Janet Cardiff & George Bures Miller: quando il suono incontra la scultura

Una retrospettiva dei due artisti canadesi al Lehmbruck Museum di Duisburg per presentare la loro nuova opera in Europa

Il museo Lehmbruck di Duisburg ospita fino al 14 agosto la mostra dedicata agli artisti canadesi Janet Cardiff e George Bures Miller. La mostra, che verrà allestita al museo Tinguely di Basilea nell’estate del 2023, presenta le opere più rappresentative degli artisti degli ultimi vent’anni e per la prima volta in Europa il loro nuovo lavoro Escape Room, realizzato durante la pandemia come allegoria di un atelier d’artista.

Come gran parte del lavoro dei due artisti, la loro ultima opera si rivela profondamente immersiva. Lo spettatore si trova all’interno di una camera piena di oggetti e di suoni che si attivano sulla base del suo movimento. Lo scultpural sound (“suono scultoreo”) svolge un ruolo fondamentale nella loro opera: scolpisce la fruizione artistica indirizzando o disorientando l’osservatore, che si ritrova totalmente immerso in realtà nuove in cui l’horror vacui regna sovrano. Questa idea di suono scultoreo mostra uno stretto collegamento con la citazione beuysiana «Alles ist Skulptur» (“tutto è scultura”). Joseph Beuys considerava la scultura centrale per il suo lavoro affidandole un ruolo molto più ampio nella vita in generale. La scultura veniva usata da lui come metodo di osservazione e di interpretazione della realtà attraverso il movimento.

Nel lavoro di Cardiff e Miller è il suono che grazie al suo profondo potere di arrivare all’uomo scavalcando i muri della razionalità, scolpisce la visione artistica dello spettatore. Il suono, seguendo i sentieri nascosti nell’inconscio e della memoria più profonda, libera la soggettività nascosta nei ricordi e nel profondo di chi lo fruisce.

“Il rapporto tra suono e spettatore è spesso legato nelle opere di Cardiff e Miller a un movimento attivo da parte dello spettatore. Nell’opera The Forty Part Motet del 2001 lo spettatore ha la sensazione di attivare determinati suoni e di innescare l’attivazione dell’opera d’arte avvicinandosi e allontanandosi da 40 altoparlanti disposti in cerchio. La soggettività della fruizione sovrasta l’oggettività della messa in scena dell’opera d’arte”.

Nell’opera The Paradise Institute, con la quale i due artisti rappresentarono il Canada nella Biennale di Venezia del 2001, lo spettatore entra in una scatola di legno al cui interno è stato allestito un cinema. Il sonoro del film si confonde con il suono di casuali visitatori del “cinema” che si trovano a rispondere al telefono, tossire, bisbigliare. Questa dualità crea destabilizzazione una tensione tale da attivare memorie o pensieri logici per spiegare quello che accade intorno. Il concetto di realtà viene totalmente destrutturato attraverso un’impostazione metateatrale che tende a voler fondere arte e realtà.

La multidisciplinarietà delle opere dei due artisti è disarmante. L’aspetto tecnico e quello visuale risultano tanto ricercati e perfetti da ingoiare lo spettatore in un mondo fantastico, in una fiaba. La visita della mostra si presenta come un viaggio nelle viscere dell’inconscio personale e collettivo attraverso la forza primigenia di suoni primitivi uniti a suoni culturali come quelli dei giradischi dei più grandi tenori dell’Opera for a Small Room del 2005, in cui gli artisti ricreano la stanza di uno sconosciuto collegandola ad eventi della propria vita.

Individuale e collettivo si mescolano fino a creare una grande opera d’arte, fatta di studio e tecnica, insieme alla capacità di abbandonarsi ai propri ricordi, ai propri sogni, ai propri desideri più inconsci.

info: https://lehmbruckmuseum.de/ausstellungen/ausstellungen-aktuell/janet-cardiff-george-bures-miller/

Dal 27 marzo al 14 agosto 2022;
Düsseldorfer Str. 51, 47051 Duisburg;

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