Stiamo vivendo un momento molto duro da affrontare e Inside Art si è fatta delle domande. La risposta è sintetizzata in questo ciclo di interviste in cui ci confrontiamo con degli artisti per analizzare la reazione umana a quanto stiamo vivendo. Il fil rouge di questa narrazione è D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) scandito attraverso cinque brevi domande per capire quali sono i pensieri in giro in questo periodo. Come spiega Rosa Ciacci, la curatrice di questa rubrica, edizione speciale di 5Points., infatti, ”In questi giorni di quarantena mi sono chiesta un po’ di cose. Ho avuto tempo per farlo. Ho avuto tempo per affacciarmi dalla finestra e pensare anche da là. Ho avuto tempo per starmene un po’ affacciata. Già. E ho immaginato le vite delle persone che passavano: chissà che fanno, perché sono uscite, come si sentono, come vivono questo periodo. D.F.V.O. (Dentro. Fuori. Verso. Oltre.) Un po’ per fermarci.”
Oggi è il turno di Melissa Pitzalis
Come ti senti? Cosa ti passa in mente in questi giorni? Pensieri? Idee nuove e/o idee che ritornano? Dentro la tua testa.
Un umore altalenante. Nei mesi di gennaio e febbraio ho viaggiato molto: due microresidenze tra Yerevan (capitale dell’Armenia) e Londra per AARGH!! un progetto nell’ambito di Erasmus+ e ogni settimana su e giù tra Roma e Siena, dove collaboro con il Siena Art Institute. Fermarsi è stato spiazzante. La prima reazione che ho avuto è stata quella di riprendere tutte le attività ”meccaniche” che rimandavo per questioni di tempo, come sistemare le carte e pulire gli attrezzi. Non mi sono mai fermata e sto continuando a lavorare in tutti gli angoli di casa in cui ci sia una finestra. A tratti cerco di distaccarmi dalla situazione che sto e stiamo vivendo, per rimanere un attimo dopo attratta dal vortice delle notizie. Vivendo queste giornate ho capito che è fondamentale prendersi del tempo per allenarsi a pensare. È necessario pianificare, progettare nuovi mondi.
#iorestoacasa. Cosa è per te casa? Spazi concreti. Spazi astratti. Dentro lo spazio.
La casa per me è sempre stato uno spazio in cui ci si sente bene. E di questo mi ritengo molto fortunata. La condizione attuale, tuttavia, mi ha portata ad avere una percezione sensibile della bolla, della scatola che abbiamo attorno, dei microcosmi abitativi in cui viviamo, in particolare, nelle grandi città. Proprio in questi giorni mi è tornato tra le mani un piccolo libro di Francesco Careri dedicato a New Babylon, il progetto di una città per nomadi su scala planetaria a cui Constant Nieuwenhuys, artista e architetto olandese, ha dedicato gran parte della sua vita. Di quella città immaginaria mi affascina l’idea di un abitare mutevole. Sentirsi in movimento anche se si sta fermi. Nel quotidiano, questa esigenza di cambiamento si riflette anche nel mio contesto intimo, che cerco sempre di nutrire con le esperienze che faccio all’esterno di esso. Vedo la casa come uno scrigno refrigerato che mantiene i nostri oggetti-ricordo sempre in vita. In questi giorni, un po’ per gioco, ho riempito tutti i davanzali delle finestre di semi, così quando mi sveglio posso osservare il passare del tempo.
Cosa vedi fuori, se ti affacci? Come immagini fuori se non ti affacci (e se lo immagini)?. Fuori dalla testa, fuori dallo spazio
Fuori mi affaccio e vedo una strada e ogni sera, alle 19.30, un bellissimo tramonto dietro alle automobili parcheggiate. Se non mi affaccio penso alla prossima estate. Incredibile come, in così poco tempo di isolamento siano nati dei rituali, come dopo pranzo andare a prendere 5 minuti di sole dalla finestra del salone o mettersi comunque le scarpe per avere la sensazione di iniziare la giornata.
Desideri. Necessità. Bisogni. Ti manca qualcosa? Ti manca davvero qualcosa? Il tuo tempo libero “in gabbia”. Verso chi e/o cosa.
Sono fortunata perché a casa posso comunque disegnare, scrivere, modellare nuove forme. Ciò nonostante mi mancano quelle suggestioni che alimentano la mia esistenza e di conseguenza il mio lavoro. Qualche anno fa, in una tela dal titolo Chaque jour la première fois, facevo una riflessione sul trascorrere del tempo vissuto come un’epifania, un Grand Tour della vita quotidiana. Per realizzarlo, durante la mia residenza presso Les Ateliers du Plessix-Madeuc, uscivo ogni giorno per 2 ore fino ad arrivare a 63 giorni. La mia routine di ricerca aveva bisogno di un’esperienza sensibile. Anima e corpo: nessuna differenza, tutto è filtrato dal corpo. Detto questo…mi manca camminare a passo svelto, vederci spensierati ”appiccicati” in un mercato come Porta Portese o sederci per terra sui gradini di Piazza Trilussa.
Sembra tutto un po’ assurdo. Fiction. Reality. Un tuo film: qualche battuta. Oltre.
Ognuno di noi sta scrivendo il “nostro” film. L’impegno civile e morale richiesto ci ha imposto la consapevolezza dell’altro. Il mio oltre è credere che dopo questa sofferta parentesi ci ricorderemo più spesso di essere parte di un’unica comunità.
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