Peter Friedl, artista austriaco nato nel 1960, ha partecipato a moltissime manifestazioni di Berlino, riunisce opere di cinque decenni fino ad arrivare a quelle più recenti, evidenziando la continuità tematica della sua pratica artistica.
Report, curata da Krist Gruijthuijsen e Léon Kruijswijk, è nella sua complessità un tableau vivant di corpi, voci, geografie e storie che metteno costantemente al centro la narrazione del tempo e dello spostamento continuo come modello artistico di Friedl. In mostra fino al primo maggio al KW Institute for Contemporary Art di Berlino.
Attraverso una grande varietà di generi e forme visuali, l’artista cerca di filtrare la coscienza politica, storica ed estetica, con costante ricerca di nuovi modi di raccontare il tempo. La rappresentazione teatrale è spesso centrale nel suo operato: marionette, modellini ed oggetti di scena evidenziano meccanismi nascosti intrinseci al linguaggio e alle identità culturali. Questi stessi confini sono esplorati da un’omonima installazione video che appunto da il titolo alla mostra.
Entrando nella prima sala, i visitatori si trovano di fronte a tre vetrine fatte su misura piene di pile di diari. Le pagine scritte a mano raccontando giorno dopo giorno quarant’anni di vita e testimoniano anche l’inutilità delle parole. Lo spettatore non può accedere al contenuto ma può solo immaginarlo. Nelle immediate vicinanze troviamo un quadro monocromatico rosa esempio dell’esplorazione del colore come mezzo di comunicazione.
Molto importante nell’opera dell’artista è il disegno che documenta storie personali e politiche. I diari e i disegni, risalenti alla sua infanzia, sono la chiave dell’impegno nel delineare il tempo nella sua forma più pura, ovvero quello vissuto e quello perduto. La strategia organizzativa di alcuni lavori di Friedl è metodologica oltre che estetica, le date sottolineano l’interesse per il tempo reale.
Troviamo poi nelle due sale antistanti “Rehousing”: 12 modelli in scala che riproducono strutture abitative esistenti, talvolta distrutte o mai realizzate: una casa riproduce un container di un campo profughi in Giordania; un altro modello più recente mostra l’ex casa di Nelson Mandela a Soweto, ora trasformata in museo.
“Rehousing” è installato vicino a due video: Dummy del 1997 del e Liberty City del 2007, ognuno dei quali offre una prospettiva diversa sulle realtà socio-politiche. Nel primo video l’artista ritrae se stesso in una scena in cui prende a calci un distributore di sigarette in un sottopassaggio pedonale a Kassel. All’uscita viene fermato da un mendicante che gli chiede soldi. Si rifiuta e sarà perciò lui ora a ricevere calci.
Nel secondo, Friedl racconta un fatto avvenuto nel 1979, quando il motociclista nero Arthur McDuffie fu fermato da agenti di polizia bianchi e picchiato a morte. Quando i poliziotti accusati furono assolti cinque mesi dopo, scoppiarono disordini a Liberty City.
Infine nella grande sala sottostante è proiettato “Report”, titolo dell’installazione video che l’artista ha presentato ad Atene e Kassel in occasione di documenta 14 e qui allestita. Cinematograficamente parlando è probabilmente il lavoro più complesso tra le video installazioni di Friedl, leggibile in molteplici modi formali e concettuali. Il film inscena un grande palcoscenico di teatro completamente vuoto (il Teatro nazionale di Atene). Il testo usato è di Franz Kafka: Una relazione per un’Accademia del 1917: vediamo venti attori non professionisti recitare a memoria parti del testo nella loro lingua madre; la fisicità ed i gesti raccontano l’appartenenza alla comunità globale di uomini, donne e bambini in transito.









Info: https://www.kw-berlin.de/en/
Peter Friedl, Report 1964–2022
19 Febbraio – 1 Maggio 2022
KW Institute for Contemporary Art