Quirinale Contemporaneo è stato un seme ben piantato. L’ho detto prima, durante e dopo ciascuna delle tre edizioni fin qui realizzate, gli ho dedicato anche larga parte del mio ultimo film, L’intuizione di Duchamp, e dell’introduzione del mio ultimo libro, Talent Prize – Cento nomi da ricordare, lo ripeto a ogni circostanza pubblica. Il perché di tanto sostegno è evidente. Questo progetto, voluto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e dal Segretario Generale, Ugo Zampetti, e curato da Renata Cristina Mazzantini, è di quelli che lasciano il segno. Si tratta infatti di una piccola ma radicale riforma delle istituzioni pubbliche che dopo decenni di sorda chiusura ha aperto le porte del Palazzo più importante del paese agli artisti. Una rivoluzione copernicana che ha eliminato un preconcetto antico, dando dignità e visibilità ai migliori artisti viventi e così stabilendo una volta per tutte che le nostre eccellenze non finivano con l’epoca classica e che anzi la nostra contemporaneità è ricca di talento. Questo seme ben piantato ha dato subito i frutti attesi. Il primo è stato un mutamento del percepito generale sull’arte dei nostri tempi. È come se il Quirinale avesse acceso il suo potente faro sul valore degli artisti italiani di oggi. Poi c’è l’esempio, l’emulazione. Lo scorso giugno infatti il Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, ha dato vita, nel suo dicastero a un’iniziativa del tutto speculare a quella del Quirinale, battezzata Mims contemporaneo, ospitando 26 opere di 14 artisti e affidando la curatela sempre a Mazzantini. Per restare ai trasporti, questo è il segno che il treno è partito, che il seme piantato da Mattarella e Zampetti continua a dare i frutti. E vedrete che ora altri seguiranno…