Il caso Kenya, ritirato il Padiglione dalla Biennale

Venezia

Oggi si sono finalmente conosciute le ragioni che hanno spinto il Padiglione Kenya a ritirare la sua partecipazione dalla Biennale di Venezia a soli undici giorni dall’inizio della manifestazione. La comunicazione sarebbe stata inviata direttamente dal governo kenyota ai responsabili della Biennale e questo non ha mancato di suscitare scalpore e indignazione generali. Cosa si nasconde dietro questa decisione non è ancora del tutto chiaro. Quello che è certo sono i malumori del governo di Nairobi di fronte alle scelte curatoriali relative al padiglione nazionale di quest’anno. Non ha convinto la decisione dei curatori Sandro Orlandi Stagl e Ding Xuefen di invitare Armando Tanzini e altri artisti non kenyoti, tra cui Yvonne Apiyo Braendle-Amolo, Qin Feng, Shi Jinsong, Li Zhanyang, Lan Zheng Hui, Li Gang e Double Fly Art Center, a rappresentare ”ufficialmente” il Paese. Sebbene nelle edizioni passate questa abitudine sia diventata una prassi, in ragione del fatto che quello che conta è il rappresentare un Paese attraverso l’arte e non chi lo rappresenta, quest’anno tale realtà deve aver disturbato qualcuno. Il rusultato? La mostra si svolgerà comunque, ma senza riconoscimento ufficiale della Biennale, quindi sarà, di fatto, un evento esterno.
Tuttavia le contraddizioni che hanno accompagnato questo epilogo lasciano spazio a più d’una zona grigia. Ma per il momento il ritiro sembrerebbe irrevocabile, come si evince dalle poche righe inviate da Paolo Baratta per comunicare l’accaduto, semplici, fredde, lapidarie: ”Si  informa  ufficialmente  che  il  Governo  della  Repubblica  del  Kenya,  nel  Ministero  dello  Sport, Cultura  ed  Arte  ha  ritirato  la  propria  Partecipazione  Nazionale  alla  56.  Esposizione  Internazionale d’Arte, la Biennale di Venezia”.