L’identificarsi tra vita e arte, che coronano la loro sintesi con la morte, sorella di entrambe nella stessa misura è il fluoro della messa in scena di 7 Deaths of Maria Callas di cui Marina Abramović è protagonista e coautrice. La body artist veste i panni, dal 13 al 15 maggio 2022, dell’eroina del melodramma, incarnazione dell’identità greca, addolorata e consumata dalle pene d’amore come la stessa Medea che l’attrice personifica nelle sue immortali e inarrivabili interpretazioni. «Nello spettacolo sono Maria Callas, le somiglio fisicamente, siamo simili per il fatto che l’arte corrisponde alla vita, abbiamo avuto madri forti che ci hanno rubato l’infanzia, siamo del Sagittario. Sono affascinata dalla sua vita ma anche dalla sua morte» commenta Marina Abramović
7 Deaths of Maria Callas è un’opera totale: musica, cinematografia e performance si mescolano alla perfezione, omaggiando il mito. Il teatro San Carlo di Napoli ospita lo spettacolo alla sua prima italiana – dopo il debutto nel 2020 a Monaco di Baviera, lo spettacolo è stato ripreso alla Deutsche Oper di Berlino, all’Opera di Atene e all’Opéra Garnier di Parigi – che vede sul palco oltre alla protagonista Marina Abramovic. Lo straordinario Willem Dafoe. La rarefatta atmosfera che accompagna le differenti scene che si susseguono sono realizzate da Marko Nikodijević.
Convulso e drammatico lo scorrere delle situazioni che portano nel teatro partenopeo lo stupore di un pubblico che si ritrova a osservare le ultime riflessioni, i commenti e le visioni degli ultimi istanti di vita dell’attrice greca. Lo stile della Abramovic riesce nell’intento di riportare per qualche istante la Callas sulla terra: le sette arie che compongono lo spettacolo, interpretate da sette soprani, Kristine Opolais (Cio-Cio San), Jessica Pratt (Lucia), Nino Machaidze (Desdemona), Annalisa Stroppa (Carmen), Valeria Sepe (Tosca), Selene Zanetti (Violetta) e Roberta Mantegna, che sarà Norma, il personaggio che esprime l’essenza della leggenda Callas. Questi accompagnano il pubblico in un climax inarrestabile che si compie alla fine nel buio di un palco a cui vengono, una dopo l’altra, strappate le scie luminose che lo inondavano.
«Quel deserto che chiamano Parigi» come Maria Callas soleva pelare la capitale francese fa da sfondo all’ultimo atto dalle finestre dell’appartamento in cui le scene si svolgono si affaccia Maria Callas/ Marina Abramović in quell’iconico vestito dorato che rende perfettamente l’illusione di un ritorno dall’oblio. L’arte supera la storia, e al Teatro San Carlo questo è diventato realtà.