Milano, l’aria comincia a essere effervescente all’alba della prima giornata dell’Art Week, che vede aprire le danze dei sette giorni caldi per l’arte contemporanea nella città meneghina. In attesa dell’apertura di Miart, le fondazioni, le gallerie e le associazioni culturali si muovono febbrilmente per accendere l’interesse dei numerosi visitatori che si stanno già cominciando a riversare nel capoluogo lombardo. In questa frenesia però c’è qualcuno che vuole far tornare tutti con i piedi per terra, più o meno.
Maurizio Cattelan, dopo 23 anni, torna a esporre un suo lavoro da Massimo De Carlo, più precisamente nella Casa Corbellini-Wassermann, dove lunedì 28 febbraio inaugura la sua nuova esposizione, You. I primi visitatori, ancora tutt’altro che consci di cosa li aspetti, entrano nell’appartamento in viale Lombardia 17 e, alzando leggermente lo sguardo dalle lastricate marmoree che impreziosiscono i pavimenti dello spazio, si trovano di fronte a qualcosa che lascia decisamente di stucco.
Dal soffitto della toilette rimane appeso, ancora ondeggiante, un manichino dallo stesso volto dell’uomo che è riuscito a ricamare il suo mito personale intorno alla provocazione nella sua forma più pura e dissacrante. Una statua di cera dello stesso Maurizio Cattelan accoglie gli ospiti. Nessuno può esimersi dal far passare per la mente il ricordo di quell’installazione che, nel 2004, tanto ha fatto parlare di sé in piazza XXIV Maggio a Milano, con quei tre bambini appesi per il collo che davano il buongiorno al traffico mattutino e che mettevano a dura prova l’ira di tanti perbenisti non abituati a un così esplicito incitamento alla riflessione.
L’opera, come l’artista e gli organizzatori fanno trapelare «indaga gli istinti umani fondamentali: l’amore, l’amicizia, il potere, la perdita e la sconfitta. Questo nuovo lavoro attesta la morte dei grandi poteri infondendo nuove energie nella forza dell’individuo». Criptico e sfrontato nel suo folle genio, Cattelan descrive con questa povera spiegazione una frammentazione del tempo. Qualcosa si è spezzato dopo l’arrivo della pandemia, qualcosa che non tornerà più. L’artista sembra voler suggerire con il suo gesto la più estrema delle prese di coscienza, quella che comunica l’essere restii a qualsiasi compromesso. L’abito elegante indossato dal manichino lo comunica chiaramente, è l’artista che scegli “il come” e “il quando” della sua dipartita, nessun altro.
L’aspra critica al sistema dell’arte non è argomento inedito per il lavoro di Maurizio Cattelan che in più di un occasione si è dimostrato particolarmente ostile verso coloro che nella palude della speculazione artistica si muovono agilmente. Nonostante questo l’artista incarna la più assurda delle incongruenze, per alcuni la peggiore delle ipocrisie, quella di cavalcare ogni singola onda dello stesso sistema che da ormai decenni lo tiene sulla cresta, senza accenni al tentennamento.
L’artista più amato e idolatrato del panorama italiano non è solito ai bagni di folla, lascia parlare il suo lavoro e porta avanti la sua personale ricerca di ciò che sfugge alle mascelle del capitalismo artistico, che riduce tutto a una massa informe da far spacciare al più sprovveduto e incauto dei collezionisti. Nell’oscillare di quel manichino si vede la fine di una dissennata brama di vitalità, tutto si è fermato, non necessariamente per ripartire, forse per ascendere verso qualcos’altro, ma questo lo sa solo lui. Quel folle genio che pur con i piedi che galleggiano nel vuoto, mantiene sulla bocca un sorriso beffardo, cosciente del fatto che tutte queste domande, forse, non servono proprio a nulla.
Maurizio Cattelan, You
28 marzo 2022 – 25 giugno 2022
Casa Corbellini-Wassermann
Viale Lombardia, 17 Milano