Anti-social Car, Viola Pantano racconta il suo ultimo progetto che parla di economia circolare

L'artista racconta Anti-social Car, l'installazione vincitrice del concorso Lazio Contemporaneo

A Frosinone prende posto nella Villa Comunale Anti-social Car la nuova installazione firmata Viola Pantano. L’opera, concepita dall’artista come simbolo di economia circolare, realizzata dall’artista nell’ambito del concorso Lazio Contemporaneo 2020, bandito dalla Regione Lazio per finanziare le opere pubbliche semipermanenti degli artisti laziali under 35, rimarrà nel capoluogo frusinate per i prossimi dieci anni. Viola Pantano, ispirata dalla storia del Lazio Meridionale, strettamente legata alle politiche industriali del dopoguerra e alle successive tappe che segnano la trasformazione dell’apparato produttivo in Italia, riflette su tematiche quali cambiamenti climatici, sostenibilità, welfare, dinamiche produttive, distribuzione della ricchezza e dinamiche nelle relazioni sociali che la recente epidemia ha fortemente influenzato.

Da questi presupposti prende corpo il progetto Anti-social Car, curato da Qwatz, che mostra come la storica utilitaria viene reinterpretata dall’artista per interrogare l’estetica e l’identità delle relazioni durante e dopo la pandemia Covid-19. Partendo dai presupposti dell’arte pubblica, l’opera accoglie i visitatori nell’abitacolo e lo coinvolge in una riflessione sull’ambiente, sul distanziamento, sulla discriminazione, sul valore della comunità e della differenza. L’artista crea una dinamica di ascolto e scambio attraverso una playlist di racconti in forma anonima precedentemente registrati, invitando il pubblico a lasciare la propria riflessione. Il progetto stimola a produrre un racconto collettivo e trasversale su quella che sarà la «memoria del presente». Giocando sull’isolamento reale e virtuale, Viola Pantano propone quindi un dispositivo di relazione per la comunità.

Viola Pantano, insieme alle curatrici Rosa Ciacci e Benedetta di Loreto, raccontano cosa ha significato portare avanti un progetto come Anti-social Car.

Anti-social Car
PH ©Luisa Nieddu

Un dispositivo mobile che ci invita a fermarci e riflettere. Anti-social Car nasce da un’antinomia, qual’è il vero significato di questa nuova installazione ?
Viola Pantano: «L’opera Anti-social car nasce senza dubbio da un rapporto di contraddizione reale o apparente, dipende da che punto la si vuole guardare. Ho un certo debole per i giochi di parole nei miei titoli come si evince da alcune opere precedenti (SMOG, Uomo Sodo, Presepe-passato-futuro o Pantano-Pantone). Anti-social car vuole apparire come un mezzo monoposto, anti-sociale e claustrofobico che risulta alla vista disturbante quasi invivibile o frutto – per chi lo guarda in foto – di una surreale elaborazione digitale di post-produzione fotografica mentre nella realtà si pone come dispositivo di riflessione collettiva, induce a discuterne e quindi ad incontrarsi. Si insidia nella socialità parlando di asocialità».

Anti-social Car
Antisocial Car ph. © Riccardo lancia

Perchè proprio la Panda? Un’icona della cultura italiana certo, ma qual’è il valore aggiunto che la rende qualcosa in più di un semplice modello di automobile utilitaria?
VP: «L’opera Anti-social Car si colloca in un territorio che ha segnato la mia infanzia, se chiudo gli occhi e penso a quando ero bambina, ricordo i paesaggi della Ciociaria oltre il vetro di una Panda, quella che ha accompagnato la mia famiglia nelle azioni più semplici in campagna e quella che, con i miei primi amici muniti di patente, ci ha traghettato nelle notti insonni e vagabonde. C’è sicuramente una nota affettiva profonda e, quando ho iniziato il progetto, ed ero alla ricerca del veicolo giusto, tutto sembrava ricondurre alla mitica Panda: è un simbolo dell’economia del territorio in cui si colloca, legato all’industria automobilistica da oltre 50 anni; nel 2020 – data dei primi bozzetti di Anti-social Car– la Panda ha compiuto quarant’anni e, non da ultimo, quando ho iniziato a discutere il progetto con i designer e gli artigiani che avrebbero collaborato con me è stato chiaro a tutti che la Panda era l’unico veicolo che non avesse curve nel telaio e che -realizzata in modo artigianale come fortemente l’avevo immaginata – ci avrebbe aiutati nel creare un prolungamento armonioso e realistico.»

Benedetta di Loreto: «La Panda è una vettura che ha rappresentato un forte momento di crisi sindacale sul territorio del Lazio Meridionale. Come è noto, l’industria automobilistica ha rappresentato e rappresenta ancora oggi una grossa fetta del mercato del lavoro. Alla fine degli anni ‘70, nel momento in cui si doveva scegliere lo stabilimento in cui produrla, tra le ipotesi c’era anche Piedimonte San Germano. La produzione di un nuovo modello era garanzia di una continuità lavorativa. La casamadre alla fine scelse gli stabilimenti di Desio, Termini Imerese e poi Mirafiori. All’interno del progetto Anti-Social Car si apre quindi una riflessione sul rapporto tra territorio, società e industria che è ancora al centro del dibattito attuale sulle evoluzioni del mercato del lavoro. Oggi il settore automotive sta attraversando un’ennesima transizione, che coinvolge sia la necessità di un’industria 4.0, sia la produzione di vetture con motore elettrico. Entrambe queste tendenze del mercato produttivo riaccendono questioni legate al rapporto tra competitività, posti di lavoro e riqualificazione».

Antisocial Car ph. © Riccardo lancia

Un omaggio alla cultura del Made in Italy e allo stesso tempo un’indagine sulle potenzialità di un’opera nata dal desiderio di scoprire l’estetica e l’identità delle relazioni in un momento storico senza precedenti. Cosa hai scoperto al termine di questo viaggio che ti ha visto impegnata nella sua realizzazione?
VP: «Ho fatto i primi schizzi ad agosto del 2020 ed è stato sicuramente un lungo viaggio, un lavoro con il quale ho avuto la possibilità di innescare meccanismi a catena di produzione, creazione, conoscenze e conoscenza. Ora la trovate alla Villa Comunale di Frosinone per i prossimi dieci anni e, a dire la verità, per me il viaggio non è finito, anzi direi che è iniziato… Rosa Ciacci, l’altro pomeriggio insieme, mentre discutevamo del progetto, ha detto una frase che mi ha colpito: “…considera questi mesi di ideazione, ricerca e produzione come mesi di gestazione; ora la macchina è nata, vive a Frosinone e deve crescere”. Quindi, sì, confermo, il viaggio è appena iniziato!»                                             

La produzione di “Anti-social car”ti ha portato a lavorare all’interno della storica Carrozzeria Rizza. Come descriveresti l’esperienza che ti ha visto operare gomito a gomito con professionisti lontani dal mondo dell’arte?
VP: «Credo che inserirmi – con un mio processo di creazione – all’interno di realtà produttive stia sempre di più diventando una componente fondamentale per me, una maniera di fare e di agire che trovo giusta per il mio lavoro. Essere un’artista può significare tante cose; per me è imparare ogni giorno nuovi mestieri. Utilizzo davvero mezzi diversi e varie tecniche nelle mie opere ma, allo stesso tempo, ho la pretesa di sporcarmi letteralmente le mani in ogni lavoro, quindi non ho scelta. Ogni volta è una sfida più grande. “Anti-social car” è l’emblema di tutto questo, trasuda sogni, visioni, problemi risolti e non. Suggerisce mille mani sapienti che lavorano all’unisono cercando di avvicinarsi al traguardo ogni giorno un po’. Il progetto ha visto la collaborazione reale delle mani di 65 persone e, per questo, vorrei citare una frase a me molto cara che incarna tutte le dimensioni di Anti-social car: “Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un’artista.” Francesco d’Assisi.
Credo che si possa ambire alla realizzazione di una grande opera con il solo presupposto di far convivere almeno un’artista, un artigiano e un “lavoratore”… il tutto, perché no, in rari casi, anche nella stessa persona».

BdL: «Vedere Viola operativa all’interno della carrozzeria è stato per noi  un’ennesima conferma di come la presenza di un artista in azienda sia fonte di preziosi stimoli, aspetto su cui stiamo lavorando molto. Il proprietario dell’officina, Alberto Rizza, ha più volte sottolineato come il progetto sia stato per gli operai con cui lavora l’occasione di sperimentare nuove lavorazioni, cercare soluzioni creative per risolvere problemi strutturali, su un’auto che andava a stravolgere il suo progetto originario e richiedeva quindi una specificità tutta sua».

Quale è stata la risposta dei collaboratori? Questo scambio è stato produttivo anche per l’azienda in cui l’artista si è insediata?
Rosa Ciacci: «Questa è una domanda per cui siamo in grado di rispondere senza pensarci molto….perché abbiamo più volte respirato l’aria che tirava in carrozzeria. L’hai citata sopra, parliamo della Carrozzeria Rizza, un posto speciale che già da tre generazioni – è nata nel 1949 – si occupa di automobili. Da piccola officina di falegnameria oggi è un’industria eccezionale a livello mondiale soprattutto per il restauro di auto d’epoca: ed è qui a Roma, in via Prenestina. Per “Anti-social Car” arrivare in Carrozzeria Rizza non è stato facile, ricordiamo benissimo le innumerevoli conversazioni al telefono e sulla mail con Viola; all’inizio eravamo un po’ sottotono perché nessuno riusciva a capire il progetto, e quindi ad accettarlo. Poi, un giorno, è arrivato l’incontro con Alberto Rizza, ed è iniziato tutto… Anti-social Car è nata piano piano grazie alla visione di Alberto che  – pur non avendola compresa appieno all’inizio – aveva visto nel progetto qualcosa: questo qualcosa ha fatto sì che Viola potesse concepirla, costruirla, montarla, smontarla, pensarla e ripensarla insieme a tutti i collaboratori di Rizza. La risposta è stata totale, anche se ci sono stati momenti difficili: due mondi lontani, ma non molto diversi, si incontravano per la prima volta, come un incontro tra due persone che sentono qualcosa ma che hanno bisogno di tempo per capirsi vicendevolmente. Benedetta ed io per prime, per provare a capire la sintonia tra Viola e tutto il team della carrozzeria, la prima volta che l’abbiamo visitata abbiamo intervistato Alberto. Una tra le prime frasi che ha detto è stata “questo è il progetto più brutto che ho fatto fino ad ora”. All’inizio ci siamo quasi bloccate, poi Alberto ha continuato a parlare e abbiamo capito meglio il senso profondo di questa frase. Senza dilungarci molto qui, Alberto aveva intuito che la novità rappresentata da Viola, come artista, in carrozzeria poteva fare bene a tutti i suoi collaboratori che avrebbero avuto la possibilità di sperimentare sia nuovi pensieri, sia nuovi campi di lavorazione. Lo scambio è stato enorme e vicendevole: Viola ha dato a tutti loro e tutti loro a lei. Erano una squadra, e Viola si mimetizzava benissimo, “mesi e mesi in tuta” – per citare una tra le sue frasi più ricorrenti – concentrata nella sua postazione, a volte da sola, a volte no. Sì, Anti-social Car ha rappresentato un’ottima esperienza per entrambi».

L’opera verrà installata nella Villa Comunale di Frosinone, punto di ritrovo di residenti e visitatori della città. Quale risposta vi aspettate da un pubblico così trasversale ?
RC:«Quello che ci aspettiamo è un po’ quello che sta accadendo a pochi giorni dall’inaugurazione dell’opera, il 5 marzo scorso. Viola direbbe “la risposta è davvero trasversale come lo è il suo pubblico”. Infatti è così che sta andando. La risposta è variegata: l’artista ha ricevuto moltissimi complimenti, anche mentre stava installando, per esempio; parecchi sono stati i visitatori della Villa che l’hanno circondata per chiederle cosa stava facendo. Alcuni, addirittura, in sua assenza, si sono improvvisati “guide”; Viola ne ha scovato uno in particolare mentre spiegava Anti-social Car ad un gruppo di persone, anche con suo enorme stupore giacché, quello stesso, aveva ricevuto da lei poche informazioni se non qualche ora prima. Ma ci sono stati anche feedback più critici da molti cittadini che non riescono ancora ad accettare la Panda di Anti-social Car allungata e monoposto, sbizzarrendosi sul web in pagine locali. Lo immagini, vero? Il fatto è che bisognerebbe avere (e dare) alle persone più spazi di confronto, sarebbe molto più costruttivo se queste persone contattassero Viola e facessero direttamente a lei le critiche invece che lanciarle online solo per esprimere un’opinione. Prossimamente ci auguriamo di riuscire a instaurare un dialogo aperto con chi avrà la possibilità di visitare la Villa: stiamo pensando ad una serie di iniziative per coinvolgere cittadini, visitatori, appassionati e speriamo che da queste possano nascere nuovi spunti e ,perché no, far ricredere qualche persona».

BdL: «Quella che viene genericamente definita “arte pubblica” spesso attiva delle dinamiche con gli abitanti dei luoghi in cui si inserisce. Come dicevamo, Anti-Social Car apre al territorio delle riflessioni sulla sua identità, sull’evoluzione sociale che c’è stata nel Lazio Meridionale con l’industrializzazione, e sulla crisi che il settore produttivo sta vivendo. Il COVID-19 ha portato il mondo intero a riflettere sulla nostra condizione di individui, di singoli elementi all’interno di un sistema che, per cause di forza maggiore, è stato interrotto, parcellizzato, distanziato. Nella solitudine del proprio isolamento, molti hanno intuito o elaborato il senso del rapporto tra sé e la comunità di riferimento. Avere la possibilità di dialogare con un pubblico così trasversale è l’occasione per raccogliere testimonianze, opinioni e reazioni non protette dalle cornici teoriche dell’arte contemporanea. E questo è l’aspetto più interessante. L’auto sarà un dispositivo attraverso cui aprire al pubblico delle domande, uno strumento di racconto, di indagine sociale, di provocazione estetica, di “monitoraggio” culturale. Personalmente mi aspetto molte critiche sulla logica di spesa della Regione, sull’estetica dell’opera, riflessioni in linea con il “…lo potevo fare anche io”. Credo possa anche essere un oggetto che genererà la curiosità di chi ama la manualità, il fare. Realizzare un’auto assurda come Anti-Social Car è un visibile sforzo tecnico che ha generato forzature concettuali e pratiche, attraenti per il pubblico di un territorio di esperti dell’automotive».

Anti-social Car
Anti-social Car ©Viola Pantano

L’opera rimarrà nella location prestabilita per 10 anni, inevitabilmente il suo aspetto cambierà. Qual’è la vostra idea riguardo l’evoluzione dell’installazione nel corso del tempo?
RC: «Noi – ne abbiamo anche discusso con Annalisa Casino e Roberta Pietrobono di Eticae SiA e con Carlotta Mastroianni di Ada Art Advisor (main partner del progetto) – siamo pronte a tutte le eventuali “evoluzioni” -passateci il termine – della macchina: “Anti-social Car” sta all’aperto, è pubblica. Detto questo, è vista come un’opera e non crediamo verrà vandalizzata ma tutto può succedere e, in caso, prenderemo questi gesti come dati da analizzare. Ogni gesto, ogni azione: tutto ha un significato.
Siamo consapevoli che dovremo lavorare molto per raccontare la presenza della macchina nella Villa ma siamo positive, già in molti l’hanno capita, già molti la sentono propria, la raccontano, la vivono e, in un certo qual senso, la difendono: si prendono cura di lei. Da macchina simbolica, in quanto autoveicolo, a nuovo simbolo identitario capace di esistere con un nuovo design che, per quanto non gli dia la possibilità di muoversi, tiene in movimento tutto quello che gli sta intorno attraverso sguardi, domande, riflessioni. Per citare ancora Viola: “Anti-social Car è una macchina parcheggiata per sempre, ma sempre in movimento…”».

BdL: «Per animare il dialogo con il pubblico, abbiamo pensato di attivare dei QR Code che progressivamente andranno a porre delle riflessioni. Ci interessa utilizzare l’auto per stuzzicare il senso di appartenenza ad una comunità, per stimolare una riflessione sulla riappropriazione dello spazio urbano e per valorizzare le opinioni dei cittadini».

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