Nonostante non ami definirsi una fotografa, Nan Goldin è dagli anni ’70 che ci racconta momenti di vita attraverso i suoi scatti. Immagini che tentano di dare una forma compiuta alla sua vita complessa, fatta di eccessi, di amcizie e relazioni tumultuose. Nata a Washington nel 1953, la sua vita è segnata profondamente da una serie di tragiche vicende che si susseguono, dal suicidio della sorella diciottene, alla morte dei suoi amici per Aids. Il suo stile è quindi improntato sulla scelta di ritrarre cari e conoscenti, ma anche se stessa come nel celebre Autoritratto un mese dopo essere stata picchiata, diventando negli anni un’icona di riferimento sociale e politica.
L’esposizione che inaugura a Roma alla Gagosian gallery ci conduce ancora una volta nel vivo delle sue vicende personali, in maniera un po’ diversa dal solito perché oltre a ripercorrere la sua vita, l’artista calca le orme figurative del passato, pittorico e scultoreo. Il risultato è Scopophilia, un progetto iniziato nel 2010 che ancora l’artista considera non finito, perchè in continuo divenire. Il titolo viene direttamente dal greco nella sua etimologia (da filìa e skopein) e racchiude in due parole la passione per il guardare, una passione che Nan persegue da anni, rendendo anche l’osservatore complice di un gesto, un atto intimo, reso dalla sua fotografia in maniera estremamente diretta. L’origine del progetto è legata al privilegio concessole quattro anni fa dal Louvre di accedere privatamente alle sale ogni martedì, negli orari in cui il museo era chiuso al pubblico. Questa esperienza è stata per lei rivelatoria, perchè, in quelle occasioni, l’artista ha avuto modo di scoprire che nelle opere del passato poteva facilmente ritrovare le sue ossessioni artistiche.
Ci sono studi che affermano che le gallerie d’arte siano una valida alternativa a una seduta psicoterapeutica. Così è stato per Nan. Quelle passeggiate solitarie si sono trasformate in un percorso in cui ritrovare le radici del suo lavoro nell’iconografia classica, nella sua ottica una fonte inesauribile di spunti erotici, violenti e ambigui. «È un lavoro quasi archeologico – afferma Pepi Marchetti Franchi, la direttrice della Gagosian – una chiave per capire da dove provengono le ossessioni di quest’artista che sempre si è ispirata alla vita». In particolare è quindi il voyerismo erotico al centro della sua analisi, il desiderio sessuale che viene reinterpretato in chiave contemporanea a partire da una serie di immagini che tutti abbiamo presenti come riferimento artistico. Come il gigantesco atlante delle immagini a cui lo studioso Aby Warburg agli inizi del ‘900 aveva dedicato l’intera vita, nel tentativo utopistico di rendere comprensibili le forme espressive del passato, le griglie composte presentate da Nan Goldin, sono frutto di un desiderio simile di creare un filo conduttore nella storia delle immagini. Secondo questa logica vengono raggruppate nei grandi pannelli affissi alle pareti della galleria romana decine di fotografie, scattate dall’artista ai dipinti del Louvre, da Canova, a Courbet, a Ingres, messe a confronto con una selezione di fotografie dal suo repertorio personale. L’accostamento non è casuale, Nan Goldin ha voluto creare una connessione emotiva tra i corpi nudi e i volti idealizzati del classicismo e la durezza e l’imperfezione dei personaggi che popolano i suoi scatti in digitale. Lo sguardo etereo ed evanescente della Grande odalisca, si confonde con quello lussurioso delle odalische del suo presente e passato, sempre immortalate di sfuggita, in scatti rubati nell’attimo in cui sono stati vissuti. L’effetto è, come di consueto per i lavori di Goldin, spiazzante, ma in definitiva poetico e, come afferma Pepi Marchetti Franchi: «lascia intendere un messaggio di speranza».
Oltre ai lavori fotografici, la mostra presenta un video, in sostanza uno slideshow di immagini di 25 minuti che si presenta come lo scorrere alternato di un archivio storico e, contemporaneamente, di un album fotografico d’artista. Dopo averlo presentato per la prima volta a Parigi e poi ancora in giro per il mondo, la direttrice della galleria sottolinea l’importanza per l’artista di renderlo pubblico proprio qui a Roma, la culla dell’arte classica. È inoltre un’occasione per scoprire le contraddizioni di quest’artista che, come afferma Francesca Martinotti, responsabile dell’ufficio stampa «è una persona molto particolare che nel lavoro è estremamente metodica e precisa. Ha voluto cambiare più volte la disposizione dei pannelli prima di essere pienamente soddisfatta». Purtroppo alla conferenza stampa l’artista non era presente, forse per timidezza o forse perchè «è un animale notturno», come la definisce la direttrice ma aggiunge «molto probabilmente apparirà stasera all’inaugurazione».
Fino al 24 maggio, Gagosian, via Francesco Crispi 16, Roma; info: www.gagosian.com