Dopo mesi di occupazione cominciati nel maggio 2015, Palmira viene liberata dall’Isis grazie all’esercito siriano e appare come una città distrutta. Ottimista Maamoun Abdulkarim, direttore generale per i siti archeologici del governo siriano che a France press ha dichiarato: «Pensavamo peggio, il panorama generale è in buone condizioni». Sappiamo però per certo che a essere distrutti sono stati due dei templi più famosi di tutta la città: Il tempo di Baal e quello di Baalshamin, mentre sono quasi intatti l’Agorà, il teatro romano, le mura e buona parte delle colonne. Grave invece la situazione al museo archeologico completamente saccheggiato, anche se sappiamo che alcuni reperti sono stati messi in salvo dall’archeologo Kalhed al Assad. Abdulkarim assicura che presto un team di esperti farà una stima dei danni subiti.
E mentre si contano i morti sul campo c’è chi pensa a come rimediare il danno: l’archeologa Maria Teresa Grassi, docente del dipartimento Beni culturali e ambientali dell’Università di Milano non esclude la possibilità di ricostruire le parti mancanti grazie alla stampa 3D e al Corriere della Sera dice: «Ora credo si debba restituire la giusta fisicità ai monumenti distrutti a Palmira dall’Isis, ricostruendoli con le tecnologie oggi a disposizione. Mi sembra un atto doveroso». L’archeologa ha in mente la megastampante 3D, Big Delta, realizzata da Massimo Moretti e presentata a Roma nell’ottobre 2015 da Francesco Rutelli col professor Paolo Matthiae nell’ambito dell’associazione «Incontro di civiltà». La stampante è stata pensata proprio allo scopo di ricreare i monumenti distrutti dall’Isis.
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