Lo spettatore è invitato ad assistere alla performance al di fuori dello spazio espositivo, da una vetrina che affaccia sulla strada. Una cassa all’esterno riproduce indicazioni date da una voce virtuale. Un corpo reagisce alla voce con una serie di movimenti che variano d’intensità.
I.T.P.A. Immersive Tantric Painting Awareness è uno degli ultimi progetti che vede coinvolta Caterina Silva, tra i finalisti dell’ultimo Talent Prize.
La performance, in collaborazione con “Liza”, Elizaveta P. Buzytsky, è stata presentata a Berlino presso la galleria RETRAMP sotto la curatela di Valentina Galossi. Interessata alle dinamiche creative che approfondiscono e includono nella loro pratica il rapporto con il corpo dell’artista, con lo spazio o luogo dell’esibizione e con lo spettatore, presenta un progetto basato sul corpo e sulla voce.
“L’idea” ci spiega la curatrice “nasce come risposta artistica al distanziamento sociale”.
Concepita tra Roma, New York e Berlino è mostra che esplora le possibilità di un progetto concepito per una fruizione live e on-line.
“Le modalità di percezione di un’opera d’arte variano molto a seconda del tipo di rapporto emozionale che si riesce ad instaurare con l’opera stessa – continua Valentina Galossi- quindi la scommessa di questa mostra era riuscire a stimolare un nuovo tipo di approccio sensoriale nello spettatore, per avvicinarlo alla pratica artistica. Un invito a partecipare idealmente al processo di creazione delle opere d’arte di Silva, avviene nel voice over audio di Buzytsky”.
Caterina Silva coglie l’occasione per avviare un dialogo serrato in cui far convergere le rispettive ricerche su dinamiche di potere, spiritualità, erotismo, consapevolezza, visione.
“Le istruzioni di Liza- ci spiega Caterina Silva- contengono elementi di pratiche tantriche mescolati ad altri tipi di meditazione e intermezzate da frasi più esplicite in cui l’uditore è spinto a sottomettersi al potere delle parole. Il ritmo crescente e le sincopi aiutano questo processo di immersione e distacco”.
Allo spettatore viene richiesto di relazionarsi con i tre quadri di Silva, presenti nello spazio della galleria: due dalla serie 15Kg, lavoro cominciato nel 2016 e in continua evoluzione e uno dal ciclo Forme di non-potere.
“Mi incuriosisce molto l’idea di trovare sempre modalità differenti per imparare ad assorbire meglio l’esperienza artistica. L’opera d’arte – continua la curatrice- è un’esperienza, il dipinto non è solo da guardare ma da annusare e quasi da toccare”.
Moira / Mɔjra / Mɔɪ.rə è il titolo del progetto ideato da Caterina Silva per MACTE Digital, piattaforma digitale del Museo di Arte Contemporanea di Termoli, curato da Marta Federici.
“Moira è anche il nome di una creatura che cambia forma e formato, specie e genere, dimensione. Mangia latte e vomita parole. Passa con disinvoltura dal mondo virtuale a quello fisico, compie gesti che possono essere una ginnastica per il soggetto futuro” ci spiega Caterina Silva.
Come spiega l’artista, Moira è un tentativo di capire quale confine separa una cosa da una persona e una parola da una cosa. Parte da domande semplici, come chiedersi perché il corpo di un migrante possa essere abbandonato in mezzo al mare come un oggetto (non-persona), mentre un feto guadagna automaticamente lo status di soggetto (persona) attraverso meccanismi culturali e religiosi escludenti.
“Moira gioca con il linguaggio su vari piani e tenta una sovversione magica di questi meccanismi. Un effetto paradosso per cui si usa la stessa arma con cui si è oppressi, la parola, la norma, per svuotare e risignificare il linguistico con l’ineffabile, l’algoritmo con l’incantesimo” ci racconta Caterina Silva.