D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) con Gianfranco Basso

Stiamo vivendo un momento molto duro da affrontare e Inside Art si è fatta delle domande. La risposta è sintetizzata in questo ciclo di interviste in cui ci confrontiamo con degli artisti per analizzare la reazione umana a quanto stiamo vivendo. Il fil rouge di questa narrazione è D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) scandito attraverso cinque brevi domande per capire quali sono i pensieri in giro in questo periodo. Come spiega Rosa Ciacci, la curatrice di questa rubrica, edizione speciale di 5Points., infatti, ”In questi giorni di quarantena mi sono chiesta un po’ di cose. Ho avuto tempo per farlo. Ho avuto tempo per affacciarmi dalla finestra e pensare anche da là. Ho avuto tempo per starmene un po’ affacciata. Già. E ho immaginato le vite delle persone che passavano: chissà che fanno, perché sono uscite, come si sentono, come vivono questo periodo. D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) Un po’ per fermarci.”

A risponderci oggi è Gianfranco Basso.

Come ti senti? Cosa ti passa in mente in questi giorni? Pensieri? Idee nuove e/o idee che ritornano? Dentro la tua testa.

Rifletto sul presente, e penso che forse tutto doveva succedere, forse tutto era stato scritto. Rivedo le ”immagini”, le mie immagini, quelle che avevo già disegnato molto prima che tutto accadesse, un tempo passato che stranamente ritorna. Ho disegnato per anni sempre gli stessi soggetti, sempre gli stessi paesaggi, la mia mano era spinta da una forza interiore incontrollabile, un vulcano in eruzione, solo immaginazione, niente di concreto. Riconosco i soggetti dei miei lavori, i luoghi, il vuoto, il silenzio, sono proprio qui davanti ai miei occhi! Le immagini che scorrono in tv, quello che vedo dalla finestra sono diventati il triste palcoscenico delle mie istintive visioni. Sono io, siamo noi, siete voi quelle persone immerse nel niente, che guardano attoniti la città deserta, quelli in balia delle onde di un mare in tempesta…Quello che si legge nei miei lavori era lontano dalla realtà; secondo me un’opera d’arte è degna di questo nome solo se attraverso l’osservazione di questa si riesce a stabilire un rapporto con l’assoluto inteso come la dimensione astratta determinata dalla rappresentazione di quello che poi in pratica non si può rappresentare, che non esiste. Oggi invece cosa succede? Succede che quello che prima era solo un segno è diventato realtà. Un triste presagio?

#iorestoacasa. Cosa è per te casa? Spazi concreti. Spazi astratti. Dentro lo spazio.

La casa è un luogo in cui ognuno di noi si sente al sicuro, insieme ai nostri affetti siamo dentro una specie di bolla di sicurezza, lontani dai pericoli che il mondo potrebbe riservarci. Questo tempo di emergenza globale ci ha reso spettatori silenziosi dietro i vetri delle nostre finestre, e oggi più che mai ci obbligano a esserlo soprattutto per difendere la nostra salute e quella degli altri, diventando ancor di più testimoni dell’afflizione, del dolore e della sofferenza. Nell’era della globalizzazione ognuno di noi è diventato giorno dopo giorno uno spettatore sul mondo, soprattutto sui problemi del mondo; è il tempo degli spettatori, pochi intervengono mettendosi in gioco rispetto a quello che succede vicino a noi, siamo abituati ”solo a discutere” sui problemi ma non ad affrontarli in prima persona. Questo rappresenta oggi la casa per me, un luogo dove mi sento al sicuro ma purtroppo è anche il luogo in cui sono spettatore disarmato di fronte ad un grande nemico invisibile.

Cosa vedi fuori, se ti affacci? Come immagini fuori se non ti affacci (e se lo immagini)?. Fuori dalla testa, fuori dallo spazio.

Vivevamo un mondo a pieno ritmo, di corsa, in affanno rispetto alla vita frenetica di tutti i giorni. Chissà quante persone in passato avranno desiderato un periodo per così dire più tranquillo, un tempo più ”lento” ma alla fine è accaduto, il mondo si è fermato, chi l’avrebbe mai detto. È calato un grande silenzio che ci invita a riflettere su quello che sta accadendo. Il trauma che stiamo vivendo è arrivato all’improvviso creando una spaccatura nello scorrere ordinario del tempo. Dalla mia finestra avverto questo grande silenzio, avverto la solitudine dei luoghi, avverto il vuoto, avverto lo stato di spaesamento delle persone. Spesso mi metto seduto sul mio piccolo balcone a osservare, di fronte vedo la gente affacciata alla finestra o seduta fuori sul balcone, mentre i corvi gracchiano sugli alberi. Sto parlando della realtà ma sto anche parlando di Viewer un mio lavoro del 2017, è incredibile come mi ritorna sotto agli occhi la scena ricamata in quell’anno. In quel periodo scrivevo: «Quattro persone sedute, assorte nei propri pensieri, contemplano la natura, mentre i corvi volteggiano sulle loro teste». Il colore di questo uccello, il suo grido lugubre ne fanno un uccello del malaugurio, qualcosa accadrà o qualcosa è accaduto e i nostri personaggi continuano tranquillamente a stare seduti ad ammirare il disastro che si sta compiendo sotto i loro occhi. Affacciati sul mondo riflettono sul loro destino. Pochi segni attestano la loro presenza, vorrebbero essere invisibili ma tristemente si ritrovano ad esser testimoni di un presente non voluto. Ridotti a esili linee, amalgamati al tessuto sociale oramai logoro. L’opera invita a riflettere ed essere parte attiva ed integrante della società, utilizzando come prospettiva quella che vede l’uomo protagonista interessato del proprio futuro e di ciò che lo circonda; non più dunque semplice spettatore. È incredibile come il monito annunciato da questa opera possa avere una valenza concreta in questo periodo storico, e soprattutto di quanto il suo messaggio, racchiuso tra i fili ricamati, sia stato premonitore.

Desideri. Necessità. Bisogni. Ti manca qualcosa? Ti manca davvero qualcosa? Il tuo tempo libero “in gabbia”. Verso chi e/o cosa.

Mi manca la possibilità di poter vivere la giornata in maniera totale, interagire pienamente con la città, con la natura, sentirmi parte di una pluralità di persone che concorrono a rendere viva la città stessa. Essere parte attiva della società, camminare, guardare, girarmi attorno e continuare ad ammirare i luoghi. Mi manca il contatto con le persone. Mi mancano le cose semplici di tutti i giorni, quelle che prima consideravo scontate, solo adesso mi rendo conto di quanto siano importanti. Questo periodo storico ci sta facendo riflettere sul vero senso della parola libertà, penso che la mancanza di libertà non sia soltanto motoria ma anche mentale. Credo che quello che stiamo vivendo non è un buon periodo a livello creativo; anche la mente risente in modo negativo di questa situazione anomala, questo è preoccupante. Per chi come me lavora nel mondo della creatività, il fatto di non essere liberi mentalmente costituisce un problema importante: se la mente è influenzata negativamente da quello che sta succedendo anche la produzione artistica lo avverte, è inevitabile. La mia attività in questo periodo è legata quasi totalmente al ricamo di alcuni disegni realizzati in passato, c’è poco da pensare o da inventare, erano opere ormai fatte, è soprattutto un lavoro manuale e poco concettuale. Il ricamo in questo periodo mi aiuta molto a non riflettere su altro.

Sembra tutto un po’ assurdo. Fiction. Reality. Un tuo film: qualche battuta. Oltre.

Il film Contagion del 2011 è incredibile, il regista Steven Soderbergh aveva previsto tutto, raccontava una storia di pandemia globale che ha tristi assonanze con quanto stiamo vivendo nel 2020. L’ho visto un po’ di anni addietro, oggi mi tornano in mente quelle immagini, devo dire che ci sono tantissime analogie con il virus Covid-19, in Contagion il nome del virus è MEV-1. Lo sceneggiatore del film, Scott Z. Burns, intervistato recentemente ha dichiarato: ”Gli scienziati con cui ho parlato all’epoca, e ce n’erano molti, avevano detto tutti che si trattava di capire quando e non se sarebbe successo nella realtà quello che accade nel film”. Evito di anticipare il finale in quanto invito i lettori a guardare questo film profetico, con l’auspicio che l’emergenza Covid-19 termini al più presto come è successo con MEV-1. Contagion è l’ennesima conferma che la mente creativa spesso riesce a concretizzare con largo anticipo, attraverso differenti medium, quello che forse succederà.

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