Le parole sono pietre è un’espressione lapidaria che piace tanto ai giornalisti. Efficace per il suo potere visivo oltre che semantico, trasmette perfettamente il senso di quanto ogni termine vada soppesato, di quanto ogni scritta appuntata su qualunque supporto lasci una traccia come un’incisione scavata nella pietra. Una volta chiarito ciò, possiamo passare ad affermare che per molti artisti la forza delle parole rappresenta una forma d’arte, altrimenti non ci spiegheremmo come alcune opere siano passate alla storia. Ceci ce n’est pas une pipe di Magritte, D’io di De Dominicis, LHOOQ di Duchamp sono affermazioni che oggi non interpretiamo più tanto alla leggera e il cui significato rientra nella sfera sociale, per non dire addirittura politica.

Fabrizio Bellomo è uno di quegli artisti che danno un peso alla parola. Non a caso non è soltanto un artista visivo ma è anche regista e scrittore e appassionato di scritte pubbliche. Dal muro al cartellone pubblicitario, Bellomo si interessa a quelle tracce che diventano parte del paesaggio di una città, slogan di matrice politica che si trasformano in messaggi impressi nella nostra memoria collettiva.
Il suo ultimo libro, Homo Medium, edito dalla casa editrice Quinlan, raccoglie una serie di contenuti testuali che analizzano il lavoro di Bellomo sotto diversi aspetti, tutti accomunati dalla parola come fil rouge.

Ricordiamo il progetto Espansa, installazione nella città-officina di Lumezzane in cui l’artista recupera una serie di moniti affissi nelle fabbriche. Frasi che portano a riflettere non solo sul passato della città ma anche al controllo verbale che il potere esercita sui più deboli.
Su tutti gli interventi, il progetto Pensieri Sparsi alla Fondazione Feltrinelli, per la quale l’artista ha selezionato per strada e sul web una serie di scritte murali indicative di uno stato di sofferenza e di reazione di matrice popolare, ascrivibili alla modalità comunicativa clandestina: «Fanno la guerra ai poveri e la chiamano riqualificazione», «È tutto loro quello che luccica», «Terrorismo sono i militari nelle strade» ecc. L’azione di Bellomo, consisteva nel riscrivere questi messaggi sulle vetrate della Fondazione, trasferendo un registro linguistico e comunicativo popolare in un contesto completamente diverso.

Il risultato di Homo Medium è un compendio raffinato che avvolto da una sovra copertina che riproduce una sequenza muraria con un patchwork di scritte, alterna testi e immagini che ben sintetizzano il lavoro di Bellomo sul tema.
Fabrizio Bellomo
Homo Medium
Editrice Quinlan, info: www.aroundphotography.it