La proposta Melandri: rendere il consumo di cultura deducibile dalle tasse

Roma

Un articolo sull’Espresso, una proposta illuminante, prorompente nella sua semplicità. E resa autorevole dal nome della proponente, Giovanna Melandri, presidentessa della Fondazione Maxxi. Una possibile cura per rendere più veloce la ripresa del comparto culturale messo in ginocchio dal secondo lockdown, che ha imposto la chiusura di cinema, teatri, mostre e musei. La Melandri ha proposto di intervenire in maniera decisa nel sostegno al consumo di cultura, rendendo deducibili dalle tasse i biglietti acquistati per accedere a eventi di natura culturale. Un po’ come avviene per l’acquisto di medicinali. ”La cura di cui c’è bisogno dopo la pandemia – scrive la presidentessa – deve realizzarsi anche sul lato della domanda, del contrasto alle nuove povertà culturali e spirituali, del ‘bisogno’ di libertà e bellezza che innerva e deve rafforzare l’identità del paese. Una cura da considerare estensione strategica del welfare e che riconosca nel consumo di cultura un diritto primario. Sì, affinché il mondo dell’intuizione artistica e della produzione culturale si riprenda e si sviluppi come un investimento a lungo termine, occorre agire strutturalmente e con decisione (superando la logica dei bonus) sostenendo i consumi culturali di cittadini ulteriormente impoveriti dalla crisi. La mia proposta è curare l’Italia agendo anche sulla leva fiscale: rendendo deducibili, ai fini del calcolo d’imposta sul reddito delle persone fisiche, le spese di accesso (ticket, abbonamenti ecc.) ai tanti luoghi – teatri, cinema, auditorium, musei, istituzioni – dove si riceve, si produce, si scambia cultura”.

Sarebbe una misura coraggiosa, ma decisamente strutturale. Un po’ come il Federal art project, citato dalla Melandri nel suo articolo, il progetto del New Deal americano che negli anni Trenta contribuì a sostenere la cultura e gli artisti e che ebbe addirittura il merito di lanciare il l’arte e il design USA a livello mondiale.

L’idea è stata lanciata. Non è la prima volta che si parla di questa soluzione, già nella legge di stabilità 2018 si aprì questo dibattito, da cui emersero alcune criticità che rendevano il progetto difficilmente applicabile. Ma forse ora le condizione sono cambiate. La parola al ministro, la cui opinione in materia siamo ansiosi di conoscere.