Addio a Piergiorgio Branzi, volto televisivo del giornalismo e fotografo amante del bianco e nero

Se n'è andato Piergiorgio Branzi, grande documentatore dell'Italia degli anni Cinquanta e corrispondente Rai in giro per il mondo

Museum of Modern Art di San Francisco, Guggenheim di New York, Fine Art Museum di Houston, Tate Gallery di Londra e Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid sono solo alcuni dei musei internazionali in cui le sue opere sono state esposte.

Piergiorgio Branzi non era però soltanto grande fotografo ma anche giornalista, corrispondente, volto della tv degli anni ’60, oltre che attento documentatore del mondo. Morto sabato 27 agosto all’età di 93 anni, era nato a Signa, alle porte del capoluogo toscano, il 6 settembre del 1928.

La sua carriera inizia proprio a Firenze con la fotografia, incontrata subito dopo la guerra a una mostra di Henri Cartier-Bresson, come ha spesso ammesso, e continua in viaggio in moto per le strade d’Italia con la sua Leica attraverso l’Abruzzo e il Molise, la Puglia e la Lucania, la Calabria e Napoli, dando vita a uno dei più completi reportage fotografici sulle condizioni sociali dell’Italia del dopoguerra. Le sue radici toscane si riflettono nel suo stile, definibile come “realismo-formalista”. Lo stesso Branzi riconosce l’influenza della tradizione figurativa toscana sul suo lavoro e sulla sua predilezione per il bianco e nero. Il suo lavoro, come quello di molti della sua generazione è influenzato dalla fotografia di Henri Cartier-Bresson, che ebbe anche l’opportunitá di incontrare due volte. Ma anche dagli scatti di Walker Evans, la Bourke-White, Paul Strand, e piú tardi di Robert Frank, di cui ammirava la capacitá di realizzare un libro epocale come societá americana senza realizzare nessuna immagina “spettacolare”.

Collabora con Il Mondo di Mario Pannunzio e nel 1962 è assunto in Rai, dove il direttore del Tg1 Rai, allora Enzo Biagi, lo manda a Mosca, prima sede giornalista all’estero della Rai dove Branzi sarà il corrispondente televisivo occidentale più seguito nella capitale sovietica. Quattro anni dopo vola come corrispodente a Parigi, va lui, e ci rimane due anni fin quando nel maggio 1968, rientra a Roma come conduttore e inviato speciale del Tg, confezionando inchieste e documentari in giro tra Europa, Asia e Africa. A cavallo tra gli anni 70 e 80 torna a Firenze per ricoprire il ruolo di direttore della sede.

E la fotografia? È sempre presente, meno protagonista della sua vita per trent’anni, anni in cui comunque si serve della macchina fotografica e, in parallelo, realizza pitture e incisioni. Tornerà invece negli anni ’90, con un progetto sui luoghi pasoliniani e dal 2007 si dedicherà anche alla sperimentazione con la fotografia digitale.

Nel 2015 è uscito per Contrasto Il giro dell’occhio, un volume antologico che ripercorre la sua carriera. Nel 2016 realizzò per «la Lettura» #225 una copertina con un surreale autoritratto sotto forma di libro.