Hypermaremma: Maurizio Nannucci racconta il suo lavoro realizzato a Talamone per la rassegna in Toscana

Due parole con l'artista fiorentino all’ombra della Rocca Aldobrandesca, che dal 4 giugno ospita una sua installazione in neon

HyperNannucci: Due parole con Maurizio Nannucci all’ombra della Rocca Aldobrandesca di Talamone, che dal 4 giugno ospita SHIPS THAT PASS IN THE NIGHT, una grande installazione in neon realizzata dall’artista fiorentino per Hypermaremma

Inaugurato il 4 giugno, il lettering in neon blu SHIPS THAT PASS THE NIGHT di Maurizio Nannucci accende il litorale di Talamone dall’alto della Rocca Aldobrandesca; un’iniziativa che Hypermaremma – manifestazione culturale ormai giunta alla sua quarta edizione – ha fortemente voluto e realizzato nell’ambito di una serie di iniziative artistico-culturali tese a revitalizzare un’area in rapida riscoperta, quella della Maremma. Carlo Pratis, Giorgio Galotti, Matteo D’Aloja gli ideatori di questa iniziativa giocata sul cortocircuito che l’arte contemporanea è in grado di generare portando a contatto l’iperattività di un presente nevrotico con la placida compassatezza dei ritmi di vita della bassa Maremma.

Nannucci Ships That Pass In The Night susnset

A poche ore dall’inaugurazione, all’ombra di due piccoli alberi che fanno quasi da sipario semiaperto sull’enorme scritta in neon blu, nel caldo ventoso di una mattinata talamonese di inizio giugno, Maurizio Nannucci si prende qualche minuto di sosta dopo aver controllato gli ultimi particolari dell’opera. Appoggiati sul muretto in pietra che corre intorno alla Rocca si riflette su ciò che ormai, installata a qualche passo da noi, ci sovrasta in tutta la sua forza evocativa.

mb «Ieri, arrivando in serata per seguire gli ultimi aggiustamenti all’opera, mi sono molto emozionato nel vedere questo intenso bagliore blu, mi piace questo disvelamento repentino: l’unica via che porta qui sulla sommità corre di lato alla Rocca Aldobrandesca e non permette di familiarizzare visivamente con il tuo lavoro finché non fai l’ultima svolta e finalmente ci entri in contatto. Sono tornato qui stamattina convinto che quella magia si sarebbe annullata con la luce del giorno; invece, il colore blu viene ugualmente fuori dai tubi del neon, intenso anche se spento. È stata una sorpresa non da poco…»

Maurizio Nannucci, Ships that pass in the night, Rocca di Talamone, foto Giorgio Benni

mn «Mi fa piacere che si noti. Il mio lavoro ha sempre previsto un concerto di stimoli diversi: quello visivo in senso ampio, quello letterale in senso stretto, l’armonia con l’ambiente, l’idea di creare qualcosa che fosse architettonico. Il blu di questo neon non deve entrare in gioco solamente insieme al testo, deve poter vivere in autonomia come riferimento al cielo e al mare, come segno che va oltre la singola lettera che accende. Mentre lavoravamo al progetto con i ragazzi di Hypermaremma, ho pensato per qualche momento ad altre possibilità di colore, poi ho capito che questo tono di blu sarebbe stato più adatto, più centrato, che si armonizzasse meglio con l’architettura e con lo spazio circostante di questo magnifico luogo a picco fra cielo e mare».

mb «Mi viene in mente che, osservandolo sotto una certa luce, il tuo lavoro sia sempre stato una sorta di ‘dialogo’, di collaborazione sia interna all’opera, dove ogni elemento vive in commistione con gli altri, sia esterna, nel momento in cui hai cercato di ottenere dei risultati in costante confronto con lo spazio urbano, con l’ambiente circostante in generale e, in questa occasione, anche con un progetto spiazzante come quello proposto da Hypermaremma».

mn «È vero, sono due cose che sono sempre state legate. Quando a Firenze[1] iniziai a cimentarmi con la musica elettronica imparai presto la bellezza di raggiungere dei risultati all’interno di un collettivo, in sintonia con altre persone. In un mondo dove spesso dominano piccole invidie, inezie, piccolezze, bisogna essere capaci di sintonizzarsi con gli altri, per cercare dei risultati migliori di quelli che si potrebbero raggiungere da soli. È un concetto che ritrovai non appena entrai in contatto con Robert Filliou e il gruppo Fluxus, un’esperienza che poi mi sono sempre portato dietro, collaborando con diversi architetti sia per progetti che siamo riusciti a portare a termine ma anche semplicemente quando abbiamo provato a fare qualcosa di diverso laddove poi le nostre idee non si sono realizzate. Qui a Talamone, con Hypermaremma, ho trovato subito la sintonia giusta: avevo questo lavoro inedito pensato esattamente cinquant’anni fa e finalmente mi sembrava perfetto per qualcosa, per un luogo nello specifico. Quando le collaborazioni funzionano è tutto più semplice, loro mi hanno messo subito nelle migliori condizioni per farlo e io dal canto mio lo avrei realizzato a tutti i costi. Credo che il risultato ci possa dare ragione…»

Maurizio Nannucci, Ships that pass in the night, Rocca di Talamone, foto Giorgio Benni

mb «Puoi bene immaginare che un ragazzo romano, come lo sono io, abbia grande familiarità con il tuo lavoro esposto nel percorso interno del foyer dell’Auditorium di Renzo Piano e all’esterno del MAXXI, MORE THAN MEETS THE EYE, intriso di questo enigma dell’andare oltre la visione e che agisce anche di concerto con la struttura liquida del museo, con le forme che gli diede Zaha Hadid nel momento della realizzazione. Credo che questo lavoro faccia un po’ eco all’idea di relazione dell’opera con la struttura su cui si innesta, a questo superamento del significato in senso stretto a vantaggio di una visione più profonda degli spazi della nostra vita».

mn «Credo sia normale pensare a quell’opera perché è facile incontrarla per chi si avventura negli spazi del MAXXI. Pensa anche al lavoro Polifonia[2] che ho realizzato per l’Auditorium Parco della Musica, lì c’è tutto del mio lavoro, venti scritte in neon: dieci blu e dieci rosse. Quelle blu vengono dalla mia raccolta di testi Antologia 1967/2002, dove indago i sottili legami che uniscono la musica, l’architettura, l’arte, il linguaggio. Le scritte rosse sono invece citazioni di famosi musicisti, scrittori, poeti e filosofi da Bach a John Lennon e Yoko Ono, che si connettono al tema del linguaggio musicale. Quel modo di ragionare è lo stesso di quest’opera per Talamone, dove la scritta parla dei naviganti, è vero, ma poi la dimensione luminosa innesca il sogno, l’immaginazione, l’idea di ignoto; in questo modo prende forma anche una nuova architettura della Rocca, che da costruzione impenetrabile diventa un luogo di scambio, di dibattito e di dialogo con ciò che c’è intorno».

Maurizio Nannucci, Ships that pass in the night, Rocca di Talamone, foto Giorgio Benni

mb «Venendo dall’universo della Poesia concreta, alla quale hai contribuito sin da subito con i tuoi Dattilogrammi iniziati nel 1964 e proseguiti con i lavori in neon a partire dal 1967[3], non riesco a non assegnare comunque una valenza poetica e semantica a questo lavoro, che a me ricorda il significato del ‘faro’, della torre di segnalazione, ma completamente ribaltato di senso. Se da un lato il faro comunica al mare la presenza della terra per segnalare un limite, un punto di approdo, un confine, SHIPS THAT PASS IN THE NIGHT sembra invece parlare a chi, sulla terra ferma, dovrebbe spingersi a guardare il mare, l’orizzonte, l’altrove, abbattendo sia i confini geografici sia quelli dell’immaginazione, per costruirsi un’idea più ampia di ciò che lo circonda».

mn «È una lettura che ci sta, perché effettivamente dal mare tu non puoi leggere distintamente ciò che c’è scritto, mentre qui davanti tu hai a disposizione tutto: la luce blu, la scritta, la visione d’insieme. In questo modo sei portato a vedere oltre, a immaginare queste luci a pelo d’acqua, queste barche che passano nella notte, ad immaginarti lì con loro, oltre questo luogo fisico. Per questo SHIPS THAT PASS IN THE NIGHT rimane accesa anche di giorno, per non smettere mai di immaginare…»


[1] Il riferimento è alla collaborazione con lo Studio di Fonologia Musicale di Firenze (S 2F M).

[2] Polifonia: Un percorso tra Arte, Musica, Architettura e Linguaggio, in collaborazione con Renzo Piano, Auditorium Parco della Musica di Roma, 2002

[3] La prima opera realizzata con le luci al neon fu Alfabetofonetico, del 1967.

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