Dicono che ormai siamo entrati nella fase della modernità gassosa, dato il carattere effimero che caratterizza la nostra società e l’entrata del virtuale nelle nostre vite. Tuttavia, la metafora della liquidità espressa da Zygmunt Bauman, uno dei più grandi intellettuali della nostra contemporaneità morto il 9 gennaio 2017, rimane la descrizione più calzante per raffigurare il XXI secolo. Secondo Bauman nella società contemporanea si è attuato un processo di liquefazione non soltanto delle relazioni tra gli individui, ma che interessa anche il lavoro, la comunità, l’individuo, le strutture sociali, insomma qualsiasi campo della nostra esistenza. La liquefazione ha reso la società individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, governata dal narcisismo e dal consumismo. Ha minato le basi della modernità, privandoci di ogni punto di riferimento. Tutto è incerto, tutto è flessibile, tutto si dissolve.
“La causa originaria della liquefazione dei corpi solidi non è stata l’avversione alla solidità in quanto tale, ma l’insoddisfazione per il grado di solidità esistente/tramandata: semplicemente, questa non era ritenuta abbastanza solida (e cioè resistente/immune al cambiamento) rispetto agli standard delle forze della modernità, ossessionate dall’ordine e intente a costruire compulsivamente ordine. Tuttavia, in una fase successiva (che nella nostra parte del mondo non si è ancora conclusa) i corpi solidi hanno finito per essere visti come condensati di magma liquido, dichiaratamente transitori e destinati a durare “fino a nuovo avviso”: soluzioni temporanee più che definitive. La flessibilità è subentrata alla solidità come stato ideale delle cose e delle relazioni. Tutti i corpi solidi (compresi quelli temporaneamente ritenuti desiderabili) sono tollerati solo se si impegnano a lasciarsi fondere, se necessario facilmente e senza opporre resistenza. Ormai, prima di realizzare una struttura durevole e di consolidarla, bisogna già disporre della tecnologia in grado di ricondurla allo stato liquido. E prima di iniziare seriamente l’opera di costruzione di quella struttura occorre esser certi di poterla e saperla smontare. L’ideale e lo standard di tutte le strutture, o quasi, è la totale ” biodegradabilità” che inizia subito dopo l’assemblaggio.
In sintesi, se nella fase “solida” il cuore della modernità risiedeva nella capacità di controllo/definizione del futuro, nella fase “liquida” la principale preoccupazione di non ipotecare il futuro e di scongiurare qualsiasi rischio di non poter sfruttare le opportunità ancora segrete, ignote e inconoscibili auspicate/attese per il futuro […]. La modernità si era aperta all’insegna di orribili presagi e prospettive sul crollo delle cose durevoli e sull’avvento di un ciclone di effimero. Ma dopo due secoli o quasi, il rapporto di superiorità/inferiorità tra i valori della durevolezza e della transitorietà si è ormai ribaltato. La svolta è stata drastica, e ormai si apprezza quasi soltanto ciò che è facile da mandare all’aria, scartare e abbandonare: i legami che si possono sciogliere senza fatica, gli impegni agevolmente revocati e le regole del gioco che non durino più del gioco stesso (se ma meno). Si è tutti irrefrenabilmente a caccia di novità”.
Bauman, Z., Modernità Liquida, Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari, prefazione edizione 2011, traduzione di Marco Cupellaro.