Bini Smaghi, Renzi e le inutili polemiche

La passione di un certo giornalismo per la polemica è sempre accesa. Questione di comodità: informarsi è più faticoso che sparare giudizi a vanvera. Ultima vittima la Strozzina di Firenze ed il suo presidente Lorenzo Bini Smaghi. La pietra del supposto scandalo è stata la sospensione per qualche mese delle attività della sezione contemporanea. Certo, dispiace dover constatare ancora una volta l’insensibilità o l’incapacità di un paese che non riesce a fare neanche il minimo, sia che si tratti di Pompei, di Macro o di Strozzina. Ma una cosa è dire questo, altro è sparare nel mucchio tanto per sollevare un pò di polvere. Conosco Lorenzo Bini Smaghi, siamo partner e sostenitori di Strozzina, conosciamo e apprezziamo il lavoro che in questi anni è stato fatto nel complesso fiorentino. Sappiamo tutto questo ma ciò nonostante ci siamo presi la briga di fare qualche verifica e di interepelare l’interessato. E la verità che ne è emersa è, se volete, disarmante ma alquanto semplice.

Ai primi di luglio Strozzina ha subito un taglio, l’ennesimo, di 200mila euro, al quale si è sommata la dipartita della direttrice, Franziska Nori. «La decisione piú saggia, per evitare un buco di bilancio, è stata di sospendere il programma e di prendersi un attimo per ripensare il ruolo della Strozzina – ha detto Bini Smaghi – faremo delle nuove proposte in autunno, ma in ogni caso la Strozzina non chiude». Ripeto, è una sofferenza vedere come la cultura in Italia non sia considerata una risorsa, come un giorno sì e l’altro pure si annuncino tagli, ma ciò detto, che altro poteva fare il malcapitato amministratore di turno? Anzi, in questo caso abbiamo pure un ìresidente che non molla: «Uno dei punti prioritari, ora che la Strozzina ha acquisito una sua reputazione – conclude Bini Smaghi – è di puntare maggiormente sui giovani italiani, che forse sono stati un pò trascurati nelle mostre passate. Perchè in tutti i paesi europei gli artisti nazionali sono sostenuti dalle istituzioni culturali, mentre in Italia c’è una tendenza provinciale a guardare sopratutto all’estero».

Ecco, il vero tema è proprio questo, ripensare la politica culturale di un paese che si sta drammaticamente immiserendo, che difende modelli di business (sì, business! perchè di questo si tratta) vetusti, che è incapace di investire nel proprio immenso patrimonio culturale. Non servono polemiche di quarta. Occorre che almeno gli addetti ai lavori facciano sistema, elaborando proposte concrete e di rottura. Spingendo, per esempio, Renzi a imprimere una svolta più incisiva alla riforma Franceschini.