D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) con Federica Di Carlo

Stiamo vivendo un momento molto duro da affrontare e Inside Art si è fatta delle domande. La risposta è sintetizzata in questo ciclo di interviste in cui ci confrontiamo con degli artisti per analizzare la reazione umana a quanto stiamo vivendo. Il fil rouge di questa narrazione è D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) scandito attraverso cinque brevi domande per capire quali sono i pensieri in giro in questo periodo. Come spiega Rosa Ciacci, la curatrice di questa rubrica, edizione speciale di 5Points., infatti, ”In questi giorni di quarantena mi sono chiesta un po’ di cose. Ho avuto tempo per farlo. Ho avuto tempo per affacciarmi dalla finestra e pensare anche da là. Ho avuto tempo per starmene un po’ affacciata. Già. E ho immaginato le vite delle persone che passavano: chissà che fanno, perché sono uscite, come si sentono, come vivono questo periodo. D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) Un po’ per fermarci.”

Lo abbiamo chiesto a Federica Di Carlo.

Come ti senti? Cosa ti passa in mente in questi giorni? Pensieri? Idee nuove e/o idee che ritornano? Dentro la tua testa.

Adattata, evoluta, sospesa, in divenire. Questa quarantena, (ospitata in una casa di un amico senza le mie cose), ha messo sul tavolo questioni archiviate, nuove, impossibili, possibili. Credo ci abbia costretti tutti a ricollocarci stando fermi. E l’arte ci ha salvato a mio parere, permettendoci di pazientare e attraversare questo momento storico globale in compagnia di un libro, un film, un brano musicale. Personalmente, dopo una prima settimana di stasi, si è attivato poi un flusso creativo liberatorio e istintivo che si è evoluto insieme a me nei giorni a seguire, fino a farmi immaginare il progetto che ho chiamato ”40 days out of the blue”(https://40daysoutoftheblue.cargo.site). Utilizzando i pochi elementi sotto mano: una macchina polaroid, un quaderno, degli occhiali 3D, dello scotch di carta e reperti improbabili dei miei viaggi, ho esplorato quotidianamente questa sospensione, creando dei piccoli ”non-lavori”. Processi intimi messi in atto solo e unicamente dagli input che ricevevo in termini di notizie, messaggi di amici e di lavoro. Un vero e proprio dentro-fuori/fuori-dentro. Infine, non sapendo che farci di questi feticci di quarantena, ho deciso di aumentarne la loro realtà creando un ”sito-3D” che permettesse quasi di averli di fronte e di spezzare la bidimensionalità dello schermo. Il sito è pensato per avere questa doppia lettura con e senza occhiali 3D.

#iorestoacasa. Cosa è per te casa? Spazi concreti. Spazi astratti. Dentro lo spazio.

Qualche anno fa, un’amica curatrice di Milano mi prestò un libro – da pochi mesi mi ero trasferita da Roma a Monza, e prima da Barcellona a Roma e ancor prima ero a Monpellier, Londra, Berlino, Amburgo etc. Il titolo era – Home is the place i left – mi è rimasto addosso come un mantra. Ho capito in quella frase quello che da tempo cercavo di spiegare a me stessa. Essendo andata via di casa molto giovane e avendo vissuto per dieci anni in giro per l’Europa, qualche volta oltreoceano, questo concetto mi è sempre sfuggito. Le uniche mura tangibili che tutt’oggi rappresentano per me l’idea di casa, sono quelle della mia famiglia in Emilia Romagna, ancora in piedi ma non più abitabili. Si ferma lì la mia concretezza. Casa in me è più una sensazione, la riconosco solo quando me ne vado da qualche posto, quando la lascio indietro, la archivio nella memoria in termini di mancanza. Casa, sono le persone che amo con le quali sono cresciuta che mi porto dentro anche quando mi trasferisco altrove. Casa è il mare, che è astratto e concreto. Mi basta incontrarlo ovunque io sia e sentirmi al sicuro.

Cosa vedi fuori, se ti affacci? Come immagini fuori se non ti affacci (e se lo immagini)? Fuori dalla testa, fuori dallo spazio.

Essendo rimasta bloccata a Roma per il lockdown ospite in questa casa all’uscita dell’Aurelia, il mio affaccio è stato casualmente molto fortunato. Ogni mattina da una grande finestra vedo la luce del sole passare sopra e attraverso le fronde di due alberi bellissimi – un salice piangente e uno color vinaccio di cui ignoro il nome – sento gli uccellini tutto il giorno. Qui non si percepisce che fuori c’è un virus invisibile. Se invece mi permetto di chiudere gli occhi e guardare, allora vedo chiaramente il mare. Quello di Fregene dove ho la mia tavola da surf, questo è il periodo più bello dell’anno dove non ci sono persone. Sento la temperatura calda della sabbia sotto i piedi e poi quella fresca, appena entro con la muta in acqua, le mani stringere la curvatura della tavola e la pressione delle onde contro le mie gambe.

Desideri. Necessità. Bisogni. Ti manca qualcosa? Ti manca davvero qualcosa? Il tuo tempo libero ”in gabbia”. Verso chi e/o cosa.

Penso che la mancanza in termini di libertà, sia stata la prima a entrare in scena ma solo quando limitava la possibilità del fuori. Dentro stavo bene, nel mio mondo. A metà della quarantena hanno iniziato a mancarmi cose come: sentire il calore del sole sul viso scoperto, bere un bicchiere di vino con gli amici o il non poter sentire le voci dei miei cari dal vivo. Dentro questa cattività alla mancanza si è poi sostituita la riappropriazione. Un pomeriggio dopo due settimane, sono finalmente uscita. Quando ho preso il raccordo anulare mi si è spalancato davanti il tramonto, aveva un’intensità e dei colori così vividi! È stato come guardarlo per la prima volta.

Sembra tutto un po’ assurdo. Fiction. Reality. Un tuo film: qualche battuta. Oltre.

Ti copio incollo poche righe che ho anche caricato sul sito-3D, le ho scritte proprio verso il 9°giorno di reclusione… per farti capire quanto fosse surreale questa condizione improvvisa:

Vi siete dimenticati come essere sciame.
Mentre passo da uno all’altro di voi, vi costringo a misurarvi con le vostre debolezze.
Vi obbligo a separarvi o stare assieme anche quando non vorreste.
Faccio quello che avete fatto per lungo tempo alle altre specie, vi metto in cattività.

Vi insinuo la sfiducia per vedere se trovate il coraggio di disarmarla

Pensate sia arrivato da voi saltandovi addosso, facendo il salto di specie, ve la siete scaricata così.
Non vi riguarda dite, non è colpa vostra, non avete fatto niente per provocarmi
Invece”

Non so nemmeno come mi siano uscite, stavo immaginando di essere il virus, ci ho ricamato sopra una voce narrante per un film-documentario in effetti…qualcosa del tipo The Tree Of Life di Malick (che è uno dei miei film preferiti). Auguro a tutti di ripartire dallo stupore.

https://www.federicadicarlo.com/
https://40daysoutoftheblue.cargo.site/