Coppe di stelle nel cerchio del sole a Palazzo Abatellis a Palermo: una mostra per un Viaggio in Sicilia fisico, storico e sinestetico

L'azienda Vitivinicola Planeta impreziosisce il suo già importante prestigio con la grande passione per le arti e dà luogo a residenze d'artista che si chiudono con la nuova esposizione che ne racconta l'esperienza

La mostra in quanto dispositivo di esposizione è di per sé uno spazio dove il visitatore è invitato ad intraprendere un viaggio. Quest’ultimo può essere su più livelli, da quello fisico a quello sensoriale, da quello intellettivo a quello percettivo. È ciò che Coppe di stelle nel cerchio del sole a Palazzo Abatellis a Palermo propone di fare: una mostra ispirata al Viaggio e che nell’offrire un viaggio storico, fisico e sinestetico si compie.

Punto di arrivo del progetto Viaggio in Sicilia, arrivato alla sua nona edizione, la mostra si articola in un percorso multisensoriale volto a sollecitare lo spettatore per mezzo di svariati media messi in dialogo. L’esposizione infatti, sintesi finale delle suggestioni raccolte durante la residenza itinerante d’artista ideata da Planeta, azienda vitivinicola siciliana nata nel 1995 che offre un iter sui generis della terra siciliana attraverso le sue sei tenute (Ulmo a Sambuca di Sicilia, Dispensa a Menfi, Dorilli a Vittoria, Buonivini a Noto, Feudo di Mezzo sull’Etna e La Baronia a Capo Milazzo), vede la partecipazione di quattro artisti dal diverso background e mezzo d’espressione:  Bea Bonafini (Bonn, 1990), Gili Lavy (Gerusalemme, 1987), Emiliano Maggi (Roma, 1977) e Diego Miguel Mirabella (Enna, 1988) accompagnati da alcuni testi di Chiara Barzini (Roma, 1979) e le fotografie di Matteo Buonomo (Cinisello Balsamo, 1991), cui 10 opere sono accostate ad una selezione di altrettanti 10 oggetti inediti provenienti dai depositi di Palazzo Abatellis, restaurati da Planeta.

Ispirato dai medesimi versi del filologo e poeta arabo-siculo Ibn al-Qattâ relativi al rapporto tra la Sicilia e la cultura del vino, l’intitolazione Coppe di stelle nel cerchio del sole, sottolinea ancora una volta la vocazione interdisciplinare dell’intera mostra che rivendica l’importanza del dialogo tra le arti di diversa epoca storica, nonché nasconde in seno una dedica alla feconda influenza della cultura araba in Sicilia in epoca medievale, dalla quale l’intera mostra prende forma. Non bisogna infatti dimenticare la rilevanza che hanno assunto i 250 anni di occupazione della Sicilia da parte dell’Islam, cui segni sono evidenti ancora oggi e i quali sono riconosciuti dagli storici di notevole sviluppo per l’intera regione per l’impronta indelebile nell’agricoltura, nell’ingegneria, nell’arte e nella poesia, contribuendo – tra le altre cose – alla nascita della scuola poetica siciliana.

Nell’ambito della residenza, gli artisti sono stati interpellati dalla matrice generatrice di stimoli e ispiratrice tra arti caratterizzante la forza della poesia araba in Sicilia: durante e dopo il viaggio, infatti, un riferimento costante per loro è stata la lettura dei versi di alcuni dei più famosi poeti arabi di Sicilia, nei quali la capacità descrittiva e la delicatezza dello sguardo, ha generato opere di grande suggestione capaci di raccontare della magnificente bellezza dei luoghi.

Ed il legame con l’eredità della cultura araba, inserita all’interno di un procedimento di passaggio del patrimonio insito nel concetto stesso di istituzione museale, è rafforzato dalla presenza di un nucleo di opere inedite- restaurate da Planeta in occasione della stessa mostra- provenienti dai depositi di Palazzo Abatellis e selezionate dalla Galleria per essere esibite al pubblico per la prima volta. L’intervento di restauro che sancisce una collaborazione proattiva tra pubblico e privato nell’ambito della valorizzazione dell’arte, è frutto di un oculato studio delle visionarie scelte espositive di Antonio Salinas, il primo a esporre nel 1873 all’interno della “Sala Araba” del Museo Nazionale di Palermo – oggi Museo Archeologico regionale che prende il suo nome – oggetti diversi che testimoniavano l’influenza del periodo di dominazione islamica nell’isola come parte integrante della specifica identità regionale siciliana, frutto di contaminazioni culturali.

Il richiamo alle scelte curatoriali e direttive del Salinas dimostra l’aderenza in Sicilia già tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento a un odierno “oltre orientalismo”, nel quale gli elementi arabo-islamici – ed anche ebraici – sono intesi come fattori interni e imprescindibili della nostra storia nazionale.

Traendo spunto dalle immagini d’archivio dei primi del Novecento della già citata “Sala Araba” nella quale spiccava il monumentale lampadario, anch’esso restaurato da Planeta in occasione di questo progetto espositivo, l’allestimento sancisce la presenza di una continuità fra un passato reinterpretato e idealizzato e il contemporaneo, consapevolmente libero da storicismi e sovrapposizioni. Gli altri materiali delle collezioni Abatellis scelti per l’esposizione rispondono al criterio dell’inedito, dei mezzi più ricorrenti, quali il legno e metallo ma soprattutto presentano oggetti che raccontano storie di passaggi d’ uso, in cui le forme e i repertori, calligrafia, figure e stilizzazioni geometriche e fitomorfiche, provenienti da modelli aulici, divengono fonti per il contemporaneo.

Avvolgendo il visitatore in una dimensione solenne quanto ascetica – richiamando così lo spirito antico delle mura del Palazzo, un tempo convento per monache di clausura – l’opera sonora di Gili Lavy, realizzata in collaborazione con il musicista Jacopo Salvatori, dal titolo Journey XII, adopera le parole della lingua franca mediterranea, detta sabir, per ricreare un suggestivo dialogo cantato tra due viaggiatori del mare. L’immagine del Mediterraneo rievoca l’idea del museo inteso come spazio di transizione contenente molteplici identità mutevoli, talvolta fuse, metafora della Sicilia come immenso archivio di culture in migrazione.                       

Con le sue tre sculture a forma di brocche in ceramica e bronzo, Emiliano Maggi, simboleggia i versi e la figura del poeta arabo-siculo al-Ballanūbī. Per l’inaugurazione della mostra, l’artista ha inoltre realizzato una performance dal titolo, La sua bocca custodisce perle di denti che rivelano perle d’amore, utilizzando flauti e strumenti a corda simili a dei kopuz, costruiti in maniera sperimentale dall’artista in ceramica e legno. L’originale composizione musicale realizzata per la performance dall’artista, risulta un’interpretazione del tema amoroso presente nel Canzoniere di al-Ballanūbī.            

Basata sull’interazione con lo spettatore che diventa parte attiva per il funzionamento dell’opera, l’installazione di Diego Miguel Mirabella consiste, invece, in un dispositivo con stoffe che si muovono al passaggio di quest’ultimo, come a rafforzare l’idea dello spazio espositivo come luogo di passaggio fisico e storico. Di mano del medesimo autore sono anche una tempera su tavola di legno e un lavoro a mosaico, realizzate con la collaborazione di artigiani marocchini, come ulteriore sviluppo della sua indagine sulle strutture grammaticali del decoro e dell’ornamento. Secondo l’artista esse sono riconducibili a delle poesie spezzate, tali che nel corso del tempo, riunendo tutti i suoi lavori, possano diventare esse stesse una narrazione, esprimendo così il suo modo di essere siciliano. Si trattano tuttavia di parole in parte celate dietro le decorazioni, cui essenza è rivelata solo da qualche indizio che può essere solamente intuita.

Dal titolo Il Trionfo, instaurando un dialogo di continuum con le collezione conservate al Palazzo Abatellis, il grande tappeto- arazzo del 2018 di Bea Bonafini, l’unica artista a presentare un’opera realizzata appositamente per l’occasione – Immortale Eye, dai versi del già citato Ibn Hamdis, è stato realizzato in riferimento al celebre affresco, Il Trionfo della Morte, la cui iconografia particolare non solo era riconducibile all’ampia diffusione del repertorio cortese in pittura, miniatura, arazzeria, arti decorative e nelle illustrazioni della trattatistica sulla caccia o negli erbari ma assumeva un ruolo di primo piano tra i motivi decorativi di ceramiche, avori e legni dipinti dalle manifatture sicule di tradizione araba.

Info: https://planeta.it/