Giuseppe Penone al Mart

«È un percorso basato sull’idea di un gesto semplice impresso nella materia che diventa il principio della scultura». Con queste parole Giuseppe Penone riesce a raccontare la sua storia di artista, tra i principali attori del contemporaneo è riconosciuto a livello mondiale per le sue opere che sono caratterizzate dalla capacità unica di interpretare e reinterpretare la scultura attraverso la natura e i materiali legati ad essa. Con Giuseppe Penone, scultura. il Mart di Rovereto dedica un’importante mostra a uno dei protagonisti della stagione dell’Arte povera, oltre sessanta lavori ripercorrono alcuni dei momenti più forti della sua ricerca con particolare attenzione alla produzione più recente. Il progetto espositivo si inserisce in un più ampio disegno istituzionale nel quale le mostre temporanee e il recente riallestimento delle collezioni museali si completano per elaborare un tracciato deciso e chiaro dove il visitatore è in grado di sviluppare, in modo autonomo, una sua idea sulla crescita artistica nel nostro paese lungo due secoli, dalla metà del XIX secolo ai giorni nostri.

Nasce a Garessio, in provincia di Cuneo, il 3 aprile 1947, frequenta l’Accademia di belle arti di Torino, dove conosce Giovanni Anselmo e Michelangelo Pistoletto, con i quali entra a far parte del movimento dell’arte povera nel 1967. Espone per la prima volta nel 1968 al Deposito d’arte presente opere realizzate con materiali non convenzionali quali piombo, rame, cera, pece, legno, che in alcuni casi implicano persino l’azione naturale degli elementi. Nel bosco del suo paese natale, l’artista mette in atto una serie di performance decise ad approfondire le possibilità che l’uomo ha di interagire con la natura e di modificarla, intervenendo, ad esempio, nel processo di crescita degli alberi come in Alpi Marittime del 1968. I suoi lavori sono parte integrante delle principali collezioni museali a partire dalla Tate gallery, Londra, il Centre Georges Pompidou, Parigi, il Musée d’art moderne de la Ville de Paris, il Maxxi di Roma o ancora il Castello di Rivoli, Torino, passando dal Stedelijk museum, Amsterdam, dal Museum of modern art di New York o in fine il Museum of contemporary art di Los Angeles. Ora vive e lavora tra Parigi e Torino.

L’allestimento è pensato dallo stesso Penone e dal direttore del Mart Gianfranco Maraniello, l’ampia superficie espositiva del secondo piano, dove è stata ricreata una pura architettura liberata dalle pareti interne, è delimitata semplicemente dai muri perimetrali e dai pilastri e ricevono la luce zenitale dagli alti lucernari finalmente aperti. La mostra si collega così alle condizioni ambientali, alla luce naturale con cui spesso ha lavorato l’artista, quasi come per trasmette le stesse sensazioni provate in corso d’opera e perché no, idealmente, sentirsi abbracciati dallo straordinario paesaggio montano che circonda la location trentina. «L’idea è di abbattere i muri del museo – dice Penone – di aprire completamente, di rivelare questo spazio come non è mai stato fatto prima. Un’ottima esperienza che ha permesso al mio lavoro di dialogare in un contesto con una qualità architettonica sorprendente». A partire dall’ingresso siamo accolti da una monumentale installazione inserita nel vano scale del Mart, architettura e scultura si intrecciano, l’opera Spazio di luce del 2008 si arrampica lungo le pareti del cavedio, in un grande vuoto ecco spuntare un albero che si propone come elemento portante nel percorso espositivo ma allo stesso modo come colonna che sorregge il museo o una sorta di rivincita della natura sul cemento, è evidente un aspetto simbolico dalle diverse sfaccettature sopratutto perché il tronco di bronzo e oro viene installato in verticale e ancorato alle pareti.

«Osservando il suo interno – ha spiegato l’artista – il nostro sguardo percorre lo spazio di luce occupato dall’albero e diventa albero». La mostra supera il concetto di retrospettiva per cedere il passo all’indagine sull’evoluzione di una pratica artistica e stilistica. Tra le opere anche Soffio di foglie del 1979 dove un cumulo di foglie diventano l’artista stesso, infatti con il suo peso corporeo e il suo respiro direttamente sulle foglie, imprime così il suo passaggio, l’azione che cancella l’involucro creando ogni volta un’altra identità. Marmo, bronzo, piante, corteccia, terra materiali che sublimano per essere mezzo necessario e fondamentale in modo da comunicare e dare una visone alternativa del vivere. Nulla è slegato, tutto diventa umano anche quello che lo è solo dopo una nostra interpretazione, spesso troppo condizionata. Penone è un artista che ha lascito e lascerà un segno nel mondo dell’arte, il suo lavoro rappresenta un sorta di ibrido tra la natura e l’uomo, un tramite, un passaggio obbligatorio per una pura comprensione del sacrale legame tra il pianeta e le sue forme di vita.

Fino al 26 giugno; Mart
, Corso Bettini 43
, Rovereto; info: www.mart-trento.it