Una Madonna dimenticata

Dopo un lungo restauro, alla Raccolta Lercaro di Bologna è esposto il bellissimo tondo inedito di una Madonna con bambino, ritrovata alcuni anni fa in palazzo Tartagni Bianchetti, a Bologna, e dimenticata da secoli. Per l’occasione, il tondo, dopo un lungo restauro, è stato studiato dalla critica d’arte Francesca Passerini. È un altorilievo in gesso raffigurante una Madonna del latte che replica il tondo in marmo inserito nella lunetta del sepolcro Tartagni (altre repliche sono conservate in musei italiani e stranieri), nella basilica di San Domenico a Bologna, celebre monumento funebre, eretto per custodire il corpo del giurista imolese Alessandro Tartagni (m. 1477) e realizzato in marmo tra la fine degli anni Settanta del Quattrocento e la metà del decennio successivo dallo scultore fiesolano Francesco di Simone Ferrucci (1437-1493). La rappresentazione della Madonna del latte, secondo la quale la Vergine, a seno scoperto, sta allattando il figlio, riprende un’antica iconografia molto diffusa nell’occidente cristiano. Il tema è molto antico. Diffuso in tutte le culture, è l’immagine stessa della maternità, della fecondità, della continuità delle generazioni. È il simbolo della fiducia originaria dell’uomo che si affida al seno della madre per essere custodito, nutrito e amato.

È soprattutto la Toscana, e in particolare Siena, la culla in cui si origina questa iconografia, simbolo di una spiritualità che tende ad allontanarsi dai toni ieratici bizantini, per orientarsi verso una dimensione più intima e interiore. Questo ben traspare dal dipinto di Ambrogio Lorenzetti (1324-1325, palazzo Arcivescovile di Siena). La Madonna perde la frontalità tipica dell’icona ed è rivolta verso il bambino che a sua volta volge lo sguardo verso il fedele. Si genera dunque uno scambio di sguardi. Il fedele si sente così implicato nella scena. La sacralità dell’icona è calata nel quotidiano. La scena della Madre di Dio che allatta il proprio Figlio, si trasforma in un momento tratto dalla quotidianità della storia umana. La scena assume un carattere affettivo, familiare, pienamente umano, di grande dolcezza, come si può notare anche nel tondo ritrovato. L’esposizione del seno non deve sorprendere, così come la nudità del bambino non deve suscitare stupore. Sono aspetti che fanno emergere come Cristo sia veramente uomo e come si sia realmente fatto allattare da una donna. Il tema conosce una grande fortuna e una capillare diffusione in tutto il Nord Italia dal Trecento, fino a tutto il periodo precedente il Concilio di Trento. Con il Concilio Tridentino (1545-1563), infatti, la Chiesa cattolica attua una riforma che tocca tutti gli aspetti del credo e investe direttamente anche il tema delle immagini sacre che devono essere semplici, comprensibili, non aperte ad ambiguità e calibrate su registri apologetici, esortativi o didascalici. I temi iconografici tradizionali vengono valutati, corretti, rivisti, annullati o condannati. Le iconografie devono essere strettamente conformi al racconto dei vangeli. In un clima di controllo e di censura, la Madonna del latte è in questo modo considerata pericolosa per la moralità, forse per l’esposizione della nudità del seno della Vergine e di quella del bambino, o per la stretta connessione dell’iconografia con i miti pagani della fecondità, ancora presenti in alcune zone delle Alpi nel XVI secolo. Troppo stretto doveva infatti apparire il legame tra la Madonna allattante e il grembo della Madre Terra, da cui sgorga la linfa vitale, tema presente in molti culti pagani. Inoltre, la scena di Maria che allatta il bambino compare nei vangeli apocrifi che furono messi all’Indice dei libri proibiti. Di fatto, questo soggetto, rappresentato per oltre due secoli, attorno alla metà del XVI secolo, scompare. Il tondo ritrovato lo ripropone, con l’intento di valorizzarlo in tutta la sua forza e la sua intensità espressiva.

Fino al 13 luglio, Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro, via Riva di Reno 57, Bologna. Info www.raccoltalercaro.it