La scena artistica viennese degli anni ’60 è riconducibile soprattutto al gruppo degli azionisti viennesi, formato in prevalenza da artisti di sesso maschile di fama internazionale come Herman Nitsch, Günther Brus, Otto Muehl, Rudolf Schwarzkogler. Gli azionisti, attraverso violente performance o happening, affrontavano tematiche di matrice psicologica, sado-masochistica e autolesionistica, ispirate da un diffuso atteggiamento dissacrante nei confronti dei simboli religiosi, delle funzioni del corpo e delle pratiche sessuali.
Dopo aver dedicato un capitolo alla corrente maschile azionista, la Richard Saltoun Gallery di Londra si concentra invece, fino al 23 maggio, sull’azionismo femminista, che, sebbene relazionato con l’azionismo viennese, se ne discosta e, anzi, ne sovverte alcuni dei principi fondanti. Votata interamente a contrastare l’egemonia patriarcale e sessista, l’arte di Valie Export, esponente di quella corrente ben nota in ambito internazionale, non ha bisogno di presentazioni e di tanti preamboli. Tutti o quasi tutti si ricorderanno delle sue provocazioni. Completa l’esposizione londinese un’altra artista meno conosciuta, Friedl Kubelka, le cui riflessioni si collocano in continuità con quelle di Valie Export, attraverso azioni più “soft”. È certo che entrambe pongono al centro della loro estetica le questioni femministe del gender, dell’analisi linguistica e concettuale del corpo come soggetto politico.
A riprova della sua lotta contro il patriarcato, Valie Export, Waltraud Höllinger all’anagrafe, si era creata questo pseudonimo rinunciando al proprio nome per assumere una nuova identità, basata sul nome di una marca di sigarette austriache, le Smart Export. Le sue opere, soprattutto quelle giovanili, sono attraversate dal suo forte impegno femminista, come le provocatorie performance che sono diventate da tempo vere e proprie icone della storia dell’arte rimaste nell’immaginario collettivo. Tapp und Tastkino (letteralmente cinema da tastare e da palpare) in cui l’artista girava per le strade con una sorta di teatrino attaccato al busto, attraverso cui i passanti potevano introdurre le mani e palpare il suo seno scoperto. Ancora nel 1968 l’artista scatenò quello che viene ricordato col nome di Panico Genitale (Genital Panic): sedendosi nel teatro teatro comunale di Monaco a gambe aperte, con in mano un mitra, mise in difficoltà il pubblico lasciando visibile il sesso e i peli pubici attraverso il buco creato sul pantalone di pelle nera. Provocazione erotica ma allo stesso tempo resa brutalmente attraverso un’imposizione voyeuristica forzata.
Nata a Londra nel 1946 e formatasi tra Berlino Est e Vienna, Kubelka, fotografa e regista, è conosciuta per i suoi ritratti di amici e collaboratori, che erano soprattutto strambi artista ma soprattutto per aver utilizzato la fotografia come strumento di esplorazione del sé, con i celebri ritratti intimi utilizzati per mettere in discussione i costumi sociali delle donne, in quell’epoca di eccessi. Nel 1972 Kubelka ha iniziato la sua serie denominata Jahreportraits, realizzando per 12 mesi consecutivi degli scatti quotidiani di un autoritratto: una sorta di preludio al moderno selfie. Ha poi continuato con la serie Pin-up, esposta in questa mostra, realizzata dal 1971 al 1974 a Parigi e Vienna, in cui l’artista ha ancora usato se stessa come modella per i suoi scatti.
Fino al 23 maggio, 111 Great Titchfield Street, Londra; info: www.richardsaltoun.com