Architettura sacra, il cammino è lungo

Come dice il presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta, in occasione della 14.ma mostra internazionale di architettura, diretta quest’anno da Rem Koolhaas: «Monditalia contribuisce a una presa di coscienza, di ripresa e di coraggio. È un esame serio e maturo del paese, che ci ricorda senza pregiudizi la complessità degli ineludibili problemi che l’Italia condivide con altri paesi. Solo da una matura consapevolezza può rinascere il coraggio per affrontare questi problemi, che non solo non devono essere negati o occultati, ma devono essere consapevolmente vissuti come fonti di rigenerazione, senza compiacimento alla depressione, alla rinuncia e, dall’altro lato, senza un’immagine da cartolina illustrata».

Quali sono le luci e le ombre dell’architettura religiosa dopo il Concilio? In Monditalia, in cui sono impegnati anche i settori danza, musica, teatro e cinema, non poteva mancare una ricerca sull’architettura sacra, dal titolo Disegnare il sacro. Con la curatela di Marco Sammicheli, di don Giuliano Zanchi, di chi scrive, e con la collaborazione di Francesca Cipullo (art director installazione e grafica), la sezione ha tracciato, sia pure per rapide linee, tra le innumerevoli realizzazioni sorte dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, i profili di un panorama caratterizzato da luci e da ombre, da aperture e da forti resistenze. Attraverso alcuni esempi puntuali, ha cercato di rendere conto di fenomeni ben più ampi e complessi, premiando ricerche sviluppate in modo particolare in contesti periferici o in luoghi nei quali il culto cattolico è espressione di una minoranza. Il lavoro ha cercato di proseguire il cammino post-conciliare, oggi ampiamente studiato, intrapreso dalle diocesi di Milano, Torino e Bologna, con una mappatura che, partendo da Bergamo, ha coinvolto tutta la penisola.

Sono così stati considerati il caso della chiesa del Sacro cuore immacolato di Maria a Brembo di Dalmine, (Bergamo) (Pbeb architetti), consistente in una vera e propria riqualificazione dello spazio, dove i volumi puri di una chiesa-fabbrica degli anni Cinquanta vengono trasformati, con grande sapienza, oppure il caso di Sedrina (Bergamo) dove, nella chiesa cinquecentesca di San Giacomo Maggiore, l’arte contemporanea dimostra di integrarsi nello spazio, attraverso il lavoro di Mario Airò e Stefano Arienti. È questo un dialogo non sempre accolto, come mostrano le resistenze suscitate dall’adeguamento liturgico di Reggio Emilia, che si manifesta in tutta la sua originalità, per la coraggiosa riorganizzazione dei poli celebrativi, dove sono stati coinvolti artisti contemporanei che hanno compiuto un vero e proprio percorso biblico e teologico per la realizzazione delle loro opere: Claudio Parmiggiani per l’altare, Ettore Spalletti per il candelabro e Hidetoshi Nagasawa per l’ambone. Tuttavia, la cattedra di Jannis Kounellis è stata rimossa e la croce gloriosa di Nagasawa mai collocata.

Altri esempi considerano le esperienze di chiese realizzate oltre i confini nazionali che nascono per piccole comunità. Così, la chiesa di Maria Ausiliatrice di Adwa di Luigi Caccia Dominioni, reinterpretando in Etiopia i tipici edifici vernacolari locali e integrandosi perfettamente nel paesaggio, si rivela all’interno come luogo di grande raccoglimento e suggestione, attraverso l’uso della pietra rosa e del legno. Talvolta, la pittura può trasfigurare lo spazio. È questo il caso di Chiesa Nostra Signora del Rosario a Doha – Qatar, dove lo spazio appare dipinto dalla luce. La pittura monumentale si diffonde con colori dai toni azzurri che arrivano al bianco e al rosa per poi accendersi nei gialli. Il pittore lombardo Valentino Vago realizza un immenso spazio luminoso di totale calma, sospensione.

Un caso a parte è la figura di padre Costantino Ruggeri. Con la chiesa di Santa Maria regina del creato di Barbagelata di Lorsica (Genova), le esperienze del dopo Concilio prendono forma in un progetto, che ha cercato di dare risposte concrete alle domande di trasformazione di una comunità. Si avverte nell’architettura lo slancio dei primi entusiasmi conciliari. Aprirsi alla città e ai servizi di accoglienza è il segno del progetto di Sandro Pittini, con la chiesa di San Lorenzo martire a Rualis di Cividale del Friuli (Udine). Il progetto prende qui forma in un’aula liturgica, disegnata per inserirsi in un insieme preesistente di luoghi comunitari di cui essa diventa il completamento.

Nella sezione della Biennale non potevano infine mancare alcuni casi che suscitano diverse riflessioni e interrogazioni per le soluzioni proposte, e che coinvolgono purtroppo un’infinità di casi. Così, la chiesa della Madonna della pace a Valenza (Terni), realizzata da Paolo Portoghesi, mostra come non sia sufficiente tradurre didascalicamente in strutture architettoniche elementi allegorici, come la forma stellare, perché lo spazio diventi evocativo, denso di senso. Vero spazio simbolico. Allo stesso modo, il santuario di San Francesco di Paola, a Paola, di Sandro Benedetti mostra la grande difficoltà di molti edifici religiosi contemporanei di inserirsi nel paesaggio e di dialogare con l’architettura antica. Troppo spesso abbiamo infatti l’impressione che molte chiese non tengano conto del contesto in cui sono inserite, deturpando paesaggi storici di tradizione secolare, presentandosi così come corpi avulsi dal contesto. Infine, il caso della chiesa di Santa Maria della presentazione a Roma disegnata da studio Nemesi (nella foto), nelle sue esigenze di polivalenza e nella brutale spregiudicatezza hi-tech, sembra venire meno alle ragioni di un’architettura religiosa, dimenticando la chiarezza di un segnale urbano. In che modo l’edificio “chiesa” si presenta in maniera riconoscibile? Insomma, il cammino per una “bella” architettura religiosa, malgrado i risultati ottenuti, è ancora lungo da percorrere.