Il grande Cretto di Burri, la mostra al Museo Bilotti

Roma

Il Grande Cretto di Burri a Gibellina riproposto attraverso un meticoloso e approfondito racconto fotografico. Il museo Bilotti di Roma fino al 9 giugno presenta la mostra dedicata a questa grande opera di Land art, la più grande al mondo, realizzata da Alberto Burri tra il 1984 e il 1989 dopo il terremoto della Valle del Belice che nel 1968 aveva distrutto intere comunità e raso al suolo il borgo di Gibellina. Burri ricoprì l’area con un grande sudario bianco, un’enorme gettata di cemento che ingloba i resti e riveste, in parte ricalcandola, la planimetria della vecchia Gibellina. Al museo Bilotti viene riproposta questa esperienza attraverso una folta documentazione fotografica. Culmine del percorso interpretativo sono le fotografie in bianco e nero di Aurelio Amendola sul Grande Cretto. Fotografo che per eccellenza ha raccolto le immagini di Burri, dei suoi lavori e dei processi creativi, Amendola ha realizzato gli scatti in due riprese, nel 2011 e nel 2018, a completamento avvenuto dell’opera (2015). Nel percorso inoltre, il video di Petra Noordkamp – prodotto e presentato nel 2015 dal Guggenheim Museum di New York, in occasione della grande retrospettiva The Trauma of Painting – filma in un racconto poetico e di grande sapienza tecnica l’opera di Burri e il paesaggio circostante. 

Alcune opere uniche dell’artista, veri e propri capolavori, inoltre, estendono non solo ai Cretti ma anche ai Sacchi, ai Legni, ai Catrami, alle Plastiche e a una selezione di opere grafiche la lettura proposta dal celebre psicanalista. È una ferita che è dappertutto, che trema ovunque. Una scossa, un tormento, un precipitare di fessurazioni infinite ed ingovernabili. Come scrive Recalcati in Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina, nei Legni la ferita è generata dal fuoco e dalla carbonizzazione del materiale ma, soprattutto, dal resto che sopravvive alla bruciatura. Nelle Combustioni, lo sgretolamento della materia, la manifestazione della sua umanissima friabilità, della sua più radicale vulnerabilità, viene restituita con grande equilibrio poetico e formale. È ciò che avviene anche con le Plastiche dove, ancora una volta, è sempre l’uso del fuoco a infliggere su di una materia debole ed inconsistente come la plastica, l’ustione della vita e della morte.

Fino al 9 giugno al Museo Bilotti
Viale Fiorello La Guardia 6, Roma
Info: www.museocarlobilotti.it