D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) con Paolo Cenciarelli

Stiamo vivendo un momento molto duro da affrontare e Inside Art si è fatta delle domande. La risposta è sintetizzata in questo ciclo di interviste in cui ci confrontiamo con degli artisti per analizzare la reazione umana a quanto stiamo vivendo. Il fil rouge di questa narrazione è D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) scandito attraverso cinque brevi domande per capire quali sono i pensieri in giro in questo periodo. Come spiega Rosa Ciacci, la curatrice di questa rubrica, edizione speciale di 5Points., infatti, ”In questi giorni di quarantena mi sono chiesta un po’ di cose. Ho avuto tempo per farlo. Ho avuto tempo per affacciarmi dalla finestra e pensare anche da là. Ho avuto tempo per starmene un po’ affacciata. Già. E ho immaginato le vite delle persone che passavano: chissà che fanno, perché sono uscite, come si sentono, come vivono questo periodo. D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) Un po’ per fermarci.”

A raccontarci tutto oggi c’è Paolo Cenciarelli.

Come ti senti? Cosa ti passa in mente in questi giorni? Pensieri? Idee nuove e/o idee che ritornano? Dentro la tua testa.

Mi sento abbastanza bene, sì, abbastanza. Ho imparato a conoscere la differenza tra la solitudine e lo stare solo. Nei primi giorni di lockdown ho fatto qualche click e qualche lettura e la musica dei primi giorni accompagnava questa frase di Thomas Mann: ”La solitudine genera l’originalità, la strana ed inquietante bellezza, la poesia, ma anche il contrario: l’abnorme, l’assurdo, l’illecito.” Mi ci sono inizialmente ritrovato, mi affascinava la situazione e la novità; effettivamente sono sempre stato molto attratto da entrambe le facce della medaglia descritta da Mann, tanto da voler essere io stesso la moneta. Più tardi le mie giornate hanno avuto apici di felicità forse immotivata come altrettanto di tristezza, dovuta a una semplice malinconia. Un susseguirsi quindi di idee e propositi mi attraversano tutti i giorni, così come momenti di stasi davvero troppo lunghi.

#iorestoacasa. Cosa è per te casa? Spazi concreti. Spazi astratti. Dentro lo spazio.

C’è una rivoluzione in atto, che spero porti ad una nuova quanto concreta normalità: il micro diventa macro. Alcuni gesti, che definiscono i luoghi, da scontati sono diventati importanti poiché indispensabili. L’ordine (dal disordine) delle stanze, dei muri, degli oggetti e delle cose sui tavoli. Mi sento spinto e respinto dai libri, così come dagli schermi. Non nego che la fotografia mi abbia aiutato più del solito, riprendendosi i suoi, quindi nostri, spazi. La musica e la fotografia sono sopravvissute concrete, in una forma solida. Il web poi mi ha proposto un infinito intrattenimento e ho trovato il mio preferito, quello che mi fa muovere forte, non solo sul divano e mi spinge ad uscire (in che senso? Tutti i sensi). Stare a casa mi conferma quanto mi piaccia stare solo e quanto appunto non ami davvero il luogo chiamato solitudine.

Cosa vedi fuori, se ti affacci? Come immagini fuori se non ti affacci (e se lo immagini)?. Fuori dalla testa, fuori dallo spazio.

Anche oggi che piove, fuori c’è il sole. Fuori è bellissimo, molto più che dentro; fuori è talmente bello che fa capire quanto è bello tornare a casa. Sento il rumore dopo l’esplosione, viene da fuori ed è assordante, la terra al sole si spacca in crepe. Fuori è dove nascono e si saziano i miei bisogni. E poi sono uscito, fuori. A raccontare qualcosa, di disperati, di primi e ultimi e di me. Fuori mi sono affamato e consumato, il corpo e la testa si sono mossi salendo salite ripide e con un sorriso in faccia di sudore; a casa ho mangiato e mi sono rivisto, da dentro mi sono visto fuori, grazie a quella derealizzazione che la fotografia rivela efficace.

Desideri. Necessità. Bisogni. Ti manca qualcosa? Ti manca davvero qualcosa? Il tuo tempo libero “in gabbia”. Verso chi e/o cosa.

Sì, mi manca davvero qualcosa. Mi mancano le cose enormi: andare al bar, il rumore delle cose che cascano anche quando non c’è confusione. Le parole fuori posto più alte di un tono, il purgatorio, le donne e gli uomini, le loro forme, tutte. Alcune cose mi mancano meno, il lockdown mi ha dato la possibilità di riprendermele, avevo bisogno anche di questo, ma ”il gioco bello quando dura poco”.

Sembra tutto un po’ assurdo. Fiction. Reality. Un tuo film: qualche battuta. Oltre.

Vedo molte scene. Molte scritte da me, senza penna. Le battute sono confuse ma il senso è incredibilmente chiaro, solo per me probabilmente. Sono sempre scene in cui qualcuno sorride, di felicità vera e si diverte, qualcun’altro magari è serio, ma ben al centro della scena e interpreta il puctum critico, spesso lasciandosi criticare. ”Un progetto da sempre importante è creare un sistema in un contesto come questo” – ”Non potremmo progettare il prossimo contesto?”

www.paolocenciarelli.com