Nuovi equilibri per Miart, Nicola Ricciardi ci racconta la ripartenza della fiera milanese

A pochi giorni dalla fiera, il punto di vista del direttore, tra il desiderio di ripresa e gli obiettivi di sostenibilità

Nicola Ricciardi

Dal 1 al 3 aprile torna Miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano. Una delle prime fiere in Europa del 2022, un evento artistico e culturale che ravviverà il capoluogo Lombardo. Dopo due anni, segnati da una costante crisi sanitaria, ora siamo alle porte della fine dello stato di emergenza e un evento culturale di questa portata sembra essere un simbolo di ripartenza. Non bisogna, però, sottovalutare le complessità del nostro periodo storico e gli ostacoli, indipendenti dal Covid, che Miart deve superare Abbiamo intervistato Nicola Ricciardi, direttore artistico della fiera, giovane curatore e critico d’arte, così da poter approfondire alcune tematiche. Una fiera all’insegna dell’innovazione e del cambiamento, che vuole celebrare la città in cui viene realizzata. Cosa dobbiamo aspettarci? Lo abbiamo chiesto direttamente a Nicola Ricciardi, direttore artistico della fiera, giovane curatore e critico d’arte.

miart2022, primo movimento, photo Isabelle Wenzel, creative direction Cabinet Milano

La sfida che ha accettato nel 2020 è stata più complessa del previsto. Con il Covid, le complicazioni legate a viaggi, quarantene e isolamenti hanno sicuramente influenzato il rapporto tra arte e pubblico e, ancora di più, tra i collezionisti e le fiere. Pensa che questo 2022 sarà un’occasione per ritrovare gli equilibri o ritiene che ciò che il Covid ha cambiato continui a influire nell’organizzazione, diventando un valore aggiunto?

«Questi due anni sono stati complessi e faticosi, ma sia galleristi che collezionisti hanno dimostrato un’importante resilienza e soprattutto una crescente voglia di tornare a calcare i padiglioni fieristici di persona, di osservare ed esporre l’arte dal vivo e dialogare vis-a-vis. Anche per questo ritengo che il modello di fiera conosciuto e praticato fino al 2019 funzioni ancora molto bene. E la riprova è data da un lato dalla buona riuscita di miart 2021, e dall’altra da quanto raccolto finora per l’edizione di aprile 2022. Siamo infatti riusciti a confermare in larghissima parte le gallerie che avevano già partecipato negli anni pre-pandemia, ma soprattutto siamo riusciti a rafforzare in modo significativo la portata internazionale della fiera, anche per merito di nuovi straordinari ingressi, resi possibili dall’incessante lavoro di scouting di Anna Bergamasco, Alberto Salvadori e Attilia Fattori Facchini».

Si parla di questa fiera come un’occasione di rinascita: una fiera aperta all’internazionale, in dialogo con numerose istituzioni culturali italiane. Si prospetta come il simbolo di un’arte che rifiuta gli stretti spazi di un padiglione e si muove in diverse aree di Milano. Che tipo di impatto avrà questa scelta sulla città che, come ha dichiarato, Miart vuole celebrare?

«Il rapporto con la città si è molto rafforzato, anche grazie all’ottimo dialogo con l’Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Tommaso Sacchi. Quest’anno però, oltre all’inaugurazione delle principali mostre della stagione, la settimana di miart sarà costellata anche da una serie di iniziative realizzate in partnership con alcune delle più interessanti realtà e istituzioni italiane dedicate alla musica, alla danza e alla performance. Tra queste mi piace ricordare la collaborazione, per il secondo anno di fila, con C2C Festival, che in occasione della fiera presenta #C2CMLN shared by Gucci, un programma di due giorni che inizierà giovedì 31 marzo alle ore 18:00 con un talk allo Spazio Agorà di Triennale Milano tra la fotografa Giovanna Silva e il coreografo Michele Rizzo – due figure che con il loro lavoro offrono delle letture sulla vita notturna, sul ballo come linguaggio, sull’espressione dei corpi».

Rispetto al conflitto in Ucraina, abbiamo letto della sua posizione riguardo alla non esclusione di artisti, per ragioni legate alla loro nazionalità, dalla fiera. Al contrario i buyer russi non saranno presenti alla fiera. Se dovesse fare un bilancio totale, in che modo questa guerra potrà impattare la fiera? Crede che sia necessario ridimensionare le aspettative?

«Ovviamente da parte nostra c’è una profonda tristezza e una condivisa condanna del conflitto in atto. Non abbiamo tuttavia voluto posticipare l’edizione, ne riteniamo che si debbano ridimensionare le aspettative. Dopo l’edizione del 2021, che si era tenuta eccezionalmente a settembre a causa dell’emergenza sanitaria, siamo stati molto fermi nell’idea di ricollocarci ad aprile, come da tradizione. Il conflitto russo-ucraino non ha cambiato questa decisione anche per l’obbligo che abbiamo preso con le gallerie: ovvero quello di costruire una fiera che sia prima di tutto un’opportunità concreta per loro e per far ripartire un sistema dell’arte inevitabilmente colpito dall’urto della pandemia. C’è un gran bisogno di agevolare una ripresa credibile e duratura, non solo per i galleristi, ma anche per gli artisti».

Enzo Mari, Courtesy Eredi Enzo Mari e Galleria Massimo Minini, Brescia

Miart entra nella Gallery Climate Coalition per raggiungere la neutralità carbonica. Cosa implica questa scelta? In che modo una fiera d’arte contemporanea può intervenire della questione, ad oggi centrale, del cambio climatico?

«Siamo la prima fiera in Italia a prendere parte all’iniziativa in modo attivo, in qualità di soci fondatori di GCC Italia: un impegno appoggiato anche da Fiera Milano che nel suo piano industriale vede nella sostenibilità uno strumento di creazione di valore. L’obiettivo nostro e della Gallery Climate Coalition è raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi: ciò significa ispirare, educare, e fornire strumenti pratici affinché l’industria dell’arte possa ridurre del 50% le sue emissioni di carbonio entro il 2030. Un esempio pratico è il “calcolatore di carbonio”, strumento specificamente pensato per al mondo dell’arte e disponibile gratuitamente sul sito galleryclimatecoalition.org, e che permette agli utenti di identificare rapidamente la loro impronta sull’ambiente e di intraprendere azioni immediate. I dati raccolti (in forma anonima) aiuteranno a tracciare i progressi».

Il ministro Franceschini ha dichiarato di voler incoraggiare questa fiera come simbolo di una ripresa. Non si può negare che una valorizzazione dell’arte e della cultura siano nei piani politici ed economici dell’Italia. In particolare, nel Pnrr è previsto che sette miliardi siano investiti in questi ambiti. Ritiene che tale investimento possa avere, o abbia già avuto, un riscontro già nell’organizzazione di questa fiera?

«Siamo lusingati dell’endorsement del Ministero e siamo ancora più felici che sia stato riconosciuta la nostra volontà di far sì che miart non sia esclusivamente una fiera, ma anche un promotore di cultura. La fiera d’arte ideale è infatti quella in cui le gallerie tornano a casa soddisfatte, con la propria fiducia ripagata da un riscontro oggettivo. Ottenere questo è già il 50% della mia fiera dei sogni. L’altra metà è fatta dal desiderio di generare contenuti inediti e stimolare l’interesse del pubblico più ampio. Per quanto riguarda miart il sogno non è poi così lontano dal realizzarsi. Ad esempio, quest’anno per la prima volta siamo riusciti a dar vita a un progetto d’arte performativa originale ed esplicitamente pensato per lo spazio e la fruizione pubblica: si chiama OutPut e nasce da una brillante e coinvolgente intuizione di Davide Giannella, che curerà durante la fiera un ciclo di performance con il fondamentale supporto della Fondazione Marcelo Burlon».

Giovanni Anselmo_Alfonso Artiaco, January 2022