Cercasi un’idea forte per il centro di Roma, che sfidi i secoli

Roma

È vero, il Comune di Roma ha bloccato tutto. Per fortuna Virginia Raggi ha detto no e la questione, per ora, sembrerebbe superata. Ma ci continuiamo a chiedere come sia stato possibile permettere anche soltanto il deposito e il vaglio di un progetto così dissennato. Ci riferiamo All’apertura del nuovo Mc Donald di fronte alle Terme di Caracalla, uno dei luoghi più visitati al mondo, incantevole, ben conservato, che fornisce una testimonianza inedita dei costumi dell’antica Roma. Ebbene a fine 2018 il progetto, che doveva realizzarsi all’interno del vivaio Baccelli, è stato depositato in Comune dalla Mc Donald’s Developmente Italy LLC. 

Negli ultimi giorni si è sollevata la ridda nei no, dal ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli fino al sindaco di Roma Virginia Raggi. Ora si aspettano le contromosse della multinazionale USA, ma la questione sembra chiusa.

Effettivamente al di là del merito di questa vicenda non sarebbe appropriato cantare vittoria. Il problema, a nostra opinione, non è la compagnia coinvolta, non è il contrasto alla globalizzazione alimentare, non è il junk food. Non è McDonald, insomma. Perché l’azienda non ha fatto altro che approfittare di un vuoto normativo in materia e quindi di una opportunità imprenditoriale vantaggiosa. Hanno fatto il loro lavoro. Il problema è la totale assenza di un progetto e di una visione per il centro di Roma, uno dei luoghi che la storia è stata tanto magnanima a consegnarci e su cui sarebbe doveroso spendere energie e risorse per garantirne la tutela, la valorizzazione, la conservazione e l’inclusività. A pochi passi dalle Terme di Caracalla, infatti, c’è il Colosseo, Piazza Venezia, il rione Trevi e tante altre vie incantevoli della città. Vie affollate di innumerevoli esercizi che vendono cianfrusaglie, paccottiglie, imitazioni seriali di oggetti di lusso. E poi cibo, tanto cibo. La migliore esca possibile per attirare facili (anche se certamente non enormi) profitti. E non street food di qualità, qualcosa di più coerente con la tradizione enogastronomica romana, o italiana, ma intere derrate di cibaglie travestite da gelati, pasta, pizza e panini. Sia chiaro, in tutte le città del mondo, soprattutto le più visitate, è così. Gli esercizi più commerciali si insinuano un po’ ovunque e sarebbe difficile, e forse anche ingiusto oltre certi limiti, impedirne il proliferare. Ma possibile che a Roma non si riesca a dotare le principali vie del centro di un adeguato decoro anche sotto questo aspetto? Possibile che non si riesca, invece, a ripristinare le botteghe storiche e, comunque, a introdurre un po’ di criterio nella selezione degli esercizi soprattutto in alcune zone? Tutto questo disordine e questa sciatteria non fa altro che svilire l’immagine di Roma, un’immagine che rappresenta un brand universale, molto più di McDonald, se proprio vogliamo dirla tutta.

Prima le vicende delle gallerie d’arte, poi quella di McDonald, nel frattempo la lunga battaglia contro i camion-bar e gli ambulanti nei luoghi storici (ancora non del tutto vinta), a distanza di pochi mesi tutte queste notizie eclatanti hanno fatto emergere la totale assenza di un’idea, lasciando trasparire un tendenziale lassismo e pigrizia da parte dell’estabilishment capitolino degli ultimi anni. Non è una denuncia politica contro chi governa adesso il Comune, sarebbe sbagliato utilizzare un argomento tanto delicato per fare propaganda e polemica. È un invito a correre ai ripari e a gettare le basi di qualcosa che duri. E resti. Chi avrà il coraggio di intraprendere questo percorso sicuramente non guadagnerà nemmeno un voto, perché i processi lunghi passano sempre inosservati e spesso non vengono capiti. Ma il suo lavoro resterà immortale nell’eredità di una città patrimonio dell’umanità e sfiderà i millenni, esattamente come hanno fatto la Domus Aurea, i Mercati di Traiano e il Foro Romano.

 

 

 

 

 

 

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