Una casa di foglie e fogli, Z2O project presenta la personale di Cesare Tacchi

Da Sara Zanin a Roma il bosco e il giardino sono i protagonisti indiscussi della serie di lavori del pittore romano

Nel suo spazio di via Baccio Pontelli, parallelo agli ambienti di via della Vetrina, Z2O ospita Una casa di foglie e fogli, personale di Cesare Tacchi (1940-2014) inaugurata il 19 febbraio e aperta fino al prossimo 16 aprile. La mostra – curata da Daniela Bigi – raccoglie alcuni lavori del pittore romano, risalenti agli anni Ottanta e Novanta, con l’obiettivo di gettare ulteriore luce sul rapporto di Tacchi con il bosco e con il giardino. Un rapporto che, pur suggellato da opere ben più celebri come Secretaire, affonda le sue origini nell’infanzia del pittore. “Avevo forse quattro anni – scrive Tacchi – e dormivo in una camera/ che aveva carta da parati / c’erano tutte foglie verdi insomma / dormivo nel bosco”. Le parole del pittore, riportate dalla curatrice nel testo critico, sottolineano il carattere mediato della sua relazione con una natura che abita il limbo tra realtà e astrazione. Tacchi però sembra guardarsi bene dall’addentrarsi in quella forzatura, a volte eccessivamente scolastica, che vorrebbe la realtà (il bosco) come rigidamente contrapposta alla sua formalizzazione intellettuale e linguistica (il giardino). Al contrario, la partita sembra giocarsi tra due anime del linguaggio: all’esattezza scientifica della trascrizione, una delle possibilità espressive di un codice, Tacchi ribatte con decisione riaffermandone il potenziale simbolico. La logica interna al reame vegetale – questo pare dirci il pittore – è fortemente refrattaria a ogni parafrasi, e vano è il tentativo di chi prova con ogni mezzo a svelarne le dinamiche interne. Ne Il pensare tra il fare – tela di cui è esposta anche una litografia preparatoria – la testa di un uomo, che emerge dal fogliame, appare adagiata tra le sue mani. La tradizione filosofica occidentale ha troppo messo la razionalità davanti all’esperienza. “La vita umana – scriveva già Georges Bataille ne La critica dell’occhio – è stremata di servire da testa e da ragione all’universo”.Più recentemente anche Nicolas Bourriaud (Inclusioni. Estetica del Capitalocene) si è scagliato contro il “bisogno” tipicamente umano “di totalizzare e di esplicare il mondo che lo circonda”: alle compiaciute, e spesso vane impennate dell’intelletto, il critico francese risponde facendosi portavoce dell’inesplicabile. L’uomo, spogliato di ogni certezza, ha in mano nulla: questo il titolo, altrettanto incisivo, della tela sulla parete opposta. Messo da parte il desiderio di controllo, l’uomo perde il volto. Per la sua individualità, in quelle “foreste di simboli” già evocate da Baudelaire, non sembra esserci spazio. Queste prendono vita nelle due tele delle Foglioline e nell’opposto dittico di Viaggio al termine della notte secondo i canoni della pittura. Il dittico è una personale rielaborazione della griglia modernista, la cui tradizionale “ostilità nei confronti della narrazione” (Rosalind Krauss), è guidata da una dinamica di segno inverso rispetto al progetto avanguardistico: lungi dal porsi al servizio dell’autoreferenzialità della forma, la griglia in Tacchi è, nella felice formula di Daniela Bigi, “sintesi ragionatissima ma altresì misteriosa”, nella quale il canone non è più limite ma stimolo, strumento di recupero di un’immaginazione. “Scriveva sempre con la matita – confessa la figlia dell’artista – per avere sempre la sensazione di disegnare”, e proprio nella pratica quotidiana del disegno e della pittura Tacchi ritrovava l’immaginazione e soprattutto la libertà.

Cesare Tacchi. Una casa di foglie e fogli
a cura di Daniela Bigi
Dal 19 febbraio al 16 aprile 2022
Z2O project, Via Baccio Pontelli, 16, Roma

Info: https://www.z2ogalleria.it/

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