Max Papeschi in Oriente

Non è la prima volta che espone in Giappone. «L’anno scorso avevo portato a Kyoto la serie La société du spectacle, basata sull’omonimo libro di Guy Debord, ed è andata molto bene. Questa volta espongo anche From Hiroshima with love, che fa riferimento a un avvenimento per loro tabù come quello della bomba», spiega Max Papeschi. Protagonista di una doppia personale nell’ambito del progetto Japan show – a cura di Salvatore Marsiglione, Tomoharu Aoyama e Stefano Fossati – che inaugurano il 18 novembre a Osaka, nell’istituto italiano di cultura, e il 20 dello stesso mese nella galleria Tomo di Kyoto (entrambe fino al 3 dicembre), il digital artist torna a proporre una serie di opere contraddistinte dal suo stile graffiante e ironico e di denuncia sociale. «A parte l’Europa, dove il mio lavoro comincia ad essere piuttosto noto e le cose vanno già bene da qualche anno, sono gli Stati Uniti il paese dove quello che faccio viene recepito meglio e che mi da maggiori soddisfazioni», riprende Papeschi, che in Giappone ha sempre avuto una grande accoglienza.

Nella suo testo di presentazione, Marsiglione descrive l’artista – approdato alla digital art dopo l’esperienza da autore e regista per teatro, cinema e tv – «come un novello Robin Hood che ruba attraverso la rete le immagini dei potenti, delle multinazionali, dei poteri forti, ne modifica il senso, le assembla, taglia e cuce, fino a restituirci una sembianza diversa, una parvenza che dà occasione di riflessione sulle vere essenze dei protagonisti». Senza esprimere giudizi né puntando il dito perché, come sottolinea il curatore, «non ha la pretesa di farlo, non è un giudice bensì un artista». Autore nel 2014 dell’irriverente Vendere svastiche e vivere felici (Sperling & Kupfer, 200 pagine, 16.90 euro), «un libro che, come le cose migliori che mi sono capitate nella vita, è cominciato un po’ per scherzo e un po’ per caso» – Papeschi mostra una società globalizzata e consumista rivelandone i suoi orrori in maniera ironicamente realistica. Dal Topolino nazista al Ronald McDonald macellaio, le icone cult si spogliano del loro effetto tranquillizzante per trasformarsi in un incubo collettivo.

In occasione di Japan show, l’artista presenta a Kyoto un’ampia selezione della serie in bianco e nero From Hiroshima with love (pubblicata in Italia nel 2010 ma inedita in Giappone), dove aggiunge i volti di cartoon ai corpi nelle foto storiche originali, affrontando il tema della guerra e della devastazione e mostrandone il suo aspetto disonesto. Affrontare un tema così delicato attraverso una visione pungente non vuole essere irrispettoso, piuttosto attirare l’attenzione e far riflettere. «Evito di trattare argomenti che non mi interessano, per il resto cerco di parlare di tutto», incalza Papeschi, che invece a Osaka propone la rassegna La société du spectacle, con una selezione di lavori che hanno come comune denominatore le denuncia sull’ipocrisia dei capi di stato e i governanti di tutto il mondo, che sembrano essere autorevoli e dirigere le nostre sorti, quando invece si tratta soltanto di burattini, attori al soldo dei veri potenti. E quando si chiede all’artista in che modo si può ancora scioccare il pubblico, la risposta è spiazzante, come le sue corde impongono: «È stato esposto un cesso in una galleria d’arte, ci sono state la merda in barattolo e performance basate sul nudo, sul sangue e sull’autolesionismo, hanno torturato animali in nome dell’arte di rottura e appeso in piazza manichini di bambini morti. A livello di provocazioni, il mondo dell’arte ha già dato abbastanza».

Info: www.maxpapeschi.com