Splinter non ha mai letto le Vite di Vasari. È un’affermazione surreale, certo, ma assume tratti di credibilità se si confrontano i caratteri delle quattro tartarughe ninja genialmente concepite dalle matite di Kevin Eastman e Peter Laird con quelli dei quattro artisti del Rinascimento italiano raccontati dall’artista biografo toscano. La scelta dei nomi delle tartarughe è un omaggio commovente che però, soprattutto nelle trasposizioni cinematografiche, manca di coincidenze. Naturalmente, è noto, anche i ritratti vasariani non brillano sempre per veridicità.
La realtà è che i quattro mitici supereroi verdi, abitanti di un suburbano antiteticamente focolaio di giustizia, si configurano sin dagli albori come paladini umaneggianti spinti da bontà e generosità innate. Tutte e quattro, indistintamente. Le discrepanze caratteriali con i quattro interpreti del sublime nell’Arte sono particolarmente riscontrabili nelle prime due pellicole della trilogia cinematografica, ma possono valere a grandi linee anche per i personaggi del fumetto originario.
Per ogni coppia di personaggi – artista/tartaruga – esistono interessanti punti di contatto ed evidenti difformità. Raffaello l’artista ”fu dalla natura dotato di tutta quella modestia e bontà che suole alcuna volta vedersi in coloro che più degl’altri hanno a una certa umanità di natura gentile aggiunto un ornamento bellissimo d’una graziata affabilità, che sempre suol mostrarsi dolce e piacevole con ogni sorte di persone et in qualunche maniera di cose. […] fu ben ragione che in Raffaello facesse [la Natura] chiaramente risplendere tutte le più rare virtù dell’animo, accompagnate da tanta grazia, studio, bellezza, modestia et ottimi costumi”, mentre Raffaello la tartaruga spicca anche per irascibilità, insofferenza e impulsività, quando perde il sai in occasione della prima uscita, quando porta April O’Neil nel rifugio sotterraneo causando di fatto il rapimento di Splinter, quando si allontana dal gruppo discutendo ripetutamente le scelte di Leonardo, leader in pectore in assenza del Maestro.
Un indizio di questi dissidi fraterni potrebbe essere sorprendentemente svelato proprio da Vasari: “piacendogli la maniera di Lionardo più che qualunche altra avesse veduta mai, si mise a studiarla, […] cercò, quanto seppe e poté il più, d’imitare la maniera di esso Lionardo. Ma per diligenza o studio che facesse, in alcune difficoltà non poté mai passare Lionardo”. Se il suo nome fosse stato Michelangelo l’insofferenza e l’irascibiltá sarebbero state probabilmente più indovinate. Del Donatello artista, “scultore rarissimo e statuario maraviglioso”, Vasari racconta un episodio che ne rimarca una sensibile fibra morale: anziano e malato fu raggiunto da alcuni suoi sfacciati parenti che rivendicavano l’ereditá di un suo piccolo podere situato nelle campagne pratesi: “Ciò udito Donato, che in tutte le sue cose aveva del buono, disse loro «Io non posso compiacervi, parenti miei »”. E il podere fu lasciato al contadino che lo aveva sempre lavorato. Donatello la tartaruga si distingue per simpatia, per affabilità e per una spiccata propensione alla scienza che lo avvicina, più che a Donato Scultore Fiorentino, alla figura di Leonardo Da Vinci. Dimostra poi un particolare affiatamento con Michelangelo, legame che, ancora una volta con sorpresa, è anche nelle pagine vasariane: “O lo spirito di Donato opera nel Buonarroto, o quello di Buonarroto antecipó di operare in Donato”.
Michelangelo Buonarroti, che con la sua arte ha vinto la natura, pare sia stato anche un personaggio ostico, facilmente irritabile, perennemente insoddisfatto; caratteristiche che risultano assai distanti dal profilo di Michelangelo la tartaruga, che invece si fa notare per giocosità, estroversione, simpatia e grande amore per la pizza, passione questa condivisa anche dai fratelli. Leonardo Da Vinci è stato un personaggio totale e Vasari sottolinea quanto non siano state giustamente lodate la bellezza e la grazia nel compiere ogni azione. Inoltre “La forza in lui fu molta e congiunta con la destrezza, l’animo e il valore sempre regio e magnanimo”. Fin qui, in linea di massima, c’è collimazione con la tartaruga ninja che porta il suo nome, la quale si distingue per attitudine alla leadership, grande attaccamento alla famiglia e nobiltà d’animo. Il lato capriccioso del Da Vinci che “cominciò molte cose e nessuna mai ne finì”, meno si addice al capo dei mutanti buoni, che sin dall’inizio spicca invece per senso del dovere. A dar retta a un anonimo fiorentino ci fu un acceso scambio di opinioni tra Leonardo e Michelangelo, proprio a causa dell’abitudine leonardesca di lasciar incompiute o abbandonare le commesse. Preso per veritiero questo ormai celebre racconto, se Raffaello la tartaruga si fosse chiamata Michelangelo la scelta sarebbe stata più solida.
Chiaro allora che Splinter non abbia mai letto le Vite di Vasari. Però, pensandoci, il Maestro, che tra l’altro riabilita con la sua saggezza e i suoi insegnamenti un genere animale non proprio fortunato, ha attribuito i quattro nomi quando chiaramente le tartarughe non erano ancora caratterialmente formate, e considerata la difficoltà latente di trovare una buona libreria tra le fogne di New York, forse sarebbe preferibile asserire che Splinter, per colpa dei comunque geniali Eastman e Laird, non ha mai letto le Vite di Vasari.