Francesca Alinovi a Outdoor

Outdoor suggella il suo successo con un party conclusivo in collaborazione con lo Spring attitude festival, ma il viaggio trasversale nell’arte metropolitana non si esaurisce con i trenta giorni vissuti nello spazio dell’ ex Dogana. L’urban art festival lascia riflessioni aperte sulla nuova creatività e affida alla sensibilità dei visitatori una causa importante: sostenere la raccolta fondi per arrivare ai titoli di coda di Off- Identikit, il documentario scritto e diretto da Veronica Santi in memoria di Francesca Alinovi, l’appassionata critica d’arte, curatrice, ricercatrice al Dams di Bologna e talent scout, che fu assassinata nel 1983 a soli 35 anni. Il tributo è stato già interamente girato, anche grazie a una campagna kickstarter, ma manca un ultimo supporto economico per perfezionarlo e curare la distribuzione. Nello spazio dell’ex Dogana è stato proiettato un estratto per rivolgere un appello a quanti sponsor, mecenati o appassionati vogliano contribuire a colmare un vuoto colpevole su una critica militante attenta al dialogo tra le discipline, che negli Anni di piombo fu capace di approdare a New York e avvicinare con empatia molti talenti emergenti, intuendo con lucidità visionaria le nuove frontiere dell’arte. “Ricordo la migliore intervista della mia vita con Francesca Alinovi” disse Keith Haring. Il documentario si divide in due parti per presentare un ricco apparato di testimonianze che Santi ha raccolto negli Stati Uniti e in Italia. Passando dai ricordi di Kenny Scharf, Luigi Ontani o Marcello Jori, all’intervista doppia a Daze e Crash o al dialogo con il fondatore di Fashion moda Stefan Eins, alternando gli aneddoti di Toxic alle riflessioni della fondatrice di Vogue Italia Mariuccia Casadio, il ritratto della Alinovi che emerge è accomunato dall’ammirazione per un entusiasmo e una competenza fuori dal comune.

«Ho un’affinità intellettuale con lei – dice Veronica Santi – mi sono imbattuta nei suoi testi e mi hanno aperto il cervello. Allora sono andata a ricercare altri scritti. Il suo approccio critico all’arte lo trovavo molto mio e volevo vedere quel periodo di storia dell’arte con la sua lente critica. Il documentario è nato per caso. Gino Gianuizzi, che ha fatto risorgere la Galleria Neon fondata dalla Alinovi, mi ha proposto di indagare la parte newyorkese della sua biografia per curare una mostra. Ho iniziato a contattare persone, ma non c’erano materiali fisici, non trovavo né libri, né fotografie o altri oggetti utili per un’esposizione. Così è nata l’idea di un documentario». Attualmente non esiste una pubblicazione completa degli scritti della ricercatrice parmense e il documentario vuole anche essere un impulso per riaccendere i riflettori sul valore di una critica d’arte fuori dagli schemi, ingiustamente adombrata dall’amplificazione mediatica della sua uccisione. «C’è un boicottaggio sulla Alinovi: il delitto l’ha oscurata come intellettuale. Era una donna, e molto bella, e ancora si parla solo del delitto passionale – dice Daniela Croci, video maker e montatrice di Off-Identikit, che ha incrociato il suo destino con Veronica Santi proprio a Ney York, dove gestisce una galleria dedicata ai graffiti – Gli orizzonti a cui guardava sono ancora oggi un appannaggio prevalentemente maschile». Anche riappropriarsi della memoria di un’intellettuale dallo sguardo vivace e visionario, per farne terreno fertile di una ricerca sulla contemporaneità, risponde alla vocazione ad “andare oltre”, il moving forward che la quinta edizione di Outdoor ha scelto come motivo conduttore. In un gioco di rimandi e sintonie l’Urban art festival ha rivisto in Veronica Santi lo stessa dedizione alla causa dell’arte che animava ogni lavoro di Francesca Alinovi: «Della regista ci ha colpito il tipo di approccio che ha avuto in questo progetto – dice la curatrice di Outdoor Antonella Di Lullo – una grande passione, molto simile alla nostra nel creare questo festival e a quella di Francesca Alinovi nel raccontare una temperie culturale in fermento, allergica ai preconcetti e all’insegna della cooperazione». La Alinovi si affacciò nel panorama creativo newyorkese con una curiosità vorace, unendo allo stupore sempre rinnovato di una bambina le sopraffine competenze di una ricercatrice universitaria. Non esistevano definizioni confezionate a tavolino, né street art né writing.«Così come nel 2014 la nostra frontiera è far cadere le etichette – prosegue Di Lullo – Outdoor accoglie questa sfida con un grande cambiamento, mettendo in relazione gli stili di 15 artisti completamente diversi e liberi di esprimersi nel grande spazio dell’ex Dogana».

Il titolo Off – Identikit trae spunto da parole della stessa Alinovi, che ben rappresentano il dramma sull’identità, ancora attualissimo: per cogliere l’essenza profonda dei nostri giorni non si può far altro che “transitare per brevi momenti su territori di frontiera – scriveva nel saggio L’arte mia – scorrere avventurosamente lungo avamposti instabili, per attimi d’incontro, di scambio e di contaminazione. Essere ovunque nel mondo e avere il mondo dentro di sé”.