere di libero accesso (MIC) nel 2019 è stato di 10.432, mentre al 31 agosto 2022 sono stati già raggiunti 21.691 tesseramenti. Alcuni esempi del Sistema Musei civici: la Centrale Montemartini, dove è stata allestita una mostra di mosaici finora mai esposti che hanno permesso per la prima volta di camminare sul suolo di Roma antica, ha avuto un incremento rilevante, poiché a fine agosto si sono registrati circa 66.000  visitatori contro i 45.000 dell’intero 2019; il Museo di Roma, grazie ad alcune mostre particolarmente suggestive e attraenti, ha scalato la vetta e ora compete col Museo dell’Ara Pacis, da sempre il secondo museo del sistema dopo i Musei Capitolini. Il numero dei visitatori, però, non è il dato che interessa di più, il lavoro che cerchiamo di fare è mostrare la vocazione culturale specifica di ogni museo, diversificando l’offerta in modo che ognuno possa trovare il proprio feeling con la collezione museale o con il racconto di un percorso espositivo. Ciascuno ha la propria opera d’arte nei musei, l’importante per noi è aiutare a trovarla. C’è sempre un singolo dettaglio che determina quell’emozione speciale che costituisce la chiave per riconoscersi nel patrimonio millenario della città di Roma. La capacità di raggiungere un rapporto empatico con l’opera d‘arte, a volte, dipende da una piega del panneggio o da un volto sorridente di una figura dipinta in un quadro. È lo sguardo del visitatore che può cogliere legami tra episodi della memoria individuale e la singola opera d’arte, creando quel rapporto speciale con essa che determina l’affezione a un determinato museo. Noi siamo alla continua ricerca delle condizioni in cui possa avvenire quel contatto intimo con l’arte, che è atto creativo per eccellenza. Quando il visitatore legge o intuisce la sintesi che l’opera d’arte realizza e la riconduce alla propria esperienza emotiva o intellettuale, noi abbiamo raggiunto uno degli obbiettivi principali sottesi alla preservazione del patrimonio.

Tra i temi che dovranno essere affrontati dal futuro governo quali l’inclusione, la digitalizzazione, la tutela occupazionale, secondo lei quali sono gli ambiti su cui lavorare come punto di partenza per migliorare la fruizione culturale?
La digitalizzazione è fondamentale. La Sovrintendenza ha realizzato un sistema informativo che si chiama SIMART (Sistema Informativo Musei, Arte, Archeologia, Architettura di Roma e Territorio di Roma Capitale) accessibile attraverso il web, dove sono stati caricati circa 1 milione di records. Esso avvicina enormemente la conoscenza del patrimonio culturale della città di Roma, mettendo a disposizione di tutti schede testuali, bibbliografia, schede di autore, immagini, riferimenti a contesti, elementi anagrafici tutti interconnessi tra loro, con specifici approfondimenti. Il sistema ha bisogno di dialogare con altri sistemi informativi perché il patrimonio culturale romano è unico al mondo ma è gestito da una pluralità di istituzioni: l’interoperabilità tra i diversi sistemi è quindi uno degli obbiettivi più urgenti. È un tipo di lavoro che va affrontato insieme al Ministero della Cultura e ai Musei Vaticani, ma anche con i privati, in modo tale che le informazioni siano messe in condivisione e possano produrre la moltiplicazione degli interessi e dell’attrattività. Le potenzialità di sviluppo economico e culturale sono enormi e consentiranno di allargare il numero degli utenti e di immettere forze nuove, adeguate anche dal punto di vista anagrafico. La qualità della preparazione delle nuove generazioni è ottima e multidisciplinare; il loro apporto, pertanto, sarà decisivo. Ciò vale anche per le funzioni legate alla sorveglianza: la figura tradizionale del custode alla luce dell’innovazione tecnologica, dovrà evolvere nella figura del mediatore culturale, che incontra le esigenze delle diverse tipologie di visitatori e li avvicina adeguatamente all’offerta culturale del museo.

Quali sono i punti di forza e quali di carenza delle realtà museali romane?
Il punto di forza principale del Sistema museale è l’offerta diversificata sul territorio. Abbiamo realizzato o stiamo realizzando iniziative importanti a Casal de’ Pazzi a Rebibbia, a Pietralata, a Centocelle e a Settecamini. La carenza più evidente è individuabile nel mancato raccordo nella comunicazione tra tutte le atre istituzioni pubbliche che offrono fruizione culturale: è necessaria e impellente la creazione di un portale unico che consenta agli utenti di capire e scegliere rapidamente dove e come indirizzare la propria attenzione.

Esiste una relazione tra il patrimonio monumentale, presente soprattutto nelle aree centrali di Roma, con le periferie? Quali potrebbero essere le strategie da seguire per raggiungere un riequilibrio territoriale e valorizzare le realtà culturali periferiche?
È importante creare percorsi tematici unitari, in modo che i valori storici presenti nella città di Roma siano riconoscibili proprio grazie all’interconnessione tra di loro. Le Mura Aureliane, ad esempio, hanno una grande potenzialità, perché rappresentano il confine tra l’area urbana abitata fino alla proclamazione di Roma Capitale (1870) e il successivo sviluppo esterno. Stiamo lavorando all’apertura del maggior numero possibile di camminamenti di ronda lungo il circuito delle mura: essi danno la possibilità di guardare al tessuto urbano con occhi diversi. Le porte delle mura possono diventare spazi di aggregazione, di ricerca e di studio legati al rapporto pubblico-privato e destinati alla produzione e al consumo culturale.

Come coniugare il dialogo tra i musei archeologici romani e l’arte contemporanea?
È stato sempre possibile inserire lo sguardo dell’arte contemporanea all’interno dei nostri spazi archeologici. Abbiamo cercato di farlo in modo coerente: spesso le opere sono realizzate come atto creativo site specific, che possa suscitare interesse per la conoscenza o che comunque stabilisca un rapporto diretto con le collezioni.