Talent Prize, la mostra

Due stanze, tredici artisti. Più semplice di così non si può. Basta poco per fare un punto sul talento delle ultime generazioni quando sono le opere a parlare da sole. Alla mostra del Talent Prize 2016, in programma al Macro di via Nizza fino al 30 ottobre, sono esposti i lavori di vincitore, finalisti e premi speciali del concorso promosso da Inside Art. Una rassegna che offre una visione allargata sul panorama artistico attuale in cui, per quanto eterogenei, i lavori riescono a trovare un punto di raccordo estetico e di ricerca. Si parte con la Project 1, una stanza buia che accoglie i lavori di Elena Mazzi, Marco Strappato, Gli Impresari, Klodian Deda. Si prosegue lungo il corridoio a vetri che campeggia sul cortile del museo romano per raggiungere la Project 2, sala che, in un allestimento simmetrico, ospita al centro l’opera del vincitore, Matteo Nasini e alle pareti i lavori di Leonardo Petrucci, Simona Luchian, Marco Maria Zanin e Silvia Mariotti. All’entata la scultura di Simona Andrioletti ostacola il passaggio ma non la vista creando un percorso lungo la sala alla scoperta delle altre installazioni di Domenico Laterza, Lenia Georgiou e Afterall.

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Klodian Deda, Hotel Avogadro, 2016
Questa installazione è stata originariamente realizzata per l’edificio di Torre Avogadro a Lumezzane (BS), posto in posizione dominante sulla valle e presidio degli Avogadro, signori della città dal 1427. Per la città la struttura ha un profondo significato storico e culturale, che nasce nel medioevo e viene tramandato a noi. Ponendo le insegne luminose nella parte frontale dell’edificio, la torre assume un altro concetto, diviene un albergo surreale, poiché gli ambienti interni rimangono immutati, vuoti, mentre cambia la finalità del luogo e inizia a perdersi la sua identità storica.

Elena Mazzi, The financial singing, 2016
Una cantante interpreta un grafico che rappresenta l’andamento dell’economia occidentale capitalista, restituendo la portata sociale ed emotiva di crisi economiche che hanno segnato il corso del Novecento. Il lavoro prende forma a seguito della lettura del libro del fisico danese Per Bak, How nature works, dove si definiscono strategie di analisi positive delle crisi e delle catastrofi sia da un punto di vista umano che naturale.

 

Marco Strappato, I’ve caught Derek Jarman and Yves Klein looking at my desktop wallpaper, 2015
L’artista ha utilizzato la proiezione del desktop wallpaper del suo computer proiettandola su due tele monocrome, dipinte di blu con la Rosco Chroma Key paint, la vernice che si utilizza per realizzare I fondali negli studi cinematografici dove poi vengono elaborati gli effetti digitali. Il lavoro si pone in quell’interstizio che passa tra la materialità della pittura e l’aspetto effimiro della video-proiezione: un dialogo continuo tra il mondo reale e virtuale. Evidenti sono inoltre i rimandi al mondo cinematografico di Jarman e a quello pittorico di Klein.

Matteo Nasini, Sparkling Matter, 2016
Composta da una serie di sculture, l’opera è un progetto di ricerca tra neuroscienze, suono e materia che si focalizza sulla trasformazione delle onde cerebrali registrate durante il sonno in suono e materia. Le sculture sono derivate da registrazioni di fasi R.E.M e sogni che l’artista ha acquisito attraverso un encefalogramma. Successivamente, le onde cerebrali sono state lavorate con un software di modellazione e, infine, colate in porcellana con una stampante 3D. Le sculture di Nasini, generate da un’attività umana ancora avvolta nel mistero rappresentano una possibile materializzazione di sogni.

Afterall, Afterall, Just one damn thing after the other_01, 2016
L’opera è la ricostruzione di un dispositivo scenico anticamente utilizzato in teatro per simulare l’andamento e l’intensità del sole. Ispirato a un disegno realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel 1635, il lavoro consiste in una struttura composta da una lampada, fissata all’estremità di un braccio periscopico, che riproduce il sorgere e il calar del sole attraverso l’azione di un macchinatore che ne varia l’intensità luminosa e la posizione.

Simona Andrioletti, Summit, 2016
L’artista ha chiesto Silvio Mondinelli, sesto alpinista al mondo ad aver scalato tutti gli Ottomila della catena Himalayana senza l’aiuto dell’ossigeno e ad aver raggiunto la vetta dell’Everest quattro volte, di rivivere con il ricordo lo spazio della vetta: il punto più alto del mondo. Mondinelli ne ha tracciato il perimetro su un foglio, che poi l’artista ha utilizzato come traccia per realizzare una base in marmo delle stesse dimensioni. Tutti i segni e le scritte del disegno originale sono state incise nel marmo per restituire, nel modo più fedele possibile, il disegno e i ricordi dell’alpinista.

Silvia Mariotti, Pazin2 (Aria Buia), 2016
L’opera rappresenta l’interno della grande foiba naturale di Pisino, al centro dell’Istria e fa parte di un ampio progetto di ricerca sul territorio carsico. L’interesse dell’artita si è focalizzato sul fenomeno storico-geografico delle foibe, inghiottito i noti per essere stati teatro dei massacri della seconda guerra mondiale ma anche luoghi che conservano una suggestività naturale e ancestrale, la stessa che incantò Jules Verne che vi si ispirò per il suo Viaggio al centro della terra.

3586 Solar System, 2013
Partendo dalla realizzazione di 8 solidi geometrici in origami modulari, l’artista li dispone secondo la posizione esatta dei pianeti del sistema solare in un preciso momento. Attraverso un software che simula l’andamento planetario del sistema solare, è possibile realizzare una sorta di costellazione partendo dal pianeta più vicino al Sole, Mercurio, arrivando al più lontano, Nettuno, e osservandoli da una visione frontale rispetto alle proprie orbite. Nel caso dell’opera presentata, 3586 Solar System, il numero sta a indicare la data della nascita dell’artista.

Marco Maria Zanin, Carvalho, 2015
L’opera fa parte della serie Os Argonautas, una ricerca sulla dinamica dell’erosione della memoria della grande migrazione italiana in Brasile avvenuta tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, in particolare nella città di San Paolo. Il soggetto nell’immagine, una scultura simile al classico castello di carte, costruito con una serie di vecchie fotografie di famiglia di italiani emigrati, suggerisce la fragilità della memoria e la rapidità con cui le proprie radici vengono dissolte nel frenetico sviluppo della metropoli. Carvalho è anche uno dei cognomi più diffusi in Brasile.

Simona Luchian, Supporto per immagine, 2016
La fotografia fa parte di una serie con cui l’artista intende costruire dei sostegni per dare ausilio a delle immagini cartacee, come se fossero delle entità viventi bisognose di rinforzo e spazio. Ogni scultura costruita per tale scopo viene disposta in un determinato spazio, fotografata e successivamente smantellata. Il risultato finale, la fotografia dell’installazione, non è solo la chiusura di un processo performativo o una semplice documentazione, ma è un tentativo di elevazione: la materia si eleva, non ha più bisogno di esistere fisicamente e trova una nuova forma nell’essere traccia bidimensionale.

Lenia Georgiou, Poxiàs (Ποξιάς), 2014
È un progetto artistico composto di laboratori esperienziali-sperimentali, inizialmente creati e proposti dai e per i richiedenti asilo in tutto il mondo. La parola poxiàs, dal dialetto cipriota, era usata in passato per indicare il fagotto, fatto di pezzi di tessuto, scarti cuciti insieme. L’opera è stata realizzata nel centro di accoglienza e di alloggio di Kofinu, a Cipro, nel 2014. Il progetto intende essere realizzato in paesi ogni volta diversi, per dare sostegno psicologico agli sfollati e per far riflettere sul tema del confine e delle migrazione.

Domenico Laterza, Dancer, 2016
L’opera è un volume scultoreo liquido e denso generato da una pila di flyers pubblicitari. Un oggetto sottratto ai meccanismi della quotidianità e della produzione indistriale si concede in una performance dove rivela, invece, tutto il suo potenziale estetico. La stratificazione dei flyers offre sfogo a giochi cromatici, lasciando all’artista il compito di innescare una forma che li faccia vibrare…

 

Gli Impresari, In sua movenza è fermo, 2016
L’opera è la ricostruzione di un dispositivo scenico anticamente utilizzato in teatro per simulare l’andamento e l’intensità del sole. Ispirato a un disegno realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel 1635, il lavoro consiste in una struttura composta da una lampada, fissata all’estremità di un braccio periscopico, che riproduce il sorgere e il calar del sole attraverso l’azione di un macchinatore che ne varia l’intensità luminosa e la posizione.