Il Ministero della cultura sbarca su Tik Tok: anche le istituzioni sono in prima linea per le nuove sfide della digitalizzazione

La digitalizzazione è un fenomeno inarrestabile. La spinta verso il rinnovamento dei sistemi di operatività in qualsiasi settore, che grazie alla pandemia ha potuto godere di una propulsione fuori dall’ordinario, non ha ancora dato cenni di rallentamento. Ad esso è naturalmente seguita un’alterazione di quelli che erano i metodi standardizzati con cui si è sempre portata avanti la propria comunicazione. 

Il settore della cultura è stato avvolto da una nube di polvere levata dai dibattiti tra partiti: da una parte i più tradizionalisti degli utenti e i più conservatori dei professionisti, e dall’altra i progressisti, coloro che intravedono in questa nuova dimensione, messa nelle nostre mani dai futuristici mezzi della tecnologia, l’unica strada da poter seguire. 

L’adeguamento al fenomeno della digitalizzazione è stato comunque un obbligato sentiero su cui tutti hanno percepito la necessità di mettersi in cammino, chi con più entusiasmo e chi con l’amaro in bocca. L’impossibilità di esistere al di fuori di uno scenario digitale durante i mesi di lockdown ha reso cristallino l’obbligo di trovare un metodo di conversione delle realtà, anche di quelle più ostiche, come si sono dimostrate essere quale affini al mondo della cultura. 

Le innegabili potenzialità dei social network sono state timidamente approcciate dalle istituzioni: dalle più importanti, di calibro internazionale, a quelle più piccole e meno popolari, fino a raggiungere un sempre più concreto grado di consapevolezza delle loro possibilità. I musei si sono cimentati nella ricerca di nuovi linguaggi e partendo per questa odissea nello spazio digitale hanno compreso che esportare cultura è possibile, anche attraverso la rete.

In queste ore stiamo assistendo ad un nuovo passo in avanti da parte del mondo della cultura che sbarca ufficialmente sul social network più amato dalle generazioni più giovani, Tik Tok.

La piattaforma ha già da tempo catalizzato l’interesse delle istituzioni culturali come il Museo degli Uffizi di Firenze, ma è unanimemente riconosciuto come il contenitore più temibile tra i più popolari, data la difficoltà di convertire al linguaggio preferito dai teenager di una generazione intraprendente, sicura e individualista, i valori e i patrimoni che i musei custodiscono. 

Generare intrattenimento. Questo è lo scopo di un contenitore digitale come Tik Tok. L’arrivo del Ministero della Cultura è certamente stato stimolato dalla necessità di promuovere un’altra interessante piattaforma che ha saputo accendere dibattiti, ITsART, il servizio streaming ardentemente desiderato dal Ministro Dario Franceschini. 

Il social network che si accinge ad affrontare il Ministero della cultura è un luogo potenzialmente ostile: spesso si sono osservate campagne di comunicazione intraprese da parte di brand che hanno errato nella scelta di un registro inadatto. Pochissimi casi sono in grado di mostrare quali regole seguire per ritagliarsi il proprio spazio su Tik Tok senza rischiare di sentirsi fuori luogo.

Nonostante questi timori, la sfida è stata accettata.

Ciò che sembra essere possibile leggere tra le righe di questo canovaccio è un tentativo di avvicinamento del mondo della cultura, e quindi delle istituzioni che la rappresentano, alle realtà più giovanili e ai canali di suggestione in cui gravitano le nuove generazioni. Popolare i musei, ed allo stesso modo cinema e teatri, di ragazze e ragazzi è necessario affinché lo scopo per cui nascono i luoghi della cultura sia raggiunto: trasmettere conoscenza, salvaguardare la bellezza e proteggere la memoria.