La memoria di Sadegh Hedayat in un viaggio tra Parigi e Teheran da Studio Sales a Roma 

Cosa spinge l’essere umano a voler osservare il proprio vissuto cristallizzarsi sulla carta? Probabilmente il semplice fluire delle parole si trasforma in medicina per l’anima e veder scorrere le lettere sul foglio sa dare la senzazione che qualsiasi sia il proprio male, una volta che questo ha preso forma, sarà più facile affrontarlo. Questo probabilmente è ciò che può spiegare la ragione che si cela dietro la relazione epistolare tra lo scrittore iraniano Sadegh Hedayat e il suo fedele amico Hassan Chaid-Nourai. Una vita dedicata alla scrittura in ogni sua forma quella dell’autore del celebre romanzo La civetta Cieca. La parola è protagonista della sua vicenda esistenziale, sofferta, dolorosa, che porta l’uomo al suicidio, in una soffitta di Parigi, dopo mesi di isolamento autonomamente imposto. É il 9 aprile 1951 e Sadegh Hedayat muore.

A Roma, nell’appartamento di Norberto Ruggeri, Studio Sales, ha aperto una nuova esposizione che riaccende la memoria proprio di quell’uomo che tra le righe del suo vissuto ha nascosto un enorme bagaglio di esperienze e riflessioni. Ancora oggi queste non riescono a celare la miriade di interessi che hanno saputo impreziosire la biografia di Hedayat. È proprio questa l’origine dell’ispirazione dell’artista Mitra Divshali, autrice della mostra curata da Laura Cherubini, dal titolo Vermicelli Persiani, proprio a ricordo di quella scrittura farsi, tanto cara a Hedayat, dato il suo interesse per il folklore iraniano.

Torna nell’esposizione romana quella corrispondenza con il fidato Hassan Chaid-Nourai, che dopo anni di oblio riemerge dal dimenticatoio, più precisamente nel 2001, anno in cui viene per la prima volta pubblicata la loro raccolta di lettere da una casa editrice parigina. L’artista rielabora questi documenti, frammentandoli e ricomponendoli, dando forma a un nuovo alfabeto, astratto per molti, capace di fare eco alla forma della scrittura farsi, per chi ha il desiderio di volerla vedere. 

L’epistolario su cui Mitra Divshali lavora racchiude gli ultimi anni di vita dello scrittore iraniano e sono testimonianza del tempo trascorso a Teheran, delle vicende politiche di cui l’intellettuale è attento osservatore e del triste epilogo verso cui la propria esistenza stava venendo volontariamente dirottata. I viaggi, frequenti, da Parigi a Teheran sono lo sfondo di questo rapporto epistolare. Il tema dell’itinerario geografico si mescola inevitabilmente a quello esistenziale. La mostra si struttura ad anello quasi a suggerire quella circolarità che segue la biografia di ogni individuo. 

Ogni viaggio non è però tale senza interruzioni, o per meglio dire in quest’occasione “interferenze”. Oltre alle tele esposte a parete nella sala principale dello Studio Sales viene posta un’installazione con neon e alluminio che traccia il sentiero ideale tra la capitale francese e quella iraniana. Si tende un filo che l’occhio segue fino all’incontro con uno schermo, su cui viene proiettato l’inedito video Interferencies, realizzato appositamente dall’artista per l’occasione e prodotto da Beatrice Bulgari, fondatrice e Presidente della Fondazione In Between Art Film. Il video, diviso in cinque capitoli, si compone di fotografie d’epoca che danno un viso a quell’uomo tanto misterioso, frammentato nei brandelli di quelle lettere che ne compongono un ritratto inafferrabile.

Vermicelli Persiani, Mitra Divshali, a cura di Laura Cherubini
Studio Sales
22 marzo 2022 – 20 maggio 2022
Piazza Dante, 2, Roma