A metà tra fiaba e leggenda, inizia sabato 24 luglio a Cortina d’Ampezzo (BL) la seconda edizione della rassegna Sentieri d’arte, con il progetto Pupille, un’iniziativa di Benni Bosetto, Cuoghi Corsello, Dado, Maurizio Mercuri, curato da Fulvio Chimento e Carlotta Minarelli.
Una mostra di arte pubblica, che si articola tra i sentieri di Pian de ra Spines, Pupille si ispira al ricco patrimonio di storie connesse alle Dolomiti, che rappresentano un corpus di rilievo all’interno della letteratura italiana di genere. Il progetto artistico riflette l’immaginario delle narrazioni fantastiche ambientate lungo l’arco dolomitico, legate al territorio di Cortina e alle zone limitrofe.
IL CONCEPT
Le opere degli artisti sono state realizzate appositamente per essere collocate nei boschi del sentiero di Pian de ra Spines, con l’intento di creare un percorso onirico in grado di coinvolgere i sensi e di interagire con la dimensione sinestetica del pubblico. In questo scenario rivelato con uno sguardo fantastico il visitatore di ogni età ritrova la propria dimensione legata all’infanzia. Pupille risale alle ragioni che determinano la genesi della letteratura fantastica, nata per esorcizzare paure, misurarsi con l’ignoto, sovvertire schemi e formule precostituite, ricercare valori e principi che possano guidare l’essere umano nelle avventure della vita. Le opere interpretano in forma visiva la parola narrata (o scritta), generando un percorso ispirato alla letteratura, che rinnova e attualizza il patrimonio letterario legato a questi luoghi.
Per tutte le specie viventi, le pupille sono il medium tra mondo esteriore e interiore: questi organi riflettono (e immagazzinano), come uno specchio, tutto ciò su cui il nostro sguardo si posa, sono la chiave dell’inconscio, si dilatano o si restringono in base alle variazioni della luce e alle emozioni che l’oggetto osservato suscita in noi. Le pupille costituiscono anche un riferimento diretto al mondo dell’infanzia: è lo sguardo a influenzare in modo potente il processo educativo e di apprendimento che si instaura tra bambino e adulto. Il termine deriva dal latino pupa: “bambola”, per la piccola immagine che all’interno vi si vede riflessa. Il titolo si riferisce anche alla soggettività che caratterizza lo sguardo dell’artista sulla realtà in divenire, tanto che questa relazione con il mondo delle cose ne condiziona la sensibilità: l’arte come sguardo primigenio, limpido e indagatore di stadi intermedi, sotto cui si cela il reale.
GLI ARTISTI
Benni Bosetto utilizza l’installazione sonora per diffondere nell’ambiente tramite la sua voce un canto a cappella composto dalla scrittrice Clara Mazzoleni, che ha la funzione di avvicinare il pubblico all’ambiente che lo ospita e di evocare presenze naturali in qualche forma personalizzate. La voce è un elemento corporeo che nasce dagli organi più nascosti e si espande in esterno: interpretata dall’artista come parte del corpo che penetra (fisicamente) nelle molecole dell’“altro”, testimonia come l’uomo sia ontologicamente parte dell’ambiente che lo ospita. La Bosetto interviene anche con il disegno a matita sui tronchi di alcuni alberi disposti lungo il percorso e in avvicinamento alla sua installazione sonora.
Cuoghi Corsello propongono attraverso il linguaggio artistico delle installazioni opere ispirate a un sorprendente immaginario fiabesco; i loro interventi nel bosco sembrano suggeriti da alcuni topoi che caratterizzano la letteratura fantastica. Le opere sono allestite dagli artisti in differenti luoghi di visione strategici: come astri che compongono una costellazione, guidano il visitatore alla scoperta di un universo vasto e illimitato. Per osservare le opere il fruitore sarà spinto ad abbandonare in alcuni tratti il sentiero principale, e si troverà completamente immerso in una dimensione naturale, a favore di una maggiore connessione con gli spiriti di natura.
Dado (Alessandro Ferri) elabora la propria opera, L’Albero magico, dipingendo con il colore oro uno degli alberi che danno forma al bosco attraversato dal sentiero di Pian de ra Spines. L’intervento non mira alla decontestualizzazione dell’elemento naturale rispetto alle altre specie vegetali, ma l’opera è collocata all’interno del bosco con la finalità di coniugare la sfera fantastica del mondo delle fiabe con quella reale del bosco. La luce che penetra dalla selva determina variazioni di iridescenza del color oro, così l’albero in determinati momenti del giorno sembra trasformarsi da opera d’arte in elemento incantato.
Maurizio Mercuri si lascia ispirare da una nota leggenda legata alle Dolomiti, Il giardino di rose di Re Laurino, che illustra l’enrosadira: fenomeno apparentemente magico, che si ripete ogni giorno in coincidenza dell’alba e del tramonto, quando i raggi del sole accarezzano le cime delle Dolomiti, colorandole di rosa. Mercuri realizza un’installazione che ha come finalità quella di tentare di catturare la luce dolomitica attraverso gocce di vetro all’interno di piccole gabbie, abitualmente utilizzate per uccelli da richiamo in una tipica tecnica venatoria, che prevede che il richiamo dell’uccello avvicini potenziali prede. Mercuri utilizza invece le gocce di vetro come fonte attrattiva per la sorgente luminosa.
Lasciandosi ispirare dalle opere in mostra i visitatori potranno scrivere una propria fiaba che potrà essere inviata all’indirizzo mail dell’Associazione Controcorrente. I testi ritenuti più interessanti in relazione al progetto verranno pubblicati nel catalogo della mostra.
Le opere realizzate nel 2020, in occasione della prima edizione di Sentieri d’arte, dagli artisti Federico Tosi, Dado e T-yong Chung, nell’ambito del progetto artistico Arcipelago fossile, restano visitabili lungo il sentiero di Gores de Federa.