Maestro della Secessione viennese, scandaloso artista, amante appassionato, Gustav Klimt, durante la sua intensa e prolifica carriera, incarna ognuno di questi ruoli. A Vienna, a cavallo tra la fine del ‘800 e il principio del ‘900, viene venerato da molti dei potenti ma rimane capace di strabiliare ogni genere di spettatore con le sfarzose opere decorative che fregiano la città. Un pittore prolifico, convinto sostenitore dell’importanza collettiva dell’arte e del superamento delle differenze tra arte maggiore, dedicata ad un pubblico elitario, e minore, riservata al popolamento dotto e ricercato.
La sua epopea creativa comincia con il tumulto dovuto alla forte esigenza rinnovatrice che vede la capitale austriaca al centro del movimento, poi passato alla storia come Secessione Viennese. Gustav Klimt, insieme ai suoi compagni, opera e combatte, infatti, per un obiettivo: stimolare e diffondere la sensibilità artistica del loro tempo. Giovani creativi si ergono contro il colosso dell’accademismo per incrinarne la spessa struttura di regole nelle quali i nuovi esponenti del movimento riconoscevano l’autoritaria morsa del potere, simbolo di un impero diretto verso la fase conclusiva del suo dominio, che volevano lasciare alle loro spalle.
Insieme ai suoi giovani compagni Gustav Klimt è protagonista di una nuova e importante esposizione a Palazzo Braschi, nel cuore della Capitale visitabile dal 28 ottobre al 27 marzo 2022.
Per la mostra romana, che celebra il rapporto tra l’Italia e il maestro viennese in occasione dei centodieci anni dall’apertura della Biennale di Venezia che ne ospitò i grandi capolavori nel 1911, sono state raccolte e organizzate alcune tra le opere maggiori dell’animatore della secessione viennese; tra queste l’iconica Giuditta I che ruba il volto di una delle signore di maggior prestigio dell’epoca: Adele Bloch-Bauer, di cui si bisbiglia che il pittore era anche un focoso amante.
Una mostra in cui viene esplorato, dunque, con attenzione il rapporto che l’artista austriaco stringe con la scena artistica della penisola e come l’arte italiana influenza il suo linguaggio e la sua ricerca. L’oro che inonda le sue opere non può certo che provenire da altra suggestione se non quella delle vista delle volte auree e delle immagini decorative dei luoghi di culto cristiani in stile bizantino. Così come è evidente l’influsso dell’arte di Gustav Klimt nelle ricerche dei pittori nostrani del primo ‘900 come Chini, Primi, Lionne e Casorati.
Da notare, inoltre, l’attenzione verso l’impegno grafico di Gustav Klimt dedicata dagli organizzatori dell’esposizione Franz Smola, curatore del Belvedere di Vienna, Maria Vittoria Marini Clarelli, sovrintendente capitolina ai beni culturali, e Sandra Tretter, vicedirettrice della Klimt Foundation della Capitale viennese. Sono raccolti in mostra, infatti, una lunga serie di disegni preparatori e studi compositivi che mettono in luce la quasi ossessiva brama di osservazione del cosmo femminile da parte dell’artista. Una sintesi tra arte del passato e linguaggi innovativi, perno centrale dell’indagine di Klimt che esplora il concetto di rappresentazione con un occhio tutt’altro che pudico, rendendo la figura femminile l’inaccessibile idolo della sua stessa arte.
L’universo klimtiano ruota, infatti, attorno alla femme fatale e il suo provocatorio naturalismo: le labbra socchiuse, le dita sottili, affilate come artigli, gli occhi languidi ma penetranti e il pallore della cute sono dettagli ricorrenti in una serie di rappresentazioni che viaggiano sospese tra l’inquieta visione di un gentil sesso allo stesso tempo letale e alimentatore di desiderio inappagabile.
Info: http://www.museodiroma.it/it/mostra-evento/klimt-la-secessione-e-l-italia