Da illegale a pubblica. È questo il senso della conferenza odierna al Macro di Roma che ha sdoganato – se ce ne fosse ancora bisogno – la street art, almeno quella capitolina. Un parterre di tutto rispetto per Street art and the city, momento saliente del Festival sull’arte di strada Avanguardie urbane che intende fare il punto su uno dei fenomeni artistici più interessanti degli ultimi anni. Dall’assessore alla Cultura Flavia Barca ai responsabili dei vari municipi interessati, tutti insieme appassionatamente per dire come l’arte di strada da roba per vandali a volto coperto sia diventata, almeno nella capitale, un fenomeno capace di riqualificare interi quartieri e dare un volto nuovo, un’identità a chi ci vive. Ben diversamente, tanto per fare un esempio, dalle traversìe subite da Bros coi suoi interventi sui muri di Milano e in linea col murale Tuttomondo di Keith Haring divenuto a Pisa bene vincolato. «La riqualificazione delle periferie passa anche attraverso il bello che aiuta a fuggire dalla violenza». Parola di Giovanna Alberta Campitelli che nelle sue vesti di direttrice in pectore del Macro e padrona di casa di un museo ancora senza padrone dichiara: «La street art è un modo per rendere più comprensibile l’arte contemporanea, non solo ai giovani». «È un pezzo del puzzle che serve a dare senso alle periferie», aggiunge Paolo Masini, assessore capitolino ad hoc. E «un modo per portare un’arte non convenzionale nel cuore della città», rincara Andrea Valeri, assessore alla Cultura del I municipio. «Questo progetto porta a Roma qualcosa di diverso, lo sosteniamo per questo», conclude Guido Talarico, direttore di Inside Art, media partner dell’evento.
Tutti d’accordo, dunque. Abbandonati i passamontagna e l’anonimato, le fughe dai tetti e i buchi nei cancelli, gli street artist – guai a confonderli coi graffitari – operano oggi alla luce del sole, forti del sostegno pubblico. Un aiuto tanto palese da far storcere la bocca a chi, come C215, chiede un distinguo semantico: «Benissimo il riconoscimento e la visibilità – dichiara l’artista, tra i più noti in Francia, presente al convegno – ma non parlerei più di street art: questa è un’arte controllata, la definirei moralista. Comunque quando sono venuto la prima volta a Roma, nel 2008, c’erano solo Sten & Lex, ora c’è un bel movimento, gli artisti di strada italiani sono tra i migliori al mondo». Non occorre fare nomi, ma la punta di diamante del movimento parla italiano anche se pensa e si muove globalmente: un’avanguardia che, forte di una tecnica e di un retroterra unici, per peso e prestigio è paragonabile a quello che rappresentava l’arte dell’Italia rinascimentale per il suo tempo. Un’idea di cosa stia cambiando e sia possibile fare a livello mondiale la fornisce Monica Campana, fondatrice di Living walls ad Atlanta. Una delle città più anonime degli Stati Uniti è diventata, in capo a pochi anni, epicentro di un’iniziativa dove, letteralmente, i muri parlano, ritrovo di un movimento internazionale che vede all’opera i migliori street artist del mondo. E per quello che era il set di film seriali sui morti viventi, tanto era adatta la location, è un bel ritorno in termini turistici, oltre che d’immagine, considerate le frotte del selfisti a zonzo tra muri e palazzi non più alienanti.
Ma Roma non è Atlanta e organizzare un evento di tale portata non è uno scherzo. Stefano Antonelli – nomen omen con Street Art – patron della 999 Gallery a Testaccio e deus ex machina del festival Avanguardie urbane, accanto a Gianluca Marziani, Francesca Mezzano e Dario Marcucci, è chiaro: «Roma ospita la migliore arte del mondo, dipingere sui suoi muri non è semplice, né è così facile confrontarsi coi luoghi di Raffaello, Bernini, Michelangelo, Caravaggio». Un visionario, Antonelli, capace di dare corpo al suo sogno di fare d’ogni muro un’opera d’arte, di Roma la capitale della street art. Saranno decine, alla fine, i muri capitolini dove i maggiori artisti di strada del mondo lasceranno un segno per i contemporanei e forse per i posteri. Un percorso iniziato col segno astratto di Clemens Behr che ha ridato senso e dignità a un anonimo palazzone sulla tangenziale, proseguito con la lupa di Roa su un palazzo di 30 metri alla Garbatella, e i grandi murales di Axel Void alla ex ferramenta Cantini e di Guy Denning in via Silvio D’Amico, senza dimenticare il faccione di Totti a firma di Lucamaleonte, frutto però di un evento ad hoc. Un progetto che intende fare di un intero quartiere, l’Ostiense, un vero e proprio distretto della street art capitolina e, tra gli eventi più attesi, prevede l’inaugurazione di un affresco alla stazione metro a piazza di Spagna realizzato da un “dream-team” di artisti francesi, l’8 maggio.
Gli stessi, buon ultimo, presenti dal 7 giugno al 10 agosto in Urban legends, i giorni della street art. Una mostra che nasce in seno ai Jours de France, un programma di scambi culturali diretto da Jacqueline Zana Victor e sostenuto dall’ambasciata di Francia che vedrà i maggiori artisti di strada francesi e italiani confrontarsi nelle sale del Macro di Testaccio. Dallo stesso C215 a Andreco, Alexone, Philippe Beaudelocque, Epsilonpoint, Eron, Lucamaleonte, Moneyless, Popay, Seth, Tellas, per finire col piemontese 108. Insomma, il meglio della street art nostrana e d’Oltralpe per rendere palmare quanto un fenomeno alternativo sia divenuto negli ultimi anni un processo culturale tra i più rilevanti a livello planetario. Info: www.999gallery.com.