Expo 2030. La proposta di Josi e Romano per la Capitale: il ritorno della statua del Colosso

In vista di Roma Expo 2030, Luca Josi e Antonio Romano propongono la ricostruzione del Colosso di Nerone ad un artista contemporaneo

Roma è tra le città candidate ad ospitare Expo 2030. Un’occasione enorme per portare avanti “l’interculturalità e la diversità come sinonimo di creatività, arricchimento e condivisione necessari per la crescita; capace di riflettere sull’impatto delle nostre azioni attraverso scelte sostenibili e un utilizzo responsabile delle nostre risorse”, come si legge nella proposta di candidatura del comitato promotore.

La proposta lanciata da Luca Josi, curatore del progetto di mecenatismo per il recupero del mausoleo di Augusto, e Antonio Romano, tra i massimi esperti di brand design, fondatore di Inarea, è ambiziosa: ricostruire la statua del Colosso di Nerone, accanto al Colosseo per accogliere i visitatori dell’Esposizione Universale del 2030.

Era alta 110 piedi, oltre 35 metri. Si trovava nell’area del tempio di Venere. Solo successivamente è stata spostata dall’imperatore Adriano nel piazzale dell’Anfiteatro Flavio, come omaggio al dio Sole. Poi è andata distrutta. Secondo le fonti durante la furia del Sacco di Roma, nel 410. Questa statua gigantesca che ha passato il nome altisonante della sua mole allo stadio che le era accanto, diventato simbolo eterno della Capitale, ritorna oggi nella proposta di Josi e Romano con un progetto di ricostruzione che collega la storia archeologica romana all’arte contemporanea.

“Le Expo sono vetrine e, come tutte le vetrine, hanno bisogno di simboli, di sintesi, di richiami e ragioni che invitino il pubblico a cogliere in un istante una suggestione capace di modificare il tessuto di qualcosa, spesso già noto, come la città ospitante; immagini che accendano curiosità”. Come fu per la Tour Eiffel nel 1889, nata transitoria e diventata simbolo definitivo della capitale francese, Josi e Romano ragionano attorno ad una ridentificazione del Colosseo, accompagnandolo di nuovo alla statua che gli ha donato il senso del suo etimo. “L’opera potrebbe declinare i valori di sostenibilità nelle soluzioni tecniche e ingegneristiche costruttive più all’avanguardia, consentendo ai visitatori di accedere al suo interno e godere di prospettive mai viste dei Fori”.

A decidere quale scegliere tra le opere selezionate dalla giuria, potrebbe essere una platea planetaria (di studenti in arti visive, architettoniche e artistiche) a celebrazione di un mondo sempre più digitale e connesso. Un modo per “mettere al centro dell’attenzione l’uomo e la sua capacità di reinventare il proprio habitat, la città, bilanciando sviluppo e sostenibilità ambientale – continua il comitato – Roma vuole essere il centro di questo nuovo modello di città: inclusivo, interconnesso, sostenibile e condiviso”.