Damien Hirst non è nuovo alle accuse di plagio che ormai lo accompagnano da anni. Durante la carriera dell‘Enfant Terible dell’arte contemporanea non sono pochi gli artisti che si sono sentiti derubati di tecniche e stili per i quali poi Hirst è stato osannato dalla critica e dal grande pubblico. Questa volta è il turno di una delle sue serie pittoriche più recenti, Cherry Blossom.
I fiori di ciliegio di Hirst sono stati i protagonisti della sua ultima mostra a Parigi alla Fondazione Cartier e proprio il successo dell’esposizione ha dato vita alla nuova polemica in cui L’ex YBA è coinvolto. L’artista Joe Machine, infatti, accusa l’artista britannico di aver preso qualcosa di più della semplice ispirazione dai suoi lavori che in effetti vengono datati a qualche decina di anni fa, ben prima di quando Hirst a cominciato a dedicarsi alle sue ultime pitture.
«Ho visto i quadri di Hirst e, per un momento, ho pensato che stavo guardando i miei quadri» afferma Machine all’Observer e continua «i rami molto scuri, i cieli blu polvere e le macchie di fiori rosa sono troppo simili per essere una coincidenza»
La serie dei Cherry Blossom viene conclusa da Hirst nel novembre del 2020, come l’artista stesso comunica sui social al suo pubblico sempre attento alle ultime operazioni che Hirst ama divulgare sul web, in particolare su Instagram dove è attivo quotidianamente. L’esposizione parigina appena terminata viene subito seguita da una nuova iniziativa che porta questa volta i suoi fiori di ciliegio fino al Giappone.
Le polemiche non sembrano toccare Damien Hirst che rimane impassibile di fronte ad ogni genere di accusa. Negli ultimi tempi il nome dell’artista ha nuovamente ingombrato le pagine di tutti i giornali. Ha fatto il giro del globo la notizia dell’infondatezza delle parole dell’artista che nel 2007 annuncia di avere venduto una delle sue opere più celebri, For the Love of God, l’iconico teschio tempestato di Diamanti, per la cifra astronomica di 100 milioni di dollari. L’opera sarebbe ancora custodita a Londra senza mai essere stata acquistata da nessun collezionista privato.
La notizia della vendita sarebbe stata più importante della vendita stessa e come sempre anche in questo caso Hirst ha rimarcato il suo straordinario talento nel far parlare di sé. Un talento nel settore della comunicazione che non sembra accennare ad arrestarsi. L’originalità nell’arte non è ormai lo più essenziale dei parametri. La promozione del proprio nome e il proprio brand, utilizzando termini coerenti con la materia di cui si sta trattando, non più arte ma marketing, è essenziale per il personaggio che negli anni Hirst ha saputo costruire attorno alla sua figura.
Anche con la nuova notizia di plagio ci si trova di fronte all’ennesima prova di questo talento ma fin quando è lecito lasciar correre? Lasciamo ai posteri l’ardua sentenza ma le parole dell’artista Charles Thompson esplicano perfettamente il timore più grande che questa vicenda ci lascia: «Ho pensato che fossero di Joe – e poi ho capito che erano di Hirst. Se la gente vede il lavoro di Joe, penserà che sia lui ad averlo copiato»