«Quando Gianni veniva in stamperia per lavorare, accompagnato dalla compagna Michelle, prima di tutto andava a toccare le pietre per scegliere quella con la quale avrebbe cominciato a lavorare, noi gli preparavamo i materiali e chiudevamo bottega, lasciandogli tutto lo spazio di cui avesse bisogno», lo raccontano Romolo e Rosalba Bulla, della Litografia Bulla, in un testo del catalogo “Litografia Bulla, un viaggio di Duecento anni tra arte e tecnica”, edito da Editalia. Un testo scritto da Flaminia, figlia di Romolo, che insieme alla sorella Beatrice oggi lavora nella bottega di famiglia. E tutti insieme hanno organizzato la scorsa settimana un omaggio al Jannis Kounellis, una mostra con alcune sue opere a ricordare il sodalizio tra la loro Litografia, una delle più antiche in Europa ancora in attività, e uno dei più significativi interpreti della storia dell’arte contemporanea. La mostra, allestita negli spazi della bottega in via del Vantaggio e nella finestra su strada, ha presentato alcuni dei multipli realizzati da Kounellis nella stamperia. Una mostra intima e profonda, di grande interesse per conoscere da vicino un volto inedito di un grande artista. La Litografia Bulla è depositaria di molte di queste storie, le pareti, ancora originali e consumate dal tempo, sono testimoni di una tradizione secolare votata all’amicizia con gli artisti, tutti protagonisti della scena contemporanea romana della seconda metà del Novecento, che in questa bottega trovavano un punto di incontro e di riferimento per la realizzazione di opere e progetti.
Kounellis, come scrive Flaminia Bulla nel suo testo “praticava un’arte dettata dalle circostanze individuali e sociali, e seguiva un pensiero che considerava la storia nella sua continuità. L’uomo, la musica, il forte legame con la Grecia antica, il viaggio e, dunque, la storia: questi i temi preponderanti del suo discorso, in cui l’uomo è sempre preso come misura di tutte le cose, perché portatore di memoria individuale e collettiva”.
E nell’esposizione questo tratto emerge chiaro ed evidente, nonostante le poche opere esposte. Un omaggio che è sembrato pensato apposta per accompagnare il testo del catalogo, un ricordo che è, insieme, personale ma utile per continuare ad apprezzare la personalità di Kounellis e il suo emblematico rapporto fisico e viscerale con la sua arte: “Subito cominciava a pensare, il volto ombroso, camminando su e giù come un lupo per lo studio, raccolto in una concentrazione formidabile, quasi palpabile, ma allo stesso tempo estremamente aperto ad accogliere gli stimoli che gli arrivavano dalle conversazioni e dagli oggetti stratificatisi nel tempo e aperti, a loro volta, al dialogo. Nel frattempo noi parlavamo con Michelle, in quegli anni si parlava di tutto. Improvvisamente Gianni si fermava, forse attratto da quel che dicevamo ed entrava nel discorso scambiando con noi qualche battuta. Poi, senza preavviso, lo vedevi letteralmente partire sulla pietra con tutta l’energia possibile; sembrava quasi la volesse aggredire, saltandoci sopra con le mani e le con le unghie, quasi volesse scavarci dentro, entrarci come per riportare alla luce qualcosa. Le mani e le maniche della camicia completamente nere, non gli importava. Continuava così per moltissimo tempo, completamente assorto, finché la pietra non gli sembrava diventare duttile, diventare la pietra che voleva”.