Sarà a Londra, alla galleria Lévy Gorvy, la nuova mostra inedita dedicata a Enrico Castellani. Il primo progetto focalizzato sulle sue sculture murali realizzate in alluminio. Sarà la prima presentazione nel Regno Unito delle sculture che impegnarono il compianto maestro italiano nei suoi ultimi anni. Alcune opere di particolare rilievo saranno esposte in anteprima al 40 di Albemarle Street, in anticipo rispetto all’inaugurazione della mostra vera e propria, che avrà luogo il 15 gennaio 2021 al 22 di Old Bond Street. Realizzate negli anni compresi tra il 2006 e il 2013, le opere esposte nella mostra evocano importanti legami con le prime realizzazioni in metallo dell’artista e mostrano la sua abilità nell’oltrepassare i confini della materialità e dello spazio. Dai primi anni ’60 in poi, Castellani ha sperimentato con ottone, zinco, bronzo e altro materiale plastico o duttile, atto ad essere modellato per piccoli cicli di opere. Il vivo interesse per le superifici a specchio, oltre agli esperimenti in cui il vetro era combinato con interni argentati, hanno rappresentato il catalizzatore delle sue ultime serie in alluminio. Nei primi anni 2000, gli sforzi di Castellani per impiegare la fusione dell’alluminio ispirarono l’autore e collezionista Matteo Rondanelli a suggerire la realizzazione di una serie di sculture. Castellani e Rondanelli ricercarono insieme il più abile artigiano della Lombardia specializzato nel processo di fusione dell’alluminio per ottenere una densità e una lucentezza che Castellani considerava di gran lunga superiore agli effetti del bronzo fuso, impiegato tradizionalmente. Simili ai suoi dipinti soltanto in apparenza, le sculture murali di Castellani, pesanti tra i 20 e i 350 kg, sono caratterizzate da una presenza distintiva che crea straordinarie esperienze visive attraverso le loro superifici e la maniera in cui occupano lo spazio. Riunite per la prima volta, queste opere portano l’attenzione sulla durevole radicalità dell’approccio di Castellani, rappresentando allo stesso tempo sia il culmine che la coda di decenni d’instancabile sperimentazione nelle iterazioni delle sue opere della serie Superficie. I pezzi forti dell’esposizione includono Superficie argento (2006), una drammatica opera costituita da nove pannelli che incapsula l’interesse che Castellani nutriva per lo spazio, la superficie e la materialità, e la rara Superficie rossa (2006). Queste ed altre opere provenienti da questa serie storica sono accostate ad una scultura senza titolo del 1973 composta da quattro bilance, un lavoro che incarna la lunga investigazione di Castellani nello spazio positivo e negativo, e la sua ambizione nello stabilire un potente linguaggio artistico che continua a influenzare le giovani generazioni di artisti.
L’ARTISTA
Enrico Castellani (1930-2017) è stato una figura centrale nell’avanguardia dell’Europa post-bellica. Nato a Castelmassa, in Italia, Castellani ha studiato arte e architettura in Belgio all’Académie Royale des BeauxArts e all’École Nationale Supérieure d’Architecture et des Arts Décoratifs de la Cambre nei primi anni ’50. Dopo essersi trasferito a Milano nel 1956, cominciò a realizzare opere che sfidassero la separazione convenzionale tra pittura, scultura e architettura, ricercando un paradigma che combinasse aspetti delle tre. Nel 1959 realizzò la prima opera della sua celebre Superficie, una serie caratterizzata dalle sporgenze ritmiche e dalle recessioni della superficie monocroma, solitamente tesa su di una rete di chiodi. In seguito ad una serie di mostre di successo nel corso degli anni ’60, si stabilì, nel 1973, nel piccolo villaggio di Celleno, in Italia, dove continuò a vivere e a lavorare per il resto della sua vita. Sebbene le competenze della sua maestria si sono estese fino ad includere una grande varietà di materiali e di ricerche formali, il suo impegno per l’unione di pittura, scultura e architettura non è mai venuto meno. Nel 1959 Castellani e Piero Manzoni aprirono la Galleria Azimut e fondarono la rivista sperimentale Azimuth. Insieme organizzarono esposizioni innovative (tra cui la mostra di debutto di Castellani) e pubblicarono saggi che fornirono alternative alle ideologie dogmatiche del Tachisme e dell’Arte Informale, a quel tempo predominanti nella scena d’arte europea. Attraverso la sua arte e i suoi scritti, Castellani ha promosso un approccio alla pittura che confutava la concezione tradizionale della tela intesa come finestra trasparente, aprendo le sue opere a un nuovo spazio di astrazione topografica che coinvolgeva le nozioni di spazio, tempo, infinito e flusso. Le opere di Castellani sono presenti nelle più importanti istituzioni museali del mondo, tra cui il Centre Georges Pompidou, a Parigi; la Fondazione Prada, a Milano; il Walker Art Center, a Minneapolis; il Museo d’Arte Contemporanea Roma (MACRO), a Roma; il Peggy Guggenheim Collection, a Venezia; il Guggenheim Abu Dhabi e il Hirshhorn Museum e Sculpture Garden, a Washington, D.C. Castellani ha rappresentato l’Italia alla Biennale di Venezia nel 1964, nel 1966 e nel 1984. La sua opera ha rivestito un ruolo centrale nell’ambito di ZERO: Countdown to Tomorrow, 1950s-60s, una mostra organizzata presso il Solomon R. Guggenheim Museum, a New York, nel 2014-15, avente come oggetto il Group Zero, un network internazionale di artisti che hanno sperimentato nuovi approcci alla luce, al movimento e allo spazio nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale. Nel 2010 è stato il primo artista italiano a essere insignito del Premio Imperiale per la Pittura, un’onoreficenza assegnata dall’Imperatore del Giappone. Lévy Gorvy ha collaborato con Enrico Castellani sin dal 2007 e ha curato diverse esposizioni delle sue opere a New York e a Londra – tra cui Local History: Castellani, Judd, Stella, nel 2014-15 – e diverse pubblicazioni – tra cui Enrico Castellani, nel 2016. La pubblicazione del terzo volume del catalogo ragionato di Castellani – riferito agli anni 2006-2016 e comprendente un inventario completo di tutte le sue sculture – è prevista per i primi mesi del 2021.